Appunti dalla Val Roya

 

 

Vievola, sotto un manto di ippocastani, ore 14.15 di domenica 28 settembre 2014

Mancano tre quarti d'ora al Minuetto che scenderà. Quello che è salito, due ore fa, guardava la montagna qui in fronte, i due binari della stazione, il Forte in cima, la Tipomobile parcheggiata a lato: anche qui nell'inquadratura è bello mettere una macchina (quasi) storica...

In mezzo tra i due treni, coffee break al Bar Sport di Tenda, dove sono solito fermarmi ogni volta; la chiesa parrocchiale si apre sulle montagne attraverso la grande vetrata dell'abside; la piazza si colora mille volte fiorita di rosso e di rosa. Ma il bello di queste giornate è proprio la loro lunghezza, l'evoluzione "dall'oscurità all'oscurità". Stamattina mi sono alzato con comodo e la valle di Varase - frazione interna di Ventimiglia - era ancora in ombra ma già rischiarata. E anzi, sceso a Ventimiglia il sole splendeva, forte, vivo e con un sapore già invernale, contro la città vecchia, la foce del Roya, la linea blu-cupo del mare all'orizzonte.

Ecco: vedere il mare è una di quelle cose che fanno la differenza, e ci voleva che fosse così. L'inverno dell'anno scorso, quando avevo inseguito in bici la ferrovia del Tenda, non ero mai andato a sud di Breil. Mancava ancora un pezzetto, quello che è stato stamattina: fare almeno un passo sulla spiaggia.

Ma ieri era stata una giornata lunga e piena non solo di mille luoghi, ma anche di mille cose affascinanti, intorno al treno storico con la bellissima Caravelle X-4567. Alle 6.15 Vernante, dove avevo pernottato, era ancora immerso nella notte stellata, 9 gradi pungenti, nessuno - ma proprio nessuno! - per la statale. All'inizio avevo acceso addirittura gli abbaglianti; poi mi sono detto: ma perché mai? Molto meglio i fari spenti! Solo le luci di posizione: allora sì che ci sono le stelle, la strada da inseguire curva per curva, il profilo delle montagne che a poco a poco rivela il cielo carico di turchese. E poi il valico, la storica galleria stradale e... giù! Tutta la val Roya, nell'ombra del mattino, la colazione al bar di Olivetta, di fianco al binario e alla stazione.


All'inizio della giornata c'è sempre un velo di preoccupazione, ci si domanda: si riuscirà a tener dietro al treno speciale? Non sbaglierò una scelta, un posto dove fermarsi? Poi le foto cominciano a crescere, si capisce che siamo sulla strada giusta, nel senso fisico e simbolico insieme. E la Caravelle è ritratta passo per passo, in tutti i luoghi possibili: Drap, L'Escarène, Breil, Scarassoui, Tenda. Fino allo sguardo sopra la stazione di Fontan nel viaggio di ritorno: che luogo da spettacolo! Che luce, quella che ci si offre, uno dei regali più belli!

Scende il tramonto a Breil, l'automotrice si fotografa fino all'ultimo istante, quando la linea d'ombra della montagna coincide esattamente con il marciapiede, e poi viene spontaneo pensare: ok, adesso sì che è ora di riposarsi. A Ventimiglia, ormai sera, come prima cosa mi prendo un tè al bar! Poi punto sulla frazione di Varase. Ci arriva una stradina quasi incredibile, penso che non l'abbiano mai asfaltata in un colpo solo, soltanto per rattoppi! Costeggia la ferrovia in basso e poi finisce contro un grumo di case, letteralmente un grumo! Penso non ci fosse nemmeno la strada carrozzabile ad attraversarlo, poi hanno steso un piano inclinato di cemento, che sale su, credo con il 30% di pendenza. L'albergo è alla base, di fianco ai coltivi, una specie di casetta, con il sapore dei primi anni '70, spartana ma semplice e a suo modo accogliente.

C'ero già stato a maggio 2009, scendendo da Ormea e poi andando sul Tenda. Quanta strada... cinque anni pieni di cose, di vita, ma anche gli anni in cui ci siamo giocati la quasi totalità delle ferrovie secondarie piemontesi, e per un soffio non lo stesso Tenda. Anni in cui gli stessi cittadini sono diventati sempre più incapaci di immaginare un futuro, fino a pensare - davvero chissà in quanti - che la scomparsa della ferrovia fosse ineluttabile. Ma io la ferrovia l'ho inseguita tutta, fino in fondo, so cos'è l'alba gelida di Ormea, la bici che corre giù nella gola di San Dalmazzo, la Tipomobile che inchioda a Trappa per l'ultima automotrice, la città di Saluzzo oltre il grande fabbricato di stazione; e quanto è stato bello - terribilmente bello - passare da San Bernardino in ogni stagione.

Questo era quello a cui pensavo ieri sera, sotto le stelle di Varase, nel silenzio totale dei cani lontani e delle cicale nascoste. In un certo senso "non mi raccapezzo"; penso che sia bello così: non riuscire a "racchiudere" tutto, sentire che c'è sempre qualcosa di più grande che sfugge un po'... il mondo davanti, la solennità spontanea della notte, il mio camminare per la terra. Forse c'era proprio bisogno della sera di ieri, e anche di quella prima, nel freddo deserto della stazione di Vernante.

A Vernante pensavo a questa ferrovia ancora viva "nonostante tutto", e a tutto ciò che è stato buttato via, in un progresso fatto alla rovescia. Di tutto questo sono stato testimone, l'ho cercato ed esplorato, nell'inverno e nell'estate, fino a ieri, nel rosso lucente della Caravelle, segno così vivo che qualcosa di bello è possibile. Mi piace essere testimone, mi piace profondamente.

E' quasi ora, spengo il minipc con Windows 2000 su cui sto annotando queste cose e vado al binario per il Minuetto discendente, che inseguirò fino a sotto Saorge. Poi ripasserò di qui per il valico, per tornare a Milano stasera.

 

 

 


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