Il treno in letteratura

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It deals with "Trains in Literature", that is tales and chapters of books where some railway description appears. Should you have the translation for these tales, or you would like to propose other ones, please write to me.



Capita a volte di imbattersi in qualcosa che "sa di treno" anche nei luoghi più inconsueti. Se è abbastanza comune infatti incontrare il treno al cinema, più raro - e tuttavia assai più fascinoso - è trovare descrizioni prettamente ferroviarie in opere di letteratura.
Comincio qui con due esempi, che mi sembrano particolarmente interessanti. Il primo è un racconto di Italo Calvino, scritto alla fine degli anni '40 e ambientato sulla Riviera di Ponente (lo scrittore era sanremese). I più esperti noteranno che, se il treno sta per arrivare, le due ali di un segnale di protezione si aprono, e non chiudono. Ma quell'immagine del segnale che - Deng! - sembrava una cicogna di ferro che avesse chiuso tutt'a un tratto il becco è qualcosa di davvero bellissimo, che non avrei saputo dire meglio.

Il secondo è un brano del celebre e divertentissimo Giornalino di Gian Burrasca: Giannino ha preso la risoluzione di fuggire di casa, e ha scelto di andare a rifugiarsi dalla zia Bettina, che abita in campagna. Naturalmente il mezzo di trasporto che ha a disposizione, dalla Firenze dove abita, è il treno.
L'ambientazione "ferroviaria" è quella dei primissimi anni del 20° secolo, fatta di carrozze a due e tre assi, tutte dotate delle loro garitte per i frenatori, e naturalmente con trazione a vapore. L'ambientazione dei... ferrovieri - il capostazione in cui si imbatte alla fine - be', quella sembra alquanto più attuale!
Buona lettura.


Il giardino incantato

Di Italo Calvino, tratto dalla raccolta di racconti "Ultimo viene il corvo" (1949).

- - - * * - - -

Giovannino e Serenella camminavano per la strada ferrata. Giù c'era un mare tutto squame azzurro cupo azzurro chiaro; su, un cielo appena venato di nuvole bianche. I binari erano lucenti e caldi che scottavano. Sulla strada ferrata si camminava bene e si potevano fare tanti giochi: stare in equilibrio lui su un binario e lei sull'altro e andare avanti tenendosi per mano, oppure saltare da una traversina all'altra senza posare mai il piede sulle pietre. Giovannino e Serenella erano stati a caccia di granchi e adesso avevano deciso di esplorare la strada ferrata fin dentro la galleria. Giocare con Serenella era bello perché non faceva come tutte le altre bambine che hanno sempre paura e si mettono a piangere a ogni dispetto: quando Giovannino diceva: - Andiamo là, - Serenella lo seguiva sempre senza discutere.

Deng! Sussultarono e guardarono in alto. Era il disco di uno scambio ch'era scattato in cima a un palo. Sembrava una cicogna di ferro che avesse chiuso tutt'a un tratto il becco. Rimasero un po' a naso in su a guardare - che peccato non aver visto! Ormai non lo faceva più.

- Sta per venire un treno, - disse Giovannino.

Serenella non si mosse dal binario. - Da dove? chiese.

Giovannino si guardò intorno, con aria d'intendersene. Indicò il buco nero della galleria che appariva ora limpido ora sfocato, attraverso il tremito del vapore invisibile che si levava dalle pietre della strada.

- Di lì, - disse. Sembrava già di sentirne lo sbuffo incupito dalla galleria e vederselo tutt'a un tratto addosso, scalpitante fumo e fuoco, con le ruote che mangiavano i binari senza pietà.

- Dove andiamo, Giovannino?

C'erano grandi agavi grige, verso mare, con raggere di aculei impenetrabili. Verso monte correva una siepe di ipomea, stracarica di foglie e senza fiori. Il treno non si sentiva ancora: forse correva a locomotiva spenta senza rumore e sarebbe balzato su di loro tutt'a un tratto. Ma già Giovannino aveva trovato un pertugio nella siepe. - Di là.

Leggi il seguito del racconto...


Il giornalino di Gian Burrasca

Rivisto, corretto e completato da Vamba.
Casa Editrice Marzocco
Versione elettronica disponibile su www.liberliber.it da cui sono tratti testo e disegni.

- - - * * - - -

16 ottobre.

... Perciò mi è venuto l'idea di scappare in campagna, dalla zia Bettina, dove sono stato un'altra volta. Il treno parte alle sei, e di qui alla stazione in mezz'ora ci si va benissimo.

[...]

Giunto dunque alla stazione, presi il biglietto d'ingresso ed entrai. Il treno arrivò poco dopo, ed io, per evitare il caso di esser visto da qualche persona di conoscenza, mi diressi verso gli ultimi vagoni per attraversare la linea e andare dalla parte opposta alla stazione. Ma invece mi fermai dinanzi all'ultimo vagone che era un carro per bestiame, vuoto, e che aveva la garetta dove sta il frenatore, vuota anch'essa.

- Se montassi lassù? -

Fu un lampo. Assicuratomi con un'occhiata che nessuno badava a me, saltai sulla scaletta di ferro, mi arrampicai su, e mi misi seduto nella garetta, col ferro del freno tra le gambe, e le braccia appoggiate sul manubrio del freno.

[...]

- Ah! - disse il capostazione. - Vai dalla signora Bettina Stoppani? Allora pagherà lei per te. -

E disse all'impiegato:

- Faccia un verbale di contravvenzione computandogli tre biglietti di terza classe e la trasgressione per aver viaggiato in una garetta riservata al personale! -

Io avrei voluto rispondere che questa era una ladronería bella e buona. Come! Mentre le ferrovie avrebbero dovuto per giustizia rifare un tanto a me che mi ero adattato a viaggiare peggio delle bestie, che almeno viaggiano al coperto, mi si faceva invece pagare per tre?

Leggi tutto il capitolo...


Gli altri testi: vai ai brani di Giana Anguissola dal romanzo Il signor Serafino, e di C.E. Gadda.


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