Ricordi di un macchinista delle Nord
«dagli all'untore!»

Nell'immediato dopoguerra la stazioncina di Merone, in Brianza, era sede di singolari sfide ferroviarie fra treni FS e treni FNM...

Pubblicato sul sito a ottobre 2017

Carlo Pozzi

Estratto dalla rivista iTreni n. 55 (novembre 1985), ETR Editrice, Salò (BS).

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La storia che sto per raccontarvi ha, a suo modo, una certa relazione con gli untori di manzoniana memoria. Mentre costoro - ammesso che abbiano mai praticato i malefici di cui li si accusava - ungevano i pomi ed i battenti delle porte, gli "untori" nostrani ungevano le rotaie, con lo stesso scopo di produrre danni, per così dire, a un avversario, ma nello spirito di un'aperta competizione, non certo di un maleficio.

La Brianza centrale, teatro di queste vicende, era la stessa plaga, tra Lecco e Milano, nella quale Alessandro Manzoni ha ambientato il suo celebre romanzo, ragion per cui non ci sembrò del tutto arbitrario, al tempo, appellare "untori" gli ingrassatori di rotaie (noi compresi), protagonisti di queste vicende. Ma perché ungere le rotaie? Era da poco terminata la seconda guerra mondiale allorché le Ferrovie Nord Milano posero mano al proseguimento del programma di elettrificazione che era stato interrotto nel 1938, all'indomani dell'elettrificazione della linea Saronno-Como. Parallelamente, nel 1946, veniva dato l'avvio al primo corso d'istruzione postbellico per allievi macchinisti della trazione elettrica. Eravamo tutti giovani, appena usciti da una guerra tremenda e con una gran voglia di scherzare, anche per dimenticare i quasi cinque anni di privazioni e di lutti che avevano coinvolto un po' tutti, anche chi la guerra l'aveva vissuta con indosso la divisa di ferroviere.

Le FNM, quasi miracolosamente, erano scampate a danni ingenti ma, per il fatto stesso di attraversare zone intensamente popolate e industrializzate, avevano causato lutti indiretti: una mattina del luglio 1943 uno stormo di bombardieri alleati aveva avuto il compito di farla finita con le FNM, bombardando a tappeto il tratto di linea urbano di Milano per tagliare tutti i collegamenti con Asso, Novara, Como, Varese e Laveno. Mancarono l'obiettivo per 50 metri, ma fu una strage poiché le bombe centrarono il gruppo di case che sorgeva a fianco della ferrovia. Tra le vittime, molti familiari di ferrovieri delle FNM!

Nonostante queste ferite ancora aperte eravamo tutti dei gran giovialoni e tanto credevamo nella ferrovia che con i colleghi delle FS si era instaurato un malcelato clima di competizione, in particolare sugli itinerari comuni alle due amministrazioni, come Milano-Como, Milano-VareseLaveno, Milano-Novara. Le due reti avevano e hanno ancor oggi in comune varie stazioni, per lo più utilizzate per lo scambio dei carri merci, ma in una stazione in particolare, quella di Merone (in origine Merone-Pontenuovo), le due reti si intersecavano a livello: la linea Lecco-Como delle FS con la Milano-Asso delle FNM. In direzione sud-ovest le due linee a binario unico, provenienti rispettivamente da Lecco e da Asso, percorrevano, e percorrono tuttora, un tratto di circa 800 m di tracciato parallelo, a pochi metri di distanza l'una dall'altra, prima di divergere nuovamente, quella FS in direzione di Como San Giovanni e quella FNM in direzione di Milano.


Nel corso della giornata a Merone non esistevano coincidenze tra treni FNM e FS ma la sera, in direzione rispettivamente di Asso e Lecco, e la mattina, in direzione di Milano e di Como alle 7.10 ed alle 7.30, due treni, uno FNM da Asso e uno FS da Lecco, convergevano simultaneamente nella stazione. Il treno FNM si attestava al binario 2, quello FS al binario 3 ma, per far ciò, doveva attraversare in diagonale il piazzale nord della stazione, impedendo l'ingresso al treno FNM, o viceversa nel caso fosse stata data via libera al secondo. Il treno a vapore FS proveniente da Lecco sostava a Merone per consentire ai suoi viaggiatori di utilizzare il treno FNM per Meda e Seveso. Il treno FNM raccoglieva tali viaggiatori e ne cedeva altri al treno FS, quelli provenienti da Asso ed Erba e diretti a Cantù e Como.

Mentre il treno FS era sempre trainato dalle locomotive a vapore 471 con tender cabinato, con a rimorchio 6 carrozze a carrelli del tipo "centoporte", il treno FNM delle 7.10 era trainato da una locomotiva a 4 assi del Gruppo 240, mentre quello delle 7.30 aveva in testa una grossa "2'C" del Gruppo 280; entrambe le locomotive trainavano treni di dieci o undici carrozze a due assi del tipo a terrazzini. Una volta completato lo scambio dei viaggiatori, i due treni ripartivano simultaneamente nello stesso senso e per le rispettive destinazioni, correndo fianco a fianco, appunto, per circa 800 metri. Il treno FNM delle 7.10 sopravanzava in genere alla partenza quello FS, poiché le 471, a causa del motore a doppia espansione tipo Plancher, avevano un avviamento più difficoltoso delle agili 240 FNM. L'opposto accadeva con i treni delle 7.30, quando la 280 delle FNM, macchina con ruote di medio diametro, stentava a tenere il passo della 471 e veniva da questa distanziata almeno per i primi 300-400 metri.

Una bella mattina, il treno FNM, entrato per secondo nella stazione con alcuni minuti di ritardo al traino della solita 240, all'atto della partenza per Milano non sfoggiò il solito "sprint" che lasciava immusoniti i macchinisti della 471 FS: stantuffa e sbiella, la macchina non riusciva a muoversi che a fatica, mentre del treno FS si vedeva ormai solo la coda. Non occorse molto ai due "musi neri" delle FNM per accorgersi che le rotaie erano state abbondantemente "oliate" da mano ignota ... ma non poi tanto. La cosa si riseppe in un baleno e scattò la rappresaglia: il successivo treno FNM delle 7.30 volò giù da Asso a rotta di collo, quel tanto sufficiente per presentarsi in anticipo al disco d'ingresso di Merone ed evitare così di farsi tagliare la strada dal treno FS. Alle 7.29, quando la 471 FS entrò in stazione e si attestò al binario 3, la tremenda vendetta delle FNM era consumata: per una decina di metri il binario di fronte alla 471 era stato oliato, è il caso di dirlo, a pennello. La successiva partenza della 471 rammentò alcune comiche finali degli anni trenta, mentre tra i ferrovieri volarono parole un po' grosse ...

Da quel giorno fu sfida aperta, con aumento del consumo d'olio e di sabbia ma con miglioramento dei tempi di percorrenza; i treni da Asso e da Lecco diretti a Merone ed oltre si presentavano sempre in anticipo ai segnali di protezione della stazione, costituiti da un disco girevole per la linea FNM e da un segnale ad ala per quella FS: nessuno voleva correre il rischio, soprattutto la mattina, di entrare in stazione per secondo, per non trovare le rotaie imbrattate d'olio. Quando noi delle FNM, percorsa a tutta velocità la stretta curva che immetteva nella stazione di Merone, scorgevamo di lontano il pennacchio di fumo della 471 pronta al via, venivamo presi dalla stizza: si cercava allora di arrestarsi in posizione arretrata, in modo di disporre, alla partenza, di almeno una ventina di metri di binario asciutto, giusto per prendere un po' di velocità prima di impegnare il tratto di binario che verosimilmente gli "untori" delle FS avevano preparato a dovere. E intanto si covava la vendetta per il giorno successivo ...


Credevo, e credevamo noi tutti, che l'interesse per queste singolari sfide fosse limitato al personale di macchina ed ai viaggiatori dei rispettivi treni, ma mi sbagliavo: una mattina mi trovavo alla stazione di Merone con forte anticipo ed ero stato comandato di servizio su di un mezzo di manovra in servizio sul raccordo della Montandon (oggi Cementeria di Merone s.p.a.). All'approssimarsi del treno delle 7.10 una folla di persone certamente superiore a quella che abitualmente si serviva di quel treno cominciò ad affluire alla spicciolata alla stazione. Scoprii così che molti venivano lì tutte le mattine per godersi l'insolito spettacolo dei due treni che si sfidavano allo "sprint" e che molti, pur dovendo partire con il treno delle 7.30, giungevano in stazione prima delle 7 per poter assistere alla "disfida di Merone"! Pare anche che vi fosse un giro di bonarie scommesse connesso al prevalere della locomotiva FNM o FS e che il "totalizzatore" fosse in funzione della coppia di macchinisti che conduceva i rispettivi treni.

Scoprii così quella mattina, non senza una punta di orgoglio, di essere uno dei macchinisti più quotati delle FNM. Ma al di là della capacità degli uomini, che consisteva principalmente nel consumare poca sabbia e nel cercare di arrestarsi per tempo alla prima avvisaglia di binario unto, era soprattutto la sorte che giocava a favore dell'una o dell'altra parte: chi si presentava per secondo ai segnali di Merone era spacciato! Doveva dare per scontato che il treno avversario fosse già entrato in stazione, e che quindi i binari fossero già stati unti a dovere. Noi delle Nord avevamo macchine più piccole e meno potenti delle 471 FS; per contro dal capolinea di Asso avevamo la linea in costante discesa, tranne qualche lieve contropendenza, ed avevamo pertanto le scorte di sabbia ancora integre, per cui, anche in caso di binari unti sul nostro tracciato, avevamo ancora un'ultima carta da giocare. Le FS avevano le potenti 471 a ruote piccole, che però pochi chilometri dopo la partenza dal capolinea di Lecco dovevano affrontare la rampa di Valmadrera ed era possibile, soprattutto in quegli anni in cui i binari erano rattoppati alla meno peggio, che avessero già consumato una buona parte della scorta di sabbia. Stava all'abilità dei macchinisti il consumarne il meno possibile, senza peraltro giungere in ritardo all'appuntamento di Merone.

V'è da aggiungere, per amor di verità, che la stazione di Merone, comune alle due amministrazioni FNM e FS, era ed è ancor oggi assegnata in gestione alle FNM, perciò non è difficile immaginare per chi parteggiasse il capostazione. Se il treno FS da Lecco si presentava al segnale in anticipo, questi non poteva far altro che dargli via libera, attendere che attraversasse il piazzale e assistere impotente all'ungitura del binario 2, quello sul quale sarebbe giunto di lì a poco il treno delle FNM che, maledizione, quella mattina era in ritardo. Il tutto tra la costernazione dei viaggiatori FNM e i lazzi di quelli FS diretti a Como. Ma quando i due treni si approssimavano pressoché simultaneamente ai rispettivi segnali, a nulla valevano i ripetuti fischi della possente 471: il capostazione calcava la mano alla sorte dando prima via libera al treno FNM, per consentire al suo personale, una volta arrestato il treno al binario 2, di correre ad ungere per bene il binario 3. Scene di costernazione e gaudio esattamente invertite rispetto al caso precedente, mentre il capostazione se la rideva sotto i baffi.

I binari di partenza lato sud di Merone, diretti rispettivamente a Milano e a Como, non erano comandati da segnali: il via veniva dato dal capostazione alzando la paletta, simultaneamente per i due treni. Nella stazione il silenzio assoluto, rotto solo dal ritmare dei compressori delle due vaporiere. Il capostazione si ergeva immobile, conscio della sua qualifica di "starter", statuario come il torero nell'arena prima di vibrare la stoccata decisiva. Ma all'alzarsi della paletta scoppiava il finimondo: leva tutta in alto e regolatore alla massima apertura, pezzi di carbone incandescenti volavano dai fumaioli, le macchine slittavano, fumo, vapore e lapilli invadevano il piazzale, i viaggiatori urlavano, incitavano, imprecavano ... finché la coda dei due treni non scompariva in fondo al rettilineo dopo la curva all'uscita della stazione. Alle 7.30 si replicava, questa volta con la 280 FNM e la solita 471 FS. lo non l'ho mai verificato personalmente ma mi raccontava al tempo il capostazione di Lambrugo, stazione posta a valle di Merone sulla linea FNM per Milano, che gli echi della "disfida di Merone" si udivano fin là, a ben 3 km di distanza, per i tremendi colpi di scappamento che mandavano le vaporiere, e i viaggiatori si accalcavano sul marciapiede per carpire per primi, dallo sguardo dei macchinisti del treno in arrivo, il segno della vittoria o della sconfitta.

Nel 1949, precisamente nel mese di ottobre, tutto finì, vittima del progresso. Già nel dicembre del 1947 le FNM avevano esteso la trazione elettrica sino a Erba ma i due treni delle 7.10 e delle 7.30 erano rimasti con trazione a vapore, perché solo nel 1949 sarebbe stata completata la fornitura, da parte della Breda e della CGE, delle quattro locomotive elettriche Bo'Bo' del Gruppo E.610. Vi fu ancora qualche tentativo di "ungitura" da parte delle FS, ma le pur prestanti 471 non potevano più reggere il confronto con la trazione elettrica. Tutto finì con una calorosa stretta di mano: un capitolo della nostra vita di ferrovieri si era ormai chiuso per sempre ...

Sono tornato qui, a Merone, in una tarda mattinata di maggio, per rileggere questi appunti, nel luogo in cui le vicende che ho narrato hanno avuto il loro teatro, per esser certo di aver tramandato agli amici di iTreni oggi i miei sentimenti e l'atmosfera di quegli anni. Ormai le moderne traverse in cemento stanno togliendo alla ferrovia anche il suo profumo, quel buon odor di catrame di un tempo non lontano. Seduto su di una panchina della stazione ho chiuso gli occhi per ricordare: le sospensioni pneumatiche di un treno di EB.750 che mi sfila dinanzi non fanno neppur più sentire le giunzioni delle rotaie. Dopo il profumo, la ferrovia sta perdendo a poco a poco anche i suoni familiari. Eppure ... no! Ad occhi chiusi il ritmare del compressore Westinghouse, lo scappamento al massimo che rompe i timpani, l'incitamento dei viaggiatori, quel buon antico odor di carbone, quelli, perbacco, li sento ancora.


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