Gianni Rodari
Il libro dei perché

Redatto a gennaio 2011


 

Raccolta delle risposte apparse sulle rubriche settimanali Il libro dei perché (agosto 1955 - ottobre 1956) e La posta dei perché (maggio 1957 - giugno 1958) del quotidiano L'Unità. Volume pubblicato postumo nel 1984.


Perché si nasce?

Cara Laila, ti risponderò con una canzonetta:

Questa è una storia vera:
una volta Laila non c'era
e adesso c'è.
Come mai? Perché?
Laila è venuta al mondo
per vedere quant'è bello,
così largo e così tondo,
e invece cos'ha trovato?
Che è vecchio, storto
e mal combinato:
fa pena a guardarlo...
Rimbocca presto le maniche:
bisogna raddrizzarlo...


Perché i re sono re?

I re sono re perché lo dicono loro: ma solo fin che la gente, per forza o per amore, gli dà retta. Quando la gente si accorge che i re sono uomini come gli altri, ed è abbastanza forte per cacciarli via, si fa la repubblica. Il re più famoso di tutti è un re di favola, che si chiamava Mida. Conosci la sua storia?

Sentì senti come grida,
come piange il buon re Mida:
tocca il pane, tocca il vino,
gli diventa oro zecchino,
un confetto, se lo lecca,
gli diventa oro di zecca.
A me capita il contrario
ogni mese col salario:
appena lo tocco, là per là,
tutto in debiti se ne va.


Perché gli scienziati vogliono andare sulla luna?

Per vedere com'è fatta. Per vedere le stelle da vicino. Per vedere la Terra, che di lassù sembrerà una luna azzurrina. E diranno così:

Di qui si vede finalmente
quanto piccola è la Terra:
non c'è posto per fare la guerra,
statevi in pace, gente con gente.

Impossibile non notare come circa 12 anni dopo che queste parole venivano scritte, per la prima volta quella "Terra che di lassù sembrerà una luna azzurrina" la si sarebbe vista davvero. Verrà chiamata Blue Marble e sarà proprio così, come la si era sognata.


Perché la gente non va d'accordo?

L'ho chiesto ad un conoscente che la sa lunga. Mi ha risposto: - Eh, tante teste, tanti cervelli - Cielo! era un Vecchio Proverbio anche lui e non me n'ero mai accorto prima. - Invece che delle teste - ho detto io - non sarà colpa delle borse? Ricchi e poveri non possono pensare le stesse cose.

Lui ci ha pensato un momento, ed ha provato a dire: - Tante borse, tanti cervelli!... Ma questo è un proverbio nuovo! Il Vecchio Proverbio inorridì di tanta audacia, e per l'orrore gli vennero gli orecchioni.


Perché il gatto odia il topo?

Io non credo che lo odi. Tu odi il vitello, la gallina, l'oca? Non credo; eppure, se ti capitano sul piatto, non ti metti mica a piangere. Il gatto è un carnivoro e dà la caccia ai topi, agli uccelli, anche ai pulcini se gli capita: a tutta la carne che trova vivendo, come fa, accanto all'uomo.

Una volta, in una scuola che dico io, la maestra lasciò soli in classe i suoi scolaretti. Subito fece capolino dalla finestra un Vecchio Proverbio che bisbigliò, furbescamente: - Via la gatta i topi ballano. Ballate, dunque! - Quegli scolaretti lo guardarono di traverso: - Non abbiamo tempo - risposero - dobbiamo risolvere un bellissimo problema. - Il Vecchio Proverbio, che non si aspettava una risposta così intelligente, per la sorpresa cadde in un calamaio e vi annegò.


Perché l'oro è tanto prezioso?

L'oro, in sé, non è che un metallo luccicante. È il lavoro umano che lo rende prezioso. Il valore dell'oro dipende dal tempo di lavoro necessario alla sua produzione: per ottenerne un grammo bisogna lavorare cento volte di più che per ottenere un grammo di ferro, o un grammo di pane.

Secondo un certo proverbio anche il silenzio è d'oro. Secondo, dico io: per esempio, quando a scuola sei interrogato in geografia, il silenzio non è neanche d'ottone. E se devi dire le tue ragioni, quando hai ragione, il silenzio è di cartapesta e di segatura.

Chi ha torto tira dritto
se chi ha ragione resta zitto.
Chi non sa dire la sua ragione,
il primo che passa è suo padrone.


Perché non bisogna viaggiare di martedì e di venerdì?

Una volta quasi ci cascavo anch'io. Stavo mettendo il piede sul predellino del treno, quando mi sento afferrare per la spalla "Signore signore meno male che sono giunto in tempo. Sa che giorno è oggi?" "Martedì". "E non lo sa che né di Venere, né di Marte non si sposa ne si parte?". Cielo, un Vecchio Proverbio, catarroso e raffreddato come un intero reparto d'ospedale! "Il martedì ed il venerdì sono giorni nefasti, che portano sfortuna!". Che avreste fatto al mio posto? Io ho chiamato un agente della "ferroviaria" e l'ho pregato di telefonare al manicomio, reparto superstiziosi.


Perché in Italia si parlano tanti dialetti?

I dialetti hanno una lunghissima storia: più lunga di quella della lingua italiana, la quale, come tu sai, è un dialetto toscano che si è imposto su tutti gli altri, pochi secoli or sono. Per centinaia e centinaia di anni ogni regione, quasi ogni città d'Italia, ha avuto una storia sua, leggi sue, una sua parlata, diverso sviluppo. I vecchi dialetti sono un resto di quelle differenze. Un giorno, quando gli italiani saranno veramente uniti, i vecchi dialetti moriranno in pace.


Perché a scuola ci danno problemi tanto difficili? Spero di diventare presto grande...

Ti risponderò con una canzonetta:

Anche i grandi a scuola vanno:
tutti i giorni di tutto l'anno...
È una scuola senza banchi,
senza grembiuli coi fiocchi bianchi,
ma i problemi complicati
a risolvere son condannati:
- Con questo stipendio dovete provare
la famiglia a sostentare. -
Che mal di testa, la lezione:
- Studiare come pagar la pigione. -
Che guaio, infine, il compito in classe:
- C'è l'esattore. Pagate le tasse. -


Perché piove?

Cari fratelli, Carlo e Gino Roncagliene, se mi promettete di non ridere vi risponderò che piove perché c'è il sole. È la pura verità. Il sole fa evaporare l'acqua della superficie dei mari, dei laghi, dei fiumi. Questo "vapore acqueo" vagabonda tranquillamente nell'aria quand'ecco una corrente fredda gli piomba addosso: il vapore, spaventato, si condensa in milioni di goccioline d'acqua che formano le nubi. Le quali scappano, sperando di passarla liscia; ma la corrente d'aria fredda le insegue, le perseguita, le gocce d'acqua diventano sempre più grosse, sempre più pesanti, finché cadono a secchi e i fratelli Roncagliene corrono a prendere l'ombrello.


Perché si parla?

La risposta è molto lunga e comincia addirittura centinaia di migliaia di anni or sono, quando i primi uomini cominciarono a vivere insieme, a difendersi insieme dagli altri animali, a cacciare insieme. Fu in quel tempo che inventarono, quasi senza accorgersene, il linguaggio, una parola alla volta, per comunicare gli uni con gli altri. Se ogni uomo vivesse per conto suo, sarebbe muto, come una pianta. Le prime parole saranno state semplicissime: un mugolio che voleva dire "sono contento!", un altro che voleva dire "pericolo! pericolo!" un altro che voleva dire "ahi che male!". Adesso abbiamo vocabolari pieni di parole per dire tutto quello che vogliamo. Ma la cosa importante è ancora molto semplice: ed è di dire sempre la verità:

Seguendo le tue parole
come tracce sul sentiero
sono entrato nella tua testa,
ho visto ogni tuo pensiero,
ho visto che passavano
le cose che tu dici.
Segno che sei sincero,
leale con gli amici.
I miei pensieri e i tuoi
si sono stretti la mano:
in due si pensa meglio
e si va più lontano.


Perché abbiamo il giorno e la notte?

Questi furbi ragazzi, fingono di non sapere che la Terra gira intorno al sole, mostrandogli una faccia dopo l'altra; fingono di non sapere che la loro scuola, insieme a tutto il resto del globo, un po' guarda il sole e un po' gli volta le spalle. Ma noi abbiamo già capito che vogliono una canzonetta.

Il mattino fa ogni giorno
il giro del mondo
a destare le nazioni,
gli uccelli, i pesci, i mari,
i maestri e gli scolari.
Da oriente ad occidente
i bidelli spalancano i portoni,
i gessetti cominciano a cantare
sulle lavagne nere
in tutte le lingue.
Si fa un po' per uno a studiare,
e quando a Pechino
i ragazzi vanno a giocare
entrano in classe quelli di Berlino;
e quando vanno a letto ad Alma Atà
il problema si svolge a Bogotà.
Così a turno si dorme e si lavora
perché non vada perduto
nemmeno un minuto.


Vorrei sapere in che consiste la felicità e se si può essere felici tutta la vita?

Per essere sicuro di non sbagliare a rispondere, sono andato a cercare in un grosso vocabolario la parola "felicità" ed ho trovato che significa "essere pienamente contenti, per sempre e per un lungo tempo". Ma come si fa ad essere "pienamente contenti", con tutte le cose brutte che ci sono al mondo, e con tutti gli errori che facciamo anche noi, ogni giorno dell'anno? Ho chiuso il vocabolario e l'ho rimesso in libreria, con molto rispetto perché è un vecchio libro e costa caro, ma ben deciso a non dargli retta. La felicità dev'essere per forza qualche altra cosa, una cosa che non ci costringa ad essere sempre allegri e soddisfatti (e un po' stupidi) come una gallina che si è riempita il gozzo. Forse la felicità sta nel fare le cose che possono arricchire la vita di tutti gli uomini; nell'essere in armonia con coloro che vogliono e fanno le cose giuste e necessarie. E allora la felicità non è semplice e facile come una canzonetta: è una lotta. Non la si impara dai libri, ma dalla vita, e non tutti vi riescono: quelli che non si stancano mai di cercare e di lottare e di fare, vi riescono, e credo che possano essere felici per tutta la vita.


Perché si danno i nomi alle stelle?

I primi a chiamare per nome le stelle furono gli antichi: osservando le costellazioni ne scoprirono i disegni, videro l'Orsa e la Bilancia, i Gemelli e l'Ariete; ai pianeti diedero i nomi delle loro divinità: Giove, Mercurio, Marte, Nettuno. Con i nomi distinguiamo gli astri l'uno dall'altro, per osservarli e studiarli ad uno ad uno. Milioni di stelle, del resto, non hanno nome o hanno solo un nome di famiglia, il nome della nebulosa in cui navigano, granelli splendenti di polvere infuocata.

La stella Paola

Se un giorno alle stelle
si daranno nomi nuovi,
io ne prenoto una,
una vispa stellina
a destra della luna,
per darle il nome della mia bambina.
Astronomi e scienziati,
poeti e scolari,
saranno obbligati
a dire: com'è bella
Paola la stella!


Perché in alcune parti dell'Africa ci sono ancora negri che portano gli anelli al naso?

Un po' per ornamento (ma non si portano anche da noi gli orecchini?), e un po' per magia: gli anelli dovrebbero impedire agli spiriti maligni di entrare nel corpo, e all'anima di uscirsene a passeggiare. Sono talismani, amuleti, come quei bizzarri cornetti che certa gente (in Italia, mica in Africa!) si porta addosso credendo che attirino la fortuna... Ma tu ci credi? Io no.

Ed ecco un duello tra due proverbi. Primo Proverbio: La fortuna è cieca! Secondo Proverbio: Falso! Ognuno è fabbro della sua fortuna! Il primo Proverbio, colpito al fegato, cade e spira.


Perché si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore?

È un brutto proverbio e sostiene che quando tu fai una gita non mandi una cartolina alla mamma: il che non è vero. Io voglio bene anche agli eschimesi e non ne ho mai visto neanche uno. Come la mettiamo, sor proverbio?

Ma a proposito di proverbi, ascolta questa:

Una volta ho assistito a un incontro tra due proverbi, io facevo da arbitro. Il Primo attaccò subito: - Chi fa da sé fa per tre!

Il Secondo vacillò per un istante sotto il colpo, ma si riprese e ribattè: - Due occhi vedono più di uno solo!

Così conquistò il primo punto. Il Primo Proverbio non si diede per vinto e tornò all'offensiva, gridando: - Meglio soli che male accompagnati!

Il Secondo incassò, raccolse tutte le sue forze e passò all'attacco: - L'unione fa la forza! Così vinse per due a zero, tra gli applausi della folla.


Perché quest'anno avrà un giorno in più dei tre precedenti?

Sai che cos'è un anno, vero? È il tempo che la Terra impiega a fare un giro completo intorno al sole: 365 giorni e circa 6 ore. Contare tutti gli anni queste sei ore sarebbe un pasticcio. Così nei tre anni precedenti non le abbiamo contate e le abbiamo messe da parte. Quest'anno le contiamo e ci ritroviamo un giorno in più: il 29 febbraio. Così, ogni quattro anni, ha torto anche quel proverbio che dice "di ventotto ce n'è uno", che fino ad ora non avevo trovato la maniera di dirne male. Per l'allegria mi è venuta questa canzonetta:

Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l'anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
"Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo del lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell'anno nuovo:
per il resto, anche quest'anno
sarà come gli uomini lo vorranno."

 


[Indice della sezione / This Section]

[Home page]