Gianni Rodari
Due filastrocche e due storie

Redatto a gennaio 2011, aggiornato settembre 2012


Una scuola grande come il mondo

C'è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri, professori,
avvocati, muratori,
televisori, giornali,
cartelli stradali,
il sole, i temporali, le stelle.

Ci sono lezioni facili
e lezioni difficili,
brutte, belle e così così.

Ci si impara a parlare, a giocare,
a dormire, a svegliarsi,
a voler bene e perfino
ad arrabbiarsi.

Ci sono esami tutti i momenti,
ma non ci sono ripetenti:
nessuno può fermarsi a dieci anni,
a quindici, a venti,
e riposare un pochino.

Di imparare non si finisce mai,
e quel che non si sa

è sempre più importante
di quel che si sa già.

Questa scuola è il mondo intero
quanto è grosso:
apri gli occhi e anche tu sarai promosso.


Il calamaio

Che belle parole
se si potesse scrivere
con un raggio di sole.

Che parole d'argento
se si potesse scrivere
con un filo di vento.

Ma in fondo al calamaio
c'è un tesoro nascosto
e chi lo pesca scriverà parole
d'oro
col più nero inchiostro.

[La famiglia Punto-e-virgola]


La torre pendente

Il professor Grammaticus, una volta, andò a Pisa, salì sulla Torre Pendente, aspettò che gli passasse il capogiro e cominciò a gridare:

- Cittadini! Pisani! Amici miei!

I Pisani guardarono per aria e si rallegrarono: - Oh, la Torre s'è messa a parlare e a fare i discorsi.

Poi videro il professore, e lo udirono continuare:

- Sapete perché la vostra torre pende? Ve lo dirò io. Non date retta a quelli che vi parlano di cedimenti del sottosuolo, e cosi via. C'è, è vero, nelle fondamenta un piccolo errore, ma è di tutt'altro genere. Gli architetti di una volta non erano assai forti in ortografia. Così è successo loro di costruire una torre che stava in "ecuilibrio", anziché in "equilibrio". Mi spiego? In "ecuilibrio" sulla "c" non ci starebbe nemmeno uno stecchino: figuriamoci un campanile. Ecco dunque pronta la soluzione. Iniettiamo nelle fondamenta una piccola dose di "q", e la torre si raddrizzerà in un attimo.

- Mai sia! - gridarono ad una voce i Pisani. - Torri diritte ce ne sono in ogni angolo del mondo. Quella pendente ce l'abbiamo solo noi, e dovremmo raddrizzarla? Arrestate quel pazzo. Accompagnatelo alla stazione e mettetelo sul primo treno.

Il professor Grammaticus fu preso per le braccia da due guardie, accompagnato alla stazione e messo sul primo treno: un omnibus per Grosseto che si fermava ad ogni passo e impiegò mezza giornata a fare cento chilometri. Così il professore ebbe modo di meditare sull'ingratitudine umana. Egli si sentiva abbattuto come Don Chisciotte dopo la battaglia con i mulini a vento. Ma non si scoraggiò. A Grosseto studiò le coincidenze e tornò a Pisa di nascosto, deciso a fare la sua iniezione di "q" alla Torre Pendente a dispetto dei Pisani. Per caso, quella sera, c'era la luna. (Anzi, non per caso: c'era perché ci doveva essere). Al chiaro di luna la torre era così bella, pendeva con tanta grazia, che il professore rimase lì estatico a rimirarla e intanto pensava: "Ah, come sono belle, certe volte, le cose sbagliate!"

Da: Il libro degli errori, Einaudi, 1964


Il "trantran"

"Trantran = andamento uguale e consueto di vita di lavoro e simili:
si torna in ufficio e si comincia il solito trantran"

Dizionario Palazzi

 

Il professor Grammaticus si avvicinò all'uomo che aveva appena finito di inchiodare il cartello a un palo.

- Scusi, - lo interpellò.

- Dica, dica.

- È sicuro che quel cartello vada bene?

- A me lo domanda? Non l'ho mica scritto io. Si rivolga al Comune.

- Ma secondo lei, sentiamo?

L'operaio guardò il cartello come se lo vedesse per la prima volta e lesse:

ATTENTI AL TRAN

- Per me va benissimo, - disse.

- Lo sospettavo. Non nota almeno un piccolo errore?

- Senta, mi lasci perdere. Mi aspettano a casa.

- Ah, ma io non la trattengo! Solo vorrei che mi spiegasse che cos'è un tran. Perché io so che cos'è un tram, con la emme; ma quella roba li non la conosco.

- Be', ci stia attento lo stesso. Buonasera. E l'operaio se ne andò per i fatti suoi. Il professore era visibilmente indignato. Tanto visibilmente che un passante gli chiese:

- Le è successo qualcosa?

- Non a me, - sbottò il professore, - all'ortografia! Il passante lesse il cartello e sorrise.

- Sorride? Beato lei! A me queste cose mi fanno piangere.

- Pensavo, - disse il passante. - In fondo quel cartello non è sbagliato come crede lei.

- Benissimo. Allora ci scriva addirittura: "attenti al trantran ".

- Ecco. È proprio quello che stavo pensando. Il tram è pericoloso, ma il "trantran" è più pericoloso ancora. Il tram può spezzare una gamba, ma il "trantran" può uccidere il pensiero. Non è peggio?

Il professor Grammaticus rimase a meditare sulle parole del passante. E se ci penserete un po' anche voi, non vi sarà difficile capirle.

Da: Il libro degli errori, Einaudi, 1964

 


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