Scritto a marzo 2022
Domanda: Qual è il motivo del cambio della motrice al confine tra un paese ed un altro? Si usa ancora?
La risposta è più facile di quello che si immagina: ogni Stato ha scelto una tensione di alimentazione differente, quindi per passare il confine si dovrebbe disporre di una locomotiva elettrica in grado di funzionare a più tensioni. La cosa oggi è relativamente facile, e ad esempio i treni Eurocity e Tilo che fanno Italia-Svizzera sono "politensione", ma in passato, con l'elettrotecnica tradizionale, le difficoltà tecniche non erano banali.
Altre informazioni in questo interessante articolo del sito Scalaenne, e in particolare nella prima figura.
Così, mentre per le carrozze, sin (quasi) dagli albori della ferrovia, si sono realizzati veicoli adatti a viaggiare in più nazioni, per le locomotive si è sempre trovato più pratico cambiare la locomotiva. Già con il vapore si cambiava macchina, perché di solito ogni nazione gestiva le sue locomotive, e la cosa è diventata poi tecnicamente obbligatoria con le elettrificazioni.
Va anche tenuto presente che al tempo le soste al confine erano lunghe anche per motivi doganali e quindi si aveva tutto il tempo di cambiare locomotiva. Peraltro le locomotive erano spesso cambiate strada facendo anche per adattarsi al tracciato: ad esempio locomotive più lente e potenti per le tratte di montagna, più veloci per quelle di pianura.
Nel 1957, con la nascita dei servizi TEE, che volevano giustamente risparmiare ogni perditempo, si scelse la trazione diesel, anche perché fuori dall'Italia le tratte elettrificate erano molte meno che da noi (alcune info storiche)
Nel 1961 la Svizzera fu la prima nazione a produrre un elettrotreno politensione, il RAe 1050. In Germania vennero realizzate alcune locomotive politensione (BR 184) ma di ridotta diffusione; negli anni '70 un esemplare di BR 184 effettuò un ciclo di prove anche in Italia.
Solo con l'elettronica, sono nate le attuali locomotive politensione, ma con una complicazione in più: anche i sistemi di sicurezza, quelli che controllano che non si superi un segnale rosso, sono rigidamente nazionali; per esempio da noi c'è quello che si chiama SCMT. Di conseguenza le locomotive politensione devono anche montare i sistemi di tutti i paesi attraversati! Un sistema di sicurezza comune, denominato ERTMS/ETCS, è già disponibile e in via di graduale espansione in tutta Europa, Italia compresa; In Italia però è difficile sostenere che il gestore nazionale sia andato particolarmente di corsa a introdurlo, ma va detto che il sistema nazionale SCMT, introdotto nei primi anni 2000, è ancora relativamente nuovo e ha comportato un investimento significativo, per cui la sua conservazione può essere anche letta come una parsimonia abbastanza legittima.
Nonostante l'introduzione di mezzi politensione, sia come elettrotreni (ad esempio i nuovi Giruno svizzeri), sia come locomotive (ad esempio quelle che trainano gli Eurocity Verona-Monaco), ancora oggi è spesso conveniente cambiare macchina al confine, come è accaduto fino a poco tempo fa a Ventimiglia con i treni Thello Milano-Nizza (scomparsi a giugno 2021), o come accade in svariati casi con i servizi merci, dove il fattore tempo è relativamente meno importante.
Domanda: Sto approfondendo il tema della stazione di Ventimiglia, alimentata a 1500 V, per la quale tutta la stampa ha evidenziato l'incompatibilità con l'ultima commessa di treni regionali Rock e Pop di Trenitalia comprati e in buona parte già consegnati alla Regione Liguria.
Non riesco a trovare informazioni sulla reale differenza di costo tra un treno monotensione a 3000 volt e uno con almeno la scelta fra 3000/1500, e se questa scelta potrebbe essere prevista a monte in accordo con la fabbrica.
Risposta: La vicenda sconfina nel surreale ed è di sicuro triste.
Provi a vederla così: lei produce biciclette. Di solito le vende anche con i fari, così possono andar in giro anche di notte. Un cliente gliene ordina un po' ma non dice nulla sui fari. Lei lo richiama e gli chiede: "non è che vuole anche i fari?". Lui le risponde "no grazie". Lei insiste un po': "ma è proprio sicuro? guardi che di solito gli altri clienti li chiedono". Ma lui continua a dire di no. Alla fine gliele spedisce senza fari, anche se la differenza di costo è minima, praticamente inavvertibile. Poi il suo cliente scopre che non può andar in giro di notte.
Lei gli suggerirebbe di montare i fari o di chiedere al Comune di illuminare a giorno le strade? Mi pare che la metafora sia chiara, no?
Il perché non è dato di saperlo. Pare che qualcuno si sia basato sull'idea "tanto se serve, rielettrifichiamo la stazione a 3000 V, perché non dovremmo riuscirci?". In effetti sarebbe una via d'uscita, ma corre voce che le ferrovie francesi abbiano detto "non se ne parla".
In realtà Chiasso e Domodossola sono già così, elettrificate per metà con il sistema italiano e metà con quello svizzero, ma l'esercizio è più complesso, con più soggezioni pratiche per i treni che debbano attraversare il confine, se non usano locomotive politensione.
Va detto che la tensione standard delle ferrovie francesi non è nemmeno il 1500 V. Questa era quella d'origine; poi dagli anni '60 in Francia si passò ai 25.000 V in corrente alternata, che sono più efficienti per vari motivi. A Ventimiglia, a fine anni '60, si sfruttò la disponibilità di locomotive francesi bitensione (1500 e 25000) e si decise di elettrificare a 1500 V soltanto la stazione (da poco dopo Mortola a poco prima di Vallecrosia). Con questa tensione le locomotive francesi andavano senza problemi e anche quelle italiane potevano muoversi a potenza ridotta e con lievi modifiche di alcune apparecchiature ausiliarie.
Con le odierne locomotive elettroniche, queste modifiche (per funzionare a metà tensione a potenza ridotta per poche centinaia di metri) sono un po' più complesse, ma nulla di impossibile né di costoso.
Tra l'altro non avrebbe particolare senso elettrificare mezza stazione a 1500 V e mezza a 3000. A quel punto tanto varrebbe passare ai 25.000 V per la "metà" stazione francese, dato che da Mortola in poi è tutto a 25.000 e, come abbiamo appena visto, i 1500 erano stati un (ragionevole) compromesso per venire incontro all'Italia.
Che cosa succederà in futuro, è difficile dirlo. La cosa di gran lunga più semplice e credo anche più economica sarebbe adattare i treni, come si è sempre fatto con tutti i modelli precedenti. Ma ormai il problema è diventato "politico" e non azzardo previsioni [Aggiornamento: in seguito, da quello che è emerso, dovrebbe esser stata scelta proprio la soluzione di adattare i treni]
Domanda: Alla luce di tutto questo, nasce una nuova domanda: come mai la Regione Liguria, invece di insistere sul 3000 V a Ventimiglia, non si dota, magari in accordo con PACA, anche di materiale interoperabile per fare un servizio transfrontaliero come Tilo, specie ora che non ci sono più i Thello?
Risposta: Va osservato che far funzionare i Pop a 1500 V resta assai più semplice che avere un treno interoperabile Italia-Francia. Nel primo caso, semplificandoun po', basta dire all'elettronica "non protestare se la tensione è bassa"; nel secondo caso occorre rispettare anche tutte le norme francesi, i loro sistemi di sicurezza e avere un treno che marci a piena potenza (o quasi) sia a 3000 V, sia a 25.000. Che poi è quello che fanno i Flirt di Tilo (anche se lì i volt sono 15.000): ovvero non è nulla di impossibile, ma in quel caso bisogna sì prendere il treno giusto fin dall'inizio.
Comunque la richiesta di un servizio transfrontaliero, ad esempio Nizza-Imperia, è sacrosanta, specie adesso che tutta la linea è a doppio binario. Ma ahimè una cosa simile si realizza solo se è fortemente voluta da ambo le parti (Regione Liguria e PACA, prima ancora che Trenitalia e SNCF); se anche solo uno dei due è incerto, è difficile; se tutti e due sono "tiepidi", non si va da nessuna parte.
Il servizio Tilo tra Italia e Svizzera è stato fortissimamente voluto dal Cantone Ticino, e Regione Lombardia ha dedicato una quantità di tempo, attenzione e risorse che si potrebbe persino definire esagerata rispetto alla reale rilevanza del tema (quanto meno se confrontato con altre linee intorno a Milano).
C'è però anche un altro problema più sottile: un servizio transfrontaliero è tipicamente a scala locale, noi lo chiamiamo "suburbano", e in esso conta sì la frequenza, ma anche la capillarità. Anzi: frequenza e capillarità devono andare di pari passo.
Da Nizza a Ventimiglia ci sono 12 stazioni (contando gli estremi) in 35 km, cioè una stazione ogni 2,9 km.
Da Ventimiglia a Imperia ahimè oggi le stazioni sono solo 6 in 38 km, cioè una ogni 6,3 km.
Avere meno della metà delle stazioni (con probabilità pressoché nulla di incrementarle) rende sicuramente meno efficace un servizio suburbano, proprio ora che il doppio binario, almeno in linea teorica, avrebbe la capacità necessaria a garantire una buona frequenza.
E' il paradosso di questo raddoppio, arrivato "tardi" e con criteri oggi del tutto obsoleti. Ne ho parlato più diffusamente in questo articolo.
In questa situazione, un servizio transfrontaliero non è impossibile, ma nasce già con un compito sfidante. Se poi gli enti responsabili non ne sono nemmeno entusiasti, è difficile essere ottimisti.
Per completezza, aggiungo che il terzo valico di Genova sarà solo a 3000 V: è troppo breve per valer la pena di elettrificarlo a 25.000 V. Già la Treviglio-Brescia era al limite, come lunghezza, ma ormai si era presa la decisione. In questo caso ci hanno saggiamente pensato prima.