Redatto a gennaio 2011, aggiornato settembre 2012
C'è una scuola grande come il mondo.
Ci sono lezioni facili
Ci si impara a parlare, a giocare,
Ci sono esami tutti i momenti,
Di imparare non si finisce mai,
e quel che non si sa
Questa scuola è il mondo intero
quanto è grosso:
Che belle parole
Che parole d'argento
Ma in fondo al calamaio
c'è un tesoro nascosto
e chi lo pesca scriverà parole
d'oro
col più nero inchiostro.
[La famiglia Punto-e-virgola]
Il professor Grammaticus, una volta, andò a Pisa, salì sulla Torre Pendente, aspettò che gli passasse il capogiro e cominciò a gridare:
- Cittadini! Pisani! Amici miei!
I Pisani guardarono per aria e si rallegrarono: - Oh, la Torre s'è messa a parlare e a fare i discorsi.
Poi videro il professore, e lo udirono continuare:
- Sapete perché la vostra torre pende? Ve lo dirò io. Non date retta a quelli che vi parlano di cedimenti del sottosuolo, e cosi via. C'è, è vero, nelle fondamenta un piccolo errore, ma è di tutt'altro genere. Gli architetti di una volta non erano assai forti in ortografia. Così è successo loro di costruire una torre che stava in "ecuilibrio", anziché in "equilibrio". Mi spiego? In "ecuilibrio" sulla "c" non ci starebbe nemmeno uno stecchino: figuriamoci un campanile. Ecco dunque pronta la soluzione. Iniettiamo nelle fondamenta una piccola dose di "q", e la torre si raddrizzerà in un attimo.
- Mai sia! - gridarono ad una voce i Pisani. - Torri diritte ce ne sono in ogni angolo del mondo. Quella pendente ce l'abbiamo solo noi, e dovremmo raddrizzarla? Arrestate quel pazzo. Accompagnatelo alla stazione e mettetelo sul primo treno.
Il professor Grammaticus fu preso per le braccia da due guardie, accompagnato alla stazione e messo sul primo treno: un omnibus per Grosseto che si fermava ad ogni passo e impiegò
mezza giornata a fare cento chilometri. Così il professore ebbe modo di meditare sull'ingratitudine umana. Egli si sentiva abbattuto come Don Chisciotte dopo la battaglia con i mulini a vento. Ma non si scoraggiò. A Grosseto studiò le coincidenze e tornò a Pisa di nascosto, deciso a fare la sua iniezione di "q" alla Torre Pendente a dispetto dei Pisani. Per caso, quella sera, c'era la luna. (Anzi, non per caso: c'era perché ci doveva essere). Al chiaro di luna la torre era così bella, pendeva con tanta grazia, che il professore rimase lì estatico a rimirarla e intanto pensava: "Ah, come sono belle, certe volte, le cose sbagliate!"Da: Il libro degli errori, Einaudi, 1964
"Trantran = andamento uguale e consueto di vita di lavoro e simili:
si torna in ufficio e si comincia il solito trantran"
Dizionario Palazzi
Il professor Grammaticus si avvicinò all'uomo che aveva appena finito di inchiodare il cartello a un palo.
- Scusi, - lo interpellò.
- Dica, dica.
- È sicuro che quel cartello vada bene?
- A me lo domanda? Non l'ho mica scritto io. Si rivolga al Comune.
- Ma secondo lei, sentiamo?
L'operaio guardò il cartello come se lo vedesse per la prima volta e lesse:
ATTENTI AL TRAN
- Per me va benissimo, - disse.
- Lo sospettavo. Non nota almeno un piccolo errore?
- Senta, mi lasci perdere. Mi aspettano a casa.
- Ah, ma io non la trattengo! Solo vorrei che mi spiegasse che cos'è un tran. Perché io so che cos'è un tram, con la emme; ma quella roba li non la conosco.
- Be', ci stia attento lo stesso. Buonasera. E l'operaio se ne andò per i fatti suoi. Il professore era visibilmente indignato. Tanto visibilmente che un passante gli chiese:
- Le è successo qualcosa?
- Non a me, - sbottò il professore, - all'ortografia! Il passante lesse il cartello e sorrise.
- Sorride? Beato lei! A me queste cose mi fanno piangere.
- Pensavo, - disse il passante. - In fondo quel cartello non è sbagliato come crede lei.
- Benissimo. Allora ci scriva addirittura: "attenti al trantran ".
- Ecco. È proprio quello che stavo pensando. Il tram è pericoloso, ma il "trantran" è più pericoloso ancora. Il tram può spezzare una gamba, ma il "trantran" può uccidere il pensiero. Non è peggio?
Il professor Grammaticus rimase a meditare sulle parole del passante. E se ci penserete un po' anche voi, non vi sarà difficile capirle.
Da: Il libro degli errori, Einaudi, 1964