Redatto a ottobre 2016
Una pagina di Cronache di poveri amanti (Vasco Pratolini, 1947): i personaggi sono Ugo e Gesuina e siamo nell'autunno 1925. Ugo è un antifascista braccato dai fascisti, dopo che questi ultimi hanno ucciso Maciste e lui ne è stato testimone, oltre a esser stato ferito. Gesuina è a servizio della "Signora", una donna anziana e decaduta che quasi la schiavizza e sicuramente ne condiziona i pensieri. Ugo è finito con il rifugiarsi in casa della Signora, dopo la fuga dai fascisti, e Gesuina ha ricevuto l'incarico di accudirlo. La pagina è da leggere lentamente, soffermandoti sul "gusto" delle parole, sulla precisione delle descrizioni, sulla delicatezza nell'analisi dei sentimenti, e restituisce un'idea fedele del fascino e della rilevanza del romanzo.
Già al quinto giorno, Ugo potè muovere la spalla senza sentir dolore. Gesuina aveva tirato giù la branda e si coricava nella stessa stanza, vicino alla finestra. Era stata la Signora a dirle: "Lo so, tu vuoi e potresti dormire in cucina. Ma Liliana ti vedrebbe ed io non voglio che venga a conoscenza della cosa. Non voglio assolutamente". Aggiunse: "E poi, non è bene lasciarlo solo; impulsivo com'è, potrebbe commettere qualche sciocchezza: affacciarsi alla finestra o che so io. Sacrificati ancora qualche giorno, cocchina!".
Ma per Gesuina non era più un sacrificio. Ella stava in piedi fino a notte alta, e parlavano, lui steso su un fianco, con indosso il pigiama ch'ella gli aveva regalato, lei seduta al capezzale, come la notte del loro primo colloquio. Parlavano a bassa voce, sempre più piano via via che si faceva silenzio sulla strada: un bisbigliare fitto di due cuori, provenienti da opposte direzioni, tanto distanti che dapprima sembrò a loro stessi impossibile potersi incontrare. Ma lentamente si avvicinavano, scorgendosi appena sotto la scorza delle diverse esperienze, che a poco a poco cadevano come la borraccina raschiata dalla pietra, ed apparivano le loro anime, che erano ugualmente senza peccato. Ed erano piante giovani, desiderose di affondare le radici in una terra sana. Diciamo: amore, ma è l'incontro di due creature che vengono di lontano, si prendono la mano per farsi coraggio, siccome il cammino è lungo e bisogna arrivare al confine che introduce all'altra terra, se c'è.
E la sesta notte, unirono le loro vite. Fu poi l'alba, col suono delle sveglie. Gesuina si destò e si trovò con la guancia sul petto di lui, sul suo cuore che batteva calmo e forte. Egli stava supino, aveva la barba lunga di tutti quei giorni, ed ella pensò che egli era un orso e che gli orsi sono belli ad accarezzare, hanno il cuore forte e sanno difendere ciò che gli appartiene. Temè ch'egli poggiasse sulla ferita, ma non voleva svegliarlo. Poi desiderò vedere il colore dei suoi occhi: si stupì di non conoscerli ancora. E desiderò di udire la sua voce. Lo baciò, piano, nell'orecchio. Egli aperse gli occhi, e le sorrise. "Buongiorno!" egli disse, in un modo simile a quello con cui l'aveva salutata cinque sere prima, eppure diverso. Ella sentì che così poteva salutare soltanto lei. E i suoi occhi erano grandi, chiari, come quelli di un orso nero dai grandi occhi chiari. Egli la strinse a sé; e i loro corpi avevano lo stesso tepore. [...]
Per le strade l'alba era fredda, la nebbia era bassa sulle case: un autunno rigido che anticipava l'inverno. Alla Latteria Mogherini, in via dei Neri, il garzone alzava la saracinesca. Ugo e Gesuina entrarono per riscaldarsi, e per riordinare le loro idee. E come prima cosa, sedendosi al tavolo, si baciarono sulla bocca.