Che cosa ci possono insegnare le ferrovie turistiche
Scritto a giugno 2022
Contenuto
- Che cosa sapevamo già sulla chiusura delle ferrovie
- Che cosa ci insegna l'opera di Fondazione FS
- Che cosa ci insegna la politica regionale nel campo delle ferrovie secondarie
- Che cosa potremmo concludere con un po' di ottimismo
- Alcuni esempi fotografici
Linea Chivasso-Asti
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ll treno speciale del 15 maggio 2022, composto da due automotrici ALn 668 in colorazione tradizionale, torna a percorrere i binari da Chivasso a Montiglio, 11 anni dopo che la linea era stata chiusa (settembre 2011) per una "galleria pericolante" presso Brozolo.
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La stazione di Brozolo è stata integralmente restaurata durante i lavori di ripristino del 2022. La vista frontale rivela sia l'eleganza del fabbricato originale, sia l'accuratezza del restauro.
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Nel "triennio nero" della ferrovia italiana - 2010-2012 - è stato chiuso al servizio regolare un numero di linee superiore a quello dei trent'anni precedenti, riportando indietro la storia a uno degli aspetti più bui del boom economico, la drastica riduzione dei trasporti su rotaia, sostituiti dalle autolinee e poi dal traffico privato.
Il Piemonte è stata la Regione che più ha sacrificato la propria rete, con la soppressione del servizio su 11 linee, sancita nel giugno 2012, più altre due chiuse nei due anni successivi. La Valle d'Aosta ha concluso la stagione delle chiusure con l'abbandono della Aosta-Prè S.Didier, a dicembre 2015, in concomitanza con il passaggio di competenze dallo Stato alla Regione (grande risultato dell'autonomia regionale...).
A partire dal 2016, Fondazione FS, la branca delle Ferrovie dello Stato che si occupa del patrimonio storico della ferrovia, ha progressivamente riaperto un sempre maggiore numero di linee. Benché ad oggi il nuovo servizio turistico con treni storici si svolga solo a giorni fissi - da tutti i weekend nella best practice della Sulmona-Isernia a 5-6 domeniche l'anno nella maggioranza degli altri casi - si tratta senza dubbio di un'opera meritoria, che è anche utile a insegnarci qualcosa sulla gestione delle ferrovie secondarie.
Che cosa sapevamo già sulla chiusura delle ferrovie
Anche se è abbastanza difficile avere informazioni certe, è largamente verosimile che le chiusure siano state proposte dal gestore dell'infrastruttura alle Regioni, prefigurando loro il risparmio in spesa corrente derivante dalla soppressione di linee "che nessuno usa", e nella sostanziale indifferenza dell'impresa ferroviaria. Lo scopo aziendale, che ha portato alla chiusura delle linee, non era la ricerca di una auspicabile efficienza gestionale, ottenuta evitando le spese considerate improduttive. Era semplicemente ridurre il perimetro mantenendo invariato il sussidio, che è un tipico comportamento di qualunque monopolista. Obiettivo spregiudicato benché comprensibile per quest'ultimo, ma alquanto lontano dall'interesse pubblico che le istituzioni dovrebbero difendere.
Il sacrificio delle linee minori è stato, purtroppo, uno dei modi in cui questa politica poteva attuarsi, minimizzando il conflitto nel suo complesso (perché a parte qualche sindaco, la contestazione era tutto sommato marginale). Allo stesso modo, cioè con lo stesso risultato, sono stati tagliati in abbondanza anche binari e scambi sulla rete principale. Al contrario (cioè a riprova che l'efficienza gestionale era l'ultimo degli obiettivi) non si è mai lesinato sulle spese "che muovevano gli appalti", anche sulle linee condannate: ne sono la prova la rete di telefonia mobile GSM-R applicata alla Chivasso-Asti dopo la chiusura, gli impianti antincendio nelle gallerie della Aosta-Prè S.Didier installati nell'autunno precedente la chiusura, fino alla miriade di cartelli inutili con cui è stata ostinatamente riempita ogni più piccola fermata.
Che cosa ci insegna l'opera di Fondazione FS
Il 15 maggio 2022, Fondazione ha effettuato una corsa (non aperta al pubblico) sulla tratta nord della Chivasso-Asti, fino a Montiglio. Era il primo treno che tornava sulla linea dopo la chiusura a settembre 2011.
Allora la chiusura era stata motivata dalla "galleria pericolante" di Brozolo, per la quale i lavori di messa in sicurezza erano "ovviamente" difficili, costosi, non finanziati, e di conseguenza ritenuti sproporzionati rispetto ai "pochi" viaggiatori della linea. Nelle scorse settimane la galleria è stata messa in sicurezza, con lavori che evidentemente erano fattibili, finanziati e probabilmente anche non particolarmente costosi.
Dopo la chiusura, le sbarre dei passaggi a livello erano state rimosse: una mossa che era stato spontaneo interpretare come tattica, per essere sicuri che a nessuno venisse voglia di ripristinare il servizio. Oggi le sbarre dei PL sono state tutte rimesse al loro posto e i PL sono perfettamente funzionanti.
Che cosa ci insegna dunque la Chivasso-Asti?
- se non ci sono danno veri e incontrovertibili - come ad esempio un ponte crollato - una ferrovia può tornare a funzionare con un lavoro di pochi mesi; a maggior ragione se le condizioni di partenza dell'armamento erano ragionevolmente buone (la larga maggioranza delle ferrovie piemontesi chiuse era stata rinnovata nel 1990/91: a causa della bassa usura generata dalle automotrici ALn 663 che le hanno percorse, a trent'anni di distanza quell'armamento è ancor oggi in condizioni più che buone);
- tutte le stime sui costi di ripristino a suon di milioni che vengono propugnate alle Regioni sono probabilmente numeri sparati a caso, ad essere ottimisti, o numeri fatti apposta per allontanare il ripristino, ad essere più cinicamente realisti;
- "una galleria pericolante si trova sempre" (la frase è tra virgolette perché venne effettivamente pronunciata da un dirigente del gestore dell'infrastruttura nei primi mesi del 2012), ma una galleria pericolante si può anche riparare, basta volerlo;
- anche le situazioni di "degrado voluto" (la rimozione delle sbarre dei PL) non sono un ostacolo, se si vuole tornare a utilizzare la ferrovia;
- se Fondazione FS è riuscita a riaprire le linee al servizio turistico, significa senz'altro che l'ha fortemente voluto, ma anche che il Gruppo FS nel suo complesso ha tutta la capacità tecnica, gestionale ed economica per ottenere questo risultato, e verosimilmente ottenerlo ad un costo equo e sostenibile.
Che cosa ci insegna la politica regionale nel campo delle ferrovie secondarie
Mentre Fondazione FS riapriva via via un numero sempre maggiore di linee, che cosa è successo nella gestione istituzionale del servizio ferroviario, assegnata alla competenza delle Regioni?
- la Regione Piemonte, di tutte le linee che aveva chiuso nel 2010-2014, è riuscita a riaprirne soltanto una, la Savigliano-Saluzzo, all'inizio del 2019; la linea è stata richiusa nella primavera 2020 in concomitanza con la pandemia, e ad oggi (2022) è tuttora chiusa;
- a seguito dell'elettrificazione della tratta Alba-Bra, e sempre con la scusa della pandemia, è stato chiuso il breve tratto residuo Bra-Cavallermaggiore, rimasto l'unico a trazione diesel (quando si stava decidendo l'elettrificazione, a chi faceva notare che questa avrebbe automaticamente cancellato il tronco di Cavallermaggiore, veniva risposto "certo che no"; ecco, appunto);
- sin dal 2018 Lombardia e Piemonte hanno sottoscritto un accordo di cofinanziamento per la riapertura della Mortara-Casale (chiusa nel 2010); RFI, prendendo in parola l'accordo, ha rifatto tutto il segnalamento e i passaggi a livello, ma nessun servizio è stato riattivato; la motivazione formale è che, in base all'accordo, il reperimento del materiale rotabile spettava al Piemonte, e Trenitalia ha dichiarato alla Regione che non ne aveva a disposizione (una automotrice! Si lasciano le conclusioni al lettore);
- la ferrovia Cuneo-Ventimiglia da dicembre 2013 vede il servizio ridotto ad appena due coppie di corse, alla penalizzante velocità di 40 km/h per tutta la tratta situata in Francia, nonostante non fossero mai mancanti i viaggiatori e la linea sia addirittura arrivata al primo posto tra i "luoghi del cuore" censiti dal Fondo per l'Ambiente Italiano. Nemmeno la contestuale chiusura della galleria stradale del Tenda (che a causa dei danni dovuti alla tempesta Alex resterà impercorribile per diversi anni ancora) ha portato a incrementare i collegamenti Cuneo-Ventimiglia;
- a fine 2018 la Regione Lombardia ha effettuato un significativo ridimensionamento del numero di corse su varie linee secondarie della propria rete perché "la produzione del 2018, quando circolavano oltre 2300 treni al giorno [era] un record effimero. Un così elevato numero di treni non è sostenibile e non consente di garantire un servizio di qualità adeguata: in Lombardia le infrastrutture sono sature, i binari non possono reggere tanto traffico ferroviario" (la frase tra virgolette è contenuta in un comunicato stampa dell'impresa ferroviaria lombarda del febbraio 2022);
- la Regione Valle d'Aosta ha visto incrementare il preventivo per il ripristino della ferrovia Aosta-Prè S.Didier, da 10 milioni per manutenzione straordinaria, quando è stata decisa la chiusura nell'autunno 2015, a 53 milioni in un nuovo studio del 2022: la levitazione dei costi a valori tanto alti da risultare imbarazzanti è la migliore garanzia che nulla venga finanziato (salvo, beninteso, le parcelle degli studi sulla riapertura);
- il servizio su un largo numero di ferrovie secondarie continua a essere programmato con modalità "ottocentesche", non cadenzato e con coincidenze del tutto casuali, anche in Regioni con buona domanda di mobilità e che gestiscono in proprio la rete: basta guardare il caso delle linee FER dell'Emilia-Romagna, su cui sono in corso grandi investimenti di elettrificazione, senza che sia per nulla chiaro quale sarà il servizio a lavori conclusi (e fermo restando che, ovviamente, un servizio strutturato e cadenzato è perfettamente attuabile anche a trazione diesel).
Appare legittimo evidenziare l'esistenza di una forte discrasia (eufemismo) tra gli obiettivi pubblicamente dichiarati e i risultati non ottenuti. A maggior ragione confrontando questi risultati con quelli ottenuti da Fondazione FS, nel proprio ambito istituzionale.
E' anche importante sottolineare che l'ambiguità fra investimenti e servizio è universalmente diffusa, prima di tutto fra le stesse istituzioni che dovrebbero pianificare il trasporto pubblico e stanziare i relativi fondi. Lo stesso PNRR, il piano nazionale post-pandemia, prevede investimenti molto ingenti per opere infrastrutturali, ma nulla prescrive sulla crescita concreta del servizio, una volta che questi investimenti saranno terminati. Purtroppo l'esperienza insegna che, se non si stanzia anche un aumento della spesa corrente per pagare più corse, i milioni di euro investiti non si tradurranno in alcun beneficio concreto per i cittadini.
Che cosa potremmo concludere con un po' di ottimismo
Alla luce degli interventi di Fondazione, a nostro avviso è legittimo avere un po' di ottimismo e arrivare a queste conclusioni:
- una ferrovia abbandonata anche da più di dieci anni, ma che era stata chiusa semplicemente "per scelta", può essere rimessa in funzione con un lavoro di pochi mesi, senza stravolgerla e a costi del tutto ragionevoli;
- per ottenere un servizio accettabile, non solo turistico, ma anche come trasporto pubblico, non sono necessari interventi milionari, "potenziamenti infrastrutturali", cemento, scempi e devastazioni;
- è invece possibile valorizzare gli aspetti storici e architettonici della linea, con interventi di pulitura e restauro "soft" che rendano realmente piacevole il contesto ferroviario, anche al normale viaggiatore;
- è oltretutto evidente che qualunque investimento per il ripristino di una linea, piccolo o grande che sia, dà un beneficio maggiore ai cittadini se su quella linea è presente anche un servizio quotidiano, non solo un servizio turistico (pur meritevole) per qualche domenica all'anno;
- e infine tutto lascia supporre che sia effettivamente possibile gestire una ferrovia secondaria in un modo agile e ragionevolmente economico, liberandosi dal continuo ricatto di bilancio "costa più del bus" (cosa di per sé vera, ma una ferrovia deve anche saper dare molto più di un bus!).
Queste conclusioni non significano automaticamente che la chiusura delle ferrovie secondarie nel decennio scorso fosse ingiustificata, ad esempio in termini di analisi costi-benefici. Ma tutto lascia supporre che le ferrovie siano state chiuse - e ora non vengano riaperte al servizio quotidiano, malgrado i reiterati proclami - per motivi che nulla hanno a che vedere con l'economia, l'efficienza gestionale o la domanda di mobilità.
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