Il Museo ferroviario nazionale di Pietrarsa (Napoli)
Italian National Railway Museum of Pietrarsa

For foreigner readers: this article deals with the Italian National Railway Museum of Pietrarsa, near Naples. Many information are provided also in English (see below, in blue). A wide photo gallery is also available.


Le notizie pratiche / Useful information

Aggiornato a marzo 2008 / Updated March 2008

Il museo è aperto solo nei giorni feriali (lunedì-venerdì) dalle 8.30 alle 13.30 con ingresso gratuito. Sabato e domenica chiuso. Tel. e fax 081/472003.

Aggiornato a marzo 2009: nel corso del 2008, l'ingresso gratuito è stato sostituito da un biglietto del costo di 5 Euro, sicuramente ben spesi, visto l'interesse della collezione, ma la cui introduzione non è stata "accompagnata" da alcun servizio in più (la Torneria, tra l'altro, risulta ancora chiusa). Inoltre, finalmente, il museo si può visitare anche nel week-end, ma solo su prenotazione (e-mail e telefono sul sito FS).

Si accede in treno, fermata di Pietrarsa-S.Giorgio a Cremano (un treno regionale diretto a Salerno parte da Napoli Centrale alle 8.58 e vi arriva 10 minuti più tardi), oppure con filobus 254 o 255 da Via Garibaldi (la fermata a cui scendere è quella posta esattamente sul confine comunale tra Napoli e S.Giorgio a Cremano).


The museum is open on working days only (Monday to Friday), 8.30-13.30. Starting from summer 2008, the previous free admittance was replaced by a 5 Euro ticket. Phone and fax +39 081/472033.

You can reach the museum by train, stop of Pietrarsa-S.Giorgio a Cremano (a regional train to Salerno departs from Naples Centrale at 8.58 and arrives at Pietrarsa 10 minutes later), or with trolleybus 254 or 255 from Via Garibaldi (the bus stop where you have to get off is on the border of the Municipalities of Naples and S.Giorgio a Cremano: you can see the traffic signs).

You can find additional information in English, about the Pietrarsa Workshop and the early history of Italian railways at the bottom of this page.


Il racconto fotografico / Photo Gallery

Le foto sono state scattate con Canon A710 il 20 marzo 2008. Alcuni scatti sono scansioni da negativo della mia precedente visita, il 10 maggio 1996.

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More than thirty photos try to give you an impression of this wonderful and deeply historical place. Most photos were taken during my second visit on 20 March 2008, few on my first visit on 10 May 1996.

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La cronaca e le impressioni

Dalla visita del 20 marzo 2008.

Un luogo unico, multiforme, densissimo di sensazioni, a tratti amiche, a tratti addirittura aspre. Quattro ore e un quarto bastano appena per visitare Pietrarsa, per cogliere il maggior numero possibile di chiavi di lettura. E quando sembra che tu abbia finito, ecco che ne scopri ancora una nuova: le porte delle cabine sono spesso aperte! Entrare per la prima volta dentro una locomotiva trifase, così diversa dal familiare maniglione di un'E.428, è qualcosa che mi viene da chiamare sconvolgente.

Quattro ore e un quarto, dunque, per scattare qualcosa come 110 immagini: oltre trenta di esse costituiscono la parte fotografica di questo racconto, certo non una documentazione "esaustiva", enciclopedica, ma il tentativo di trasmette le sensazioni al cospetto di un patrimonio unico. In quest'ottica ho provato a esplorare le angolazioni tra rotabile e rotabile, le viste di tre quarti, gli incroci ad angolo retto, per non parlare dei giochi di luce, così vivi in questa giornata incredibile, cominciata uniformemente cupa in stazione di Caserta, poi diventata mutevole di sole e di pioggia, a fianco di un mare inquieto, sotto i massi neri di lava. Avrei voluto soffermarmi, davanti a quel mare, a cui sono subito andato, appena entrato nell'opificio, ma non c'è stato tempo di riposare: l'intera mattina era appena sufficiente per quello che mi ero prefisso.

Così, man mano che il mio girovagare procede, ogni padiglione acquista a poco a poco la sua fisionomia; diventa, per dir così, unico e caratterizzato. Forse il più fecondo in assoluto è quello dei Tubi bollitori, vale a dire quello che ospita le locomotive diesel, tutto giocato sulle penombre, su quella disposizione ad angolo retto tra l'Isabella di D.341 e D.342 e il verde del 235 e dei due "Badoni": ABL, Antonio Badoni Lecco, che bella la sigla che segna il muso della 215.006!

La Caldareria, il grande ambiente dei mezzi leggeri, è invece fatto apposta per i confronti, gli accostamenti: ALn 556 Breda e ALn 556 Fiat, la ALn 772 dietro il carrello motore a dentiera di una ALn 556.1900, la targa OM, Officine Meccaniche, della ALn 880 e quella SNOS, Società Nazionale Officine Savigliano, dell'E.400. Appena lì accanto, il reparto delle Macchine Utensili, con le tre grandi elettriche a corrente continua: E.626, E.326, E.428. Certo, non c'è bisogno di arrivare a Pietrarsa per vedere un'E.626, ma solo qui si può giocare con gli archi dell'opificio, osservare attraverso di essi un muso dopo l'altro.

L'ultimo padiglione, cioè il più grande e cronologicamente il primo, il Montaggio, è forse il più difficile: difficile per la sua vastità e, insieme, la ripetitività. Una schiera innumerevole e preziosissima di macchine, dalla 290 alla 685, passando per ogni classica (640, 740, 835, ...) e ogni inconsueta (477, MMO 22, 905, ...): riuscire a leggere l'"anima" di ognuna, tirando fuori i dettagli dall'uniformità del loro colore nero, è certo tra le cose più impegnative.

Ma poi, nello stesso Montaggio, ci sono anche quattro locomotive che vengono da un mondo a parte, diverso da ogni altro e forse l'unico profondamente estraneo al luogo che lo ospita. Sono, naturalmente, le quattro macchine trifasi - E.551, E.333, E.432, E.440 - e sono, per me, le sensazioni più aspre, più difficili da decifrare. Ho davanti qualcosa che è stato "la mia ferrovia", il mio mare, più di qualunque altro; quei pantografi, quelle bielle, gli avancorpi, gli sportelli: è come se dovessi imparare a trovarmeli davanti, a leggerne le angolazioni. Poi, come per magia, le porte si aprono, metto piede in cabina. Che cosa incredibile, questa mia E.432.001! Di quassù sembra un mostro d'acciaio e insieme quasi un giocattolo: così maestosi i suoi motori, così piccola, angusta la cabina-sala macchine: il tetto basso basso, il pavimento che non sai nemmeno dove posare i piedi, quei comandi così diversi, a me sconosciuti, da farmi pensare con ammirazione a chi li sapeva usare, nei giorni di un tempo ormai lontano.

Basta, c'è stato il sole, la pioggia e poi ancora il sole, a cambiare gli sguardi e i colori di quell'ala semaforica disposta a via libera, fuori davanti al mare. Ero arrivato qui temendo un degrado assai maggiore, dopo la vergogna dei sette anni di chiusura. Un po' di degrado c'è, ruggine sulle bielle, sulle lamiere più vicine al mare, qualche tubo marcito, i tetti resi opachi dalla polvere; però poteva senz'altro andare peggio. Rimane, certo, il disappunto per tutto quello che non è stato fatto - praticamente nulla, a parte le nuove didascalie, peraltro bilingui e precise - il ridicolo orario di apertura solo al mattino e chiuso persino al sabato, la pubblicità pressoché inesistente, il fatto che il primo treno che riporti a Napoli è più di un'ora dopo l'orario di chiusura. Insomma, non lo considero un "patrimonio dilapidato", ma assai lasciato a sé stesso, questo sì.


Una sintesi della storia antica e recente

La storia antica è l'OCR(!) di una foto alla corrispondente didascalia nel padiglione Montaggio.

Per la storia recente, sono utilissimi gli interessanti articoli pubblicati sulla rivista iTreni, n. 34, 85, 89 e 99 (da quest'ultimo è rielaborata anche la mappa del museo).

L'area delle Officine oggi / The Workshop Today

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La storia antica: le Officine di Pietrarsa

Le Officine di Napoli-Pietrarsa costituiscono il primo nucleo industriale della Penisola, avendo preceduto di numerosi anni colossi industriali quali Breda, Fiat, Ansaldo.

Per rendere autonomo il suo Regno dalle industrie inglesi all'avanguardia nella costruzione delle macchine a vapore, Ferdinando II di Borbone, appena salito al trono, avviò un processo di industrializzazione di cui lo sviluppo delle strade ferrate rappresentò uno degli aspetti salienti.

Nel 1830 fu installata, a Torre Annunziata, una piccola officina per la produzione di materiale meccanico e pirotecnico ad uso della marina e dell'esercito (trivelle, macchine a vapore, affusti per cannoni, proiettili). Sette anni più tardi la piccola industria fu trasferita presso la reggia di Napoli.

Lo sviluppo dell'Officina superò ogni aspettativa, al punto che sorse il problema di reperire una nuova sede più spaziosa, dove poter provvedere anche alla produzione di materiale ferroviario.

Il 3 ottobre 1839, infatti, era stata inaugurata la prima tratta ferroviaria italiana Napoli-Portici lunga 7.411 metri.

Il percorso venne compiuto da un convoglio trainato dalla locomotiva Vesuvio, progettata dall'ingegnere Armand Bayard de la Vingtrie su prototipo dell'inglese George Stephenson.

Per la costruzione dei nuovo complesso venne scelta la località di Pietrarsa, anticamente detta Pietra Bianca, situata sulla riva dei mare, al confine con il comune di Portici. L'area occupata dalle officine era compresa tra il tratto ferroviario Napoli-Portici e il mare, in modo che il trasporto dei prodotti e dei materiali potesse avvenire facilmente sia da mare che da terra.

Nel 1843, per volere del re, lo stabilimento di Pietrarsa fu destinato alla costruzione delle locomotive e alla riparazione di tutti i tipi di rotabili della nuova ferrovia Napoli-Caserta-Capua.

Il 18 maggio 1852 venne fusa nell'Opificio una colossale statua in ghisa, alta 4,50 metri, raffigurante il re Ferdinando II nell'atto di ordinare la fondazione delle officine. Si tratta di una delle più grandi statue in ghisa fuse in Italia e si trova attualmente nel piazzale del Museo.

Alla caduta del regno borbonico, nel 1860, Pietrarsa passò in gestione al Governo Italiano. Vi lavoravano 850 operai, 200 operai straordinari e 75 artiglieri con una produzione vastissima: dalle ferriere per l'affinatura della ghisa alle macchine a vapore.

Nel 1861 il Governo Italiano rilevò la scarsa economicità dell'industria, con costi di produzione elevati e manodopera eccessiva.

L'Opificio fu dato in gestione alla ditta Bozza che adottò una dura politica di gestione, creando forte tensione fra gli operai che degenerò causando tumulti che portarono alla morte di sette operai e il ferimento di altri venti. L'eccidio di Pietrarsa divenne un simbolo della lotta della classe operaia post-unitaria. A seguito di questi fatti, la gestione dell'Opificio fu data in concessione ventennale alla Società nazionale di Industrie meccaniche. All'Esposizione Universale di Vienna del 1873, una locomotiva per treni merci, costruita a Pietrarsa per le Ferrovie Romane, vinse la medaglia d'oro. Nonostante i riconoscimenti internazionali, tuttavia, la fabbrica rimase vittima della crisi economica per cui, nel 1875, il numero dei lavoratori fu ridotto a cento. Nel 1877, per evitare la chiusura del complesso, lo Stato decise di gestire direttamente lo Stabilimento di industrie Meccaniche di Pietrarsa e Granili. Furono costruite 110 locomotive, 845 carri, 280 vetture e varie caldaie a vapore. I rotabili costruiti a Pietrarsa furono utilizzati su tutta la rete italiana.

Il 1° luglio 1905 lo Stato italiano assunse l'esercizio diretto di tutte le linee ferroviarie del territorio nazionale, pertanto, anche delle due officine napoletane. A Pietrarsa si continuò a provvedere alla Grande Riparazione delle locomotive a vapore. Nel 1930 l'Officina fu ristrutturata in modo radicale, aumentando la produttività degli operai e abbassando, di conseguenza, i costi di riparazione; il tempo medio di riparazione di una macchina passò da 150 a 30 giorni. Con la fine della II Guerra Mondiale iniziò il declino: a causa dell'avanzare della trazione elettrica e di quella diesel, le locomotive a vapore, di anno in anno, diventavano sempre meno numerose e venivano utilizzate esclusivamente per il trasporto merci e per i servizi sussidiari.

L'ultima vaporiera a lasciare le storiche officine fu la 640.088, il 2 dicembre 1975 e ne segnò la chiusura. Dopo la chiusura, si decise di istituire il Museo Nazionale di Pietrarsa, che fu inaugurato il 7 ottobre 1989.

Il Museo si sviluppa su un'area di circa 36.000 metri quadrati, dei quali 14.000 coperti, e si articola in padiglioni e settori in cui sono esposti numerosi rotabili, modelli, plastici, macchinari e oggetti d'interesse storico.

 


La storia recente: la nascita del Museo e i suoi problemi

Come abbiamo letto nella didascalia precedente, le Officine sono state chiuse nel 1975. Nel 1977 si è deciso di destinarle a Museo. Una prima sezione è stata aperta il 19 giugno 1982: praticamente tutti i rotabili allora disponibili erano concentrati nel padiglione Montaggio. Si trattava esclusivamente di locomotive a vapore, "messe da parte" per uso museale già molti anni addietro (alcune avevano partecipato a celebri esposizioni degli anni Settanta, come Merano '74).

Tra il 1982 e il 1989 si è completato il restauro delle officine, con criteri progettuali senza dubbio avanzati: collegamento diretto alla linea Napoli-Salerno, piattaforme girevoli a settore per mettere in comunicazione il maggior numero possibile di binari (ovviamente con lo scopo di poter muovere facilmente i rotabili), demolizione di alcuni fabbricati non storici e realizzazione dei giardini centrali, che esaltano il fascino architettonico del luogo.

La seconda inaugurazione, quella cui fanno riferimento i documenti ufficiali, risale al 7 ottobre 1989, in concomitanza con le celebrazioni per il 150° anniversario della ferrovia in Italia. Come molti appassionati ricorderanno, i festeggiamenti del 150° caddero in uno dei (tanti) periodi bui della storia delle FS, in mezzo agli scandali e ai conseguenti atteggiamenti di "austerità". Di conseguenza l'inaugurazione del museo fu di fatto l'unico evento celebrativo legato al 150° (stendiamo un velo sul confronto che venne spontaneo fare con le analoghe celebrazioni tedesche di quattro anni prima). Comunque il Museo nel 1989 era ormai completo, con tutte le macchine che vi troviamo oggi, e la disponibilità di tutti i padiglioni: un grosso lavoro era stato infatti eseguito in vari depositi, soprattutto nel 1988/89, per restaurare magistralmente tutti i rotabili previsti.

La Bayard, proveniente dal Museo della Scienza e Tecnica di Milano, entrò nel museo funzionante, trainando il treno inaugurale. In 18 anni, da lì non si è più mossa. Analogamente altre due macchine venivano ospitate nel museo atte al servizio (ALn 880 ed E.326). Inutile dire che anche loro non si mossero mai più, né fu mai più utilizzato il binario di collegamento diretto alla linea da Napoli.

In attesa di definire soluzioni migliori, l'ingresso venne lasciato gratuito, con orario dalle 9 alle 13 feriale.

Improvvisamente, intorno al 2001, il museo venne chiuso per non meglio precisati lavori di adeguamento. La chiusura si è incredibilmente protratta per sette anni, fino al 19 dicembre 2007, quando avvenne la terza inaugurazione (per ironia della sorte, ancora in tempi assai bui: lo stesso Amministratore delegato di FS, che presiedeva la cerimonia, aveva appena ipotizzato tagli del 25% ai servizi regionali, se non avesse ricevuto ulteriori sussidi).

Chi visita il museo oggi trova l'identico scenario del 1989 (a parte la mancanza della ALe 792, trasferita altrove): lo stesso orario di apertura "provvisorio", lo stesso ingresso gratuito, gli stessi rotabili che, ormai a distanza di almeno vent'anni dal restauro, cominciano a mostrare qualche segno di degrado, come facevo cenno nella mia cronaca. I "lavori di adeguamento", qualsiasi essi siano stati, non hanno modificato in alcun modo gli aspetti percepibili dal visitatore, ed è difficile capacitarsi che, per lavori così poco appariscenti, siano stati necessari ben sette anni.

Questo naturalmente non toglie il gran fascino al museo, che ho cercato di raccontare nella mia cronaca e nelle foto. Lascia però il rammarico per tutto quello che non c'è, e che potrei definire "fantascienza" se non fosse che l'ho trovato in ogni altro museo ferroviario europeo che ho visitato, da Utrecht a Budapest, da Mulhouse a Lucerna: non c'è un book-shop, lo straccio di un souvenir, nemmeno una cartolina; non ci sono modelli didattici (sezionati, funzionanti, ecc.), non c'è alcun tipo di percorso per bambini (a Utrecht e Budapest i visitatori erano quasi più bambini che adulti!), insomma, non c'è praticamente nulla che sia studiato per catturare l'attenzione del visitatore, per insegnargli davvero a "leggere" la ferrovia, la sua tecnica e la sua storia.


History of the Italian Railways, Pietrarsa Workshop and Museum

From the Unification of Italy to the foundation of Ferrovie dello Stato

Source: OCR of some captions contained in the Museum.

1839-1860: pre-unification Italy

The construction of railways started in the pre-unification States amongst debates, disputes and political implications which reflected the precarious equilibrium of the peninsular prior to 1861.

The first section from Naples to Portici was inaugurated in October 1839.

Other sections were opened during the following years in Lombardy, Veneto, the Grand Duchy of Tuscany and, to a limited extent, in the Kingdom of the Two Sicilies. During his reign, Pope Pius IX also promoted the construction of some sections of railway line in the territory of the Papal State.

Since all these railway lines were the result of the initiatives by private individuals or local rulers, they did not always follow homogeneous criteria and were not based on similar designs.

Consequently, a programme of projects was launched during the 1850-60 decade which resulted in the realisation of 935 km of railway lines [my data show instead a total of 2246 km in the decade, all over Italy].

1861-1905 Development of railways in Italy and foundation of Ferrovie dello Stato

The total length of the railway lines in Italy in 1861 was only 2,773 km.

The new lines, which had the aim of unifying Italy, were constructed by private entrepreneurs by means of a concession. This resulted in an enormous fragmentation of the service and considerable inconvenience for passengers and the transport of freight, due to complications in the tariffs, timetables and connections [you can see a very similar situation at present days for regional trains among different Regions, and between long distance service and regional services, although they are all managed by the same society, i.e. Trenitalia].

In order to resolve these problems, the national network was split into four groups in 1877 and, subsequently, after an attempt at nationalisation in 1876, a new division of the lines was made, between 1879 and 1884, into two large companies, the Adriatic, which controlled the lines on the eastern side of the peninsular, and the Mediterranean, which controlled the lines on the Tyrrhenian side [this subdivision was chosen in order to cut in almost equal parts the problems of managing lines in the old and poor South as well as the advantages of running trains in the rich and (relatively) advanced regions of the North]. A third company managed lines in Sicily.

On 1 July 1905, after many years of analysis and parliamentary debate and an increasingly precarious state of health for the concessionary companies, the State abandoned the so called "conventions" with the private companies managing the Mediterranean, Adriatic and Sicilian networks and took over the ownership of the railways. This resulted in the foundation of Ferrovie dello Stato.

[some words on the present situation: although since 2000-2001 railway operation is divided into an Infrastructure Manager, i.e. RFI and a Railway Undertaking, i.e. Trenitalia, both RFI and Trenitalia are fully controlled by Ferrovie dello Stato, which in turn is the property of the Ministry of Treasure. This means that, after more than 100 years, Italian railways are still a 100% public company (I do not consider this as a bad thing, however). Trenitalia receives subsidy from Regional Governments to pay for regional services, although more than 95% of regional subsidy actually comes from the State, and just "passes" through the Regions.

Regional Services represent some 72% of passenger services (in terms of trains*km). The remaining 28% is long distance passenger services. In principle the latter should have no subsidy, but South-North night services receive a subsidy from the State and in year 2008 the overall subsidy to long distance services is almost doubled, so that now it covers about half of total long distance services, including also the majority of Intercity trains. Therefore, about half of long distance services, i.e. 14% of total passenger trains, represented by Eurostar services and few Intercity's, are the only passenger services that receive no subsidy at all. Freight services do not receive any relevant subsidy (and thus are in a deep crisis...).

Finally, RFI receives subsidy from the Italian state, to pay for upgrading works, and an access charge from Railway Undertakings (mainly Trenitalia itself), to pay for running costs.]

Pietrarsa Workshops

Source: OCR of some captions contained in the Museum.

The Naples-Pietrarsa workshops represented the first industrial centre in the peninsular, since they preceded the industrial giants such as Breda, Fiat and Ansaldo by many years.

In order to make his kingdom independent of the British industries which were at the forefront in the construction of steam engines, as soon as Ferdinando II of Borbone took the throne he started an industrialisation process in which the development of railways represented one of the main aspects. A small workshop was set up in 1830 in Torre Annunziata for the manufacture of mechanical equipment and ammunition for use by the navy and army (augers, steam engines, cannon barrels, bullets). Seven years later the same industry was transferred near the palace in Naples.

The development of the Workshop exceeded every expectation, to such an extent that it was necessary to find larger premises, in which to manufacture railway equipment, too.

The first section of Italian railway, between Naples and Portici, was inaugurated on 3 October 1839, with a length of 7,411 m.

The Vesuvius locomotive, designed by the French engineer Armand Bayard de la Vingtrie based on a prototype by the English engineer George Stephenson, travelled along the line.

The town of Pietrarsa, known in the past as Pietra Bianca, was chosen as the site for construction of the new complex. It lies on the coast at the edge of the Municipality of Portici.

The area occupied by the workshop lies between the Naples-Portici railway and the sea, so that the transport of products and materials could easily be carried out either by land or sea.

In 1843 the King required that the Pietrarsa workshop be used for the construction of locomotives and the repair of all types of rolling stock for the new Naples-Caserta-Capua railway.

A very large cast iron statue was produced in the workshop on 18 May 1852, 4.5 m high, depicting King Ferdinando II in the act of ordering the establishment of the work. It is one of the largest cast iron statues ever produced in Italy and it currently stands in the Museum courtyard.

With the fall of the Borbonic Kingdom, in 1860, Pietrarsa passed under the management of the Italian Government. It employed 850 labourers, 200 skilled workers and 75 gunners with a vast production - from processes for the finishing of cast iron to the production of steam engines.

The Italian Government noted the poor profitability of the industry in 1861, with its high production costs and excessive labour requirements. Operation of the workshop was handed over to a firm called Bozza which adopted a severe management policy, creating severe unrest amongst the workers that degenerated into riots and resulted in the death of seven employees and the injury of a further twenty. The bloodshed at Pietrarsa became a symbol of the working class post-unification struggle.

After these events, operation of the workshop was handed over as a twenty year concession to the Società Nazionale di Industrie Meccaniche. A freight train locomotive built at Pietrarsa for the Romanian Railways won a gold medal at the Universal Expo in Vienna in 1873. However, despite this international recognition, the workshop become a victim of the economic crisis and, in 1875, the number of workers was reduced to a hundred. In order to avoid closure of the workshop, the State decided in 1877 to directly manage the mechanical workshops at Pietrarsa and Granili. 110 locomotives, 845 wagons, 280 carriages and various steam boilers were manufactured at the workshops. The rolling stock built at Pietrarsa was used throughout the Italian rail network. The Italian State took over direct operation of all the railway lines in Italy on 1 July 1905 and, consequently, that of the two Neapolitan workshops, too. Major repairs of steam locomotives continued to be carried out at Pietrarsa. The workshop was radically reorganised in 1930, increasing the productivity of the workers and, consequently, lowering the repair costs; the average repair time for a locomotive failing from 150 to 30 days.

The end of WWII signalled the start of the decline, due to the development of electric and diesel traction. The number of steam locomotives dropped year by year and they were used solely for freight transport and subsidiary services.

The last steam locomotive to leave the famous workshops was the 640.088, on 2 December 1975, and this marked its closure [this particular engine is now in the Museum]. After closure, it was decided to set up the Pietrarsa National Railway Museum, which was inaugurated on 7 October 1989.

The total area of the Museum is approximately 36,900 square meters of which 14,000 is indoors. It is divided into pavilions and sectors in which rolling stock, models, machinery and objects of historical interest are displayed.

 


History of the Museum and Problems

The decision of establishing a railway museum in Pietrarsa was taken in 1977. The first section, corresponding to the Assembly building, was opened on 19 June 1982: it contained only steam engines, that had been preserved and stored in different places along Italy during the previous years.

Seven years later, the Museum was completed with all buildings and engines, as you can see it today. The second inauguration took place on 7 October 1989, and was the only celebration carried out by FS for the anniversary of 150 years of Italian railways.

In 2001 the Museum was closed for "upgrading works". This closure lasted for seven years, until the third inauguration, which took place on 19 December 2007. Despite of this incredibly long closure time, the present aspect of the museum is almost identical to the aspect that the museum had in 1989. The only visible change is represented by the new captions, written also in English, but all other issues remain unsolved: we can mention the short opening time (only in the morning and not on Saturday and Sunday), the difficulty of reaching the museum by train (you have only one train to reach the museum, and after the closure time, you have to wait one hour for finding a train back to Naples), the almost absent information even on the existence of the museum (a page about Pietrarsa is well "hidden" inside the FS website and does not mention the opening time!), the absence of any kind of souvenir, postcard or book to be bought at the museum.

Furthermore, three engines entered the museum in perfect running conditions (the Bayard, E.326 and ALn 880) but have never been used any more. The museum is also provided with its own track and platform, connected with the Naples-Salerno line, intended for dedicated train connections, but also this possibility has never been used, after the inauguration-train on 7 October 1989!

Finally, despite of the fascination of the historical workshops, even the decision of establishing a railway museum just beside the sea is becoming critical: after 20 years, more and more engines are facing serious problems of rust and corrosion. Although I truly love Pietrarsa, I can imagine that another location, far from the sea, and possibly in a more reachable place, e.g. in North or Central Italy, would have been better for such a huge train collection.


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