Scritto a settembre 2010
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I grafici che compaiono in questa pagina sono disponibili anche come foglio Excel. Lo stesso file contiene anche una tabella con i dati elettrici (frequenza, numero di poli e di fasi) e meccanici (diametro ruote, rapporto di trasmissione) per ciascuna velocità di sincronismo.
Totale unità costruite:
Totale locomotive tradizionali: 724 unità
Totale generale: 780 unità
A volte si usa il totale di 762, che non include le locomotive svizzere, le elettromotrici valtellinesi e il prototipo E.471, mai consegnato formalmente alle FS.
I costruttori indicati in tabella sono:
Le macchine trifasi potevano funzionare con continuità soltanto ad alcune precise velocità, dette "velocità di sincronismo", legate matematicamente alla frequenza di alimentazione e al numero di poli del motore, oltre che, ovviamente, al diametro delle ruote.
Ad ogni velocità ottenuta con i due motori collegati normalmente in parallelo, poteva corrispondere una velocità dimezzata (a pari numero di poli) ottenuta con il collegamento cosiddetto in cascata, in cui le correnti indotte dal primo motore (primario) alimentano il secondo motore (secondario). Con il collegamento in cascata la potenza erogabile è nettamente ridotta, ma, dato che anche la velocità è inferiore, la forza di trazione può essere considerata accettabile (anche se molte macchine mostrarono il loro punto più debole proprio in questo collegamento).
Le velocità indicate in tabella sono pertanto quelle di sincronismo (salvo per le rimorchiate bicorrenti Lebc 840 in cui è indicata la velocità massima ammessa sotto la linea aerea trifase).
Per l'avviamento e la transizione tra una velocità e l'altra era necessario introdurre, in serie ai motori, un reostato, cioè una resistenza variabile, che riduceva la corrente assorbita durante il transitorio. Il reostato, nella maggior parte dei casi, era a liquido: si usava una soluzione sodica in acqua, in cui erano immersi degli elettrodi; variando il livello dell'acqua, si poteva variare con continuità la resistenza applicata ai motori (nei reostati metallici tipici della corrente continua, la resistenza poteva essere variata soltanto "a gradini", disinserendo progressivamente delle resistenze). Oggi gli stessi motori trifasi asincroni sono utilizzati su molte locomotive moderne (es. E.402, E.464) e sono alimentati attraverso un azionamento elettronico che, potendo variare con continuità le grandezze elettriche, permette di regolare la velocità a piacimento.
Si noti che il reostato imponeva l'uso di motori a rotore avvolto cioè fatti in modo simile a quelli a corrente continua, con avvolgimenti, elettricamente collegati all'esterno tramite anelli collettori. Infatti il reostato doveva essere proprio collegato al rotore. Questo ha portato con sé la necessità di variare il numero di poli del rotore al variare del numero di poli dello statore, nelle differenti combinazioni di marcia, necessità che è sempre stata tecnicamente sfidante. Ricordiamo che il motore trifase asincrono più semplice è dotato di un rotore elettricamente chiuso in corto circuito su se stesso ("a gabbia di scoiattolo") che può funzionare per qualunque numero di poli dello statore, ma che non è compatibile con l'uso di un reostato. Le due locomotive del Sempione 366-367 (Fb 4/4), prime al mondo a 4 velocità, furono le uniche a utilizzare rotori a gabbia di scoiattolo, in modo da poter ottenere le differenti velocità variando solo i poli dello statore (in questo caso con una soluzione grezza, utilizzando due avvolgimenti distinti, ciascuno commutabile su due polarità, dato che lo schema che sarà alla base della E.330 non era stato ancora messo a punto). Non potendosi usare il reostato, in quest'unico caso l'avviamento veniva regolato variando la tensione con un trasformatore, in maniera simile alle macchine monofase.
La frequenza di alimentazione originale (linee Valtellinesi e Sempione) era di 15 Hz; successivamente le linee Valtellinesi furono alimentate a 15,8 Hz nel periodo 1917-1930; la Monza-Lecco fu alimentata a 15,8 Hz già dall'elettrificazione (1910-14), sempre fino al 1930. Infine nel 1930, collegando elettricamente la rete valtellinese con quella ligure-piemontese, la frequenza venne portata ovunque a 16 2/3 Hz, che era già il valore applicato dall'origine al resto della rete trifase a frequenza ferroviaria. L'utilizzo di una frequenza differente da quella industriale ha sempre richiesto una rete di alimentazione distinta, con apposite centrali di conversione. Il basso valore di frequenza era percepibile nei fanali delle locomotive, che tremolavano di conseguenza.
La velocità effettiva era dunque legata alla frequenza, all'usura dei cerchioni e allo "scorrimento", cioè al fenomeno fisico per cui il motore trifase asincrono ruota a una velocità leggermente inferiore a quella del campo rotante in cui è immerso (il termine "asincrono" ha proprio il significato di "sotto la velocità di sincronismo"). Per dare un'idea, a 16 2/3 Hz, la velocità "formale" di 100 km/h corrispondeva a una velocità di sincronismo teorica (a cerchioni nuovi, diametro 1630 mm) di 102,4 km. Sempre a cerchioni nuovi, uno scorrimento medio del 2% comportava una velocità reale di 100,4 km/h, che scendeva fino a 96,7 km/h con i cerchioni a tutta usura (diametro 1570 mm). Il medesimo valore reale di 100,4 diventava invece 90,3 a 15 Hz e 95,1 a 15,8 Hz, e proporzionalmente di meno con l'usura dei cerchioni.
La rete a frequenza industriale (Roma-Sulmona) era alimentata a 45 Hz perché tale era allora la frequenza industriale nell'Italia centrale. Al nord invece si avevano già allora 50 Hz, come oggi. Di conseguenza, nel periodo in cui le E.472 vennero utilizzate sperimentalmente sulla Torino-Modane, alimentando a frequenza industriale la tratta tra Bussoleno e il Quadrivio Zappata, presso Torino (1927), funzionarono a 50 Hz. In tal caso le velocità di sincronismo erano proporzionalmente superiori (ad esempio circa 83 km/h anziché 75).
Tutti i gruppi avevano 2 motori di trazione, ad eccezione di:
Nelle prime macchine con collegamento a cascata (elettromotrici valtellinesi, E.360), il motore "secondario" era alimentato solo a tensione inferiore (appunto nel collegamento a cascata), in quanto nel funzionamento alla velocità maggiore era escluso. A partire dalle E.550, anche il motore che nel collegamento a cascata ha funzione di secondario, alla velocità maggiore è normalmente alimentato alla tensione di linea, e quindi deve essere dimensionato anch'esso per la piena tensione.
Tutte le macchine trifasi permettono automaticamente la frenatura elettrica a recupero: i motori, in discesa, appena superano la velocità di sincronismo, funzionano da generatori ed esercitano un'azione frenante, che tende a riportarli alla velocità di sincronismo; la corrente così prodotta può essere immessa nella linea aerea, di modo che sulle rampe una locomotiva in discesa contribuisce ad alimentare un'altra in salita. Con il successivo sistema a corrente continua, la frenatura a recupero è tecnicamente più complessa e non è mai stata utilizzata (se non sperimentalmente su alcune E.424); le macchine moderne, dotate di frenatura elettrica - dalle E.444 in poi - dissipano la corrente prodotta in un apposito reostato.
La trasmissione era con biella triangolare sistema Kandó, orientata con la punta verso il basso, il cui estremo inferiore è l'asse motore centrale e i cui estremi superiori sono coassiali con i due motori di trazione.
Fanno eccezione:
Gli assi motori erano collegati tra loro da bielle di accoppiamento, analoghe a quelle della trazione a vapore. Fanno eccezione le E.430 e le elettromotrici valtellinesi E.1, E.21, senza bielle. Si noti che il collegamento a cascata, per funzionare correttamente (cioè a velocità dimezzata) richiede un vincolo meccanico tra i due motori, normalmente dato dalla biella di accoppiamento. Nelle elettromotrici valtellinesi, in mancanza di bielle, il vincolo meccanico era dato dalla sola aderenza delle ruote alle rotaie, e dunque assai più labile, con conseguenti rischi di slittamento.
Biella triangolare Kandó, montata su tutta la prima generazione di macchine tradizionali, sia in versione traforata (come sulle E.330 ed E.333), sia in versione piena (come sulle E.550 ed E.551). |
Biella articolata Bianchi, montata su tutte le E.554 ed E.432. |
Biella articolata Kandó, montata sulle E.552 tranne le prime due, la E.471 e le E.440 FAV (la cui unità conservata a Pietrarsa rappresenta dunque l'unico esempio sopravvissuto). |
Nelle macchine a frequenza industriale, a pari diametro delle ruote, erano necessari degli ingranaggi riduttori per mantenere velocità "ferroviarie": nelle E.470 il rapporto di riduzione fu proprio di 2,7, cioè 45 diviso 16 2/3, di modo che le velocità risultarono identiche a quelle delle E.431, di cui mantenevano il diametro delle ruote e le caratteristiche elettriche (numero di poli e combinazioni dei motori). Nelle E.570 il rapporto fu invece maggiore (3,625) in quanto si scelse di usare motori a 6 poli (più veloci), anziché a 8 come sulle macchine a ruote piccole a bassa frequenza (tra cui le E.551 da cui le E.570 derivavano). Nelle E.472, unico gruppo a 45 Hz non derivato da macchine a bassa frequenza, si usò invece un rapporto minore (2,25) avendo scelto un diametro delle ruote specifico, intermedio tra i due classici della bassa frequenza. Infine il prototipo bifrequenza E.471 fu l'unico senza ingranaggi riduttori, in quanto basato su un motore a un gran numero di poli (addirittura 24 nella combinazione per la velocità minore a 45 Hz).
Sempre nelle macchine a frequenza industriale, era presente un trasformatore, indispensabile per abbassare la tensione di linea a un valore accettabile per alimentare i motori, analogamente a quanto accadeva alle locomotive estere monofasi (nelle macchine a frequenza ferroviaria i motori erano invece alimentati direttamente alla tensione di linea). Si noti che la tensione era stata scelta più elevata - 10000 V invece di 3600 - per compensare le maggiori cadute di tensione in linea dovute alla frequenza maggiore: le perdite crescono infatti con la frequenza e diminuiscono al crescere della tensione. Il trasformatore era raffreddato a olio; questo spiega la presenza tipica dei serpentini, davanti a un avancorpo (E.472) o su una fiancata (E.470, E.570), necessari per raffreddare a sua volta l'olio. Come effetto collaterale, nelle E.472 il trasformatore, dotato di due uscite, permetteva di alimentare il motore primario nel collegamento a cascata a una tensione leggermente superiore (1840 V invece di 1600) per compensare la minore coppia solitamente erogabile con questo collegamento: ovviamente questo non era mai stato possibile con le macchine a frequenza ferroviaria, prive di trasformatore.
La presa di corrente era con due trolley ad archetto, sistema Brown Boveri, utilizzato per la prima volta sulle locomotive svizzere del Sempione Fb 3/5 (364-365) e diventato di serie su tutte le macchine FS a partire dal 1910.
Facevano eccezione:
Salvo che per i trolley a rulli, si tenevano sempre in presa entrambi i trolley o pantografi.
Trolley articolato tipo Brown Boveri, montato su tutte le macchine trifasi a frequenza ferroviaria, a partire dalla 364 del Sempione (1906), e con la sola esclusione delle E.432. Montato anche sulle E.570 a frequenza industriale. |
Erano dotate di riscaldamento a vapore con caldaia a nafta: alcune E.551, tutte le E.333 e le E.554.
Erano dotate di riscaldamento elettrico REC (applicato dal dopoguerra): tutte le E.331, E.332, E.432 e 14 E.431.
Negli altri casi era necessario utilizzare un carro riscaldatore tradizionale a vapore.
Unità dotate di comando multiplo, anni 1957-65, 47 unità:
Il comando multiplo permetteva ad un unico macchinista di pilotare due locomotive accoppiate in doppia trazione, per trainare i treni più pesanti.
Il vincolo tecnico che ha condizionato maggiormente l'introduzione a posteriori di sistemi di comando multiplo era il comando meccanico del reostato, che era evidentemente impossibile azionare dalla cabina dell'unità accoppiata. I sistemi di comando multiplo hanno pertanto portato l'intero reostato sull'unità accoppiata (sistema Bolzano) oppure hanno dovuto sostituire il comando meccanico con uno "telecomandabile" (nella fattispecie: pneumatico, sistema Ligure).
Sistemi di comando multiplo:
Il comando multiplo viene utilizzato fino al 1965, data di conversione in corrente continua della linea del Brennero.
La soppressione del comando multiplo non è stata dovuta a motivi tecnici, ma ad istanze sindacali e alla progressiva riduzione della rete a trazione trifase.
In assenza di comando multiplo - prima del 1957 e dopo il 1965 - occorreva un macchinista per ciascuna locomotiva (o meglio, una coppia di macchinisti, dato che non si utilizzava l'agente unico). Una terza locomotiva di spinta in coda - utilizzata sulle linee più acclivi - ha sempre richiesto il suo macchinista, dato che non è mai stato possibile portare il segnale di comando lungo tutto il treno.
Tutte le macchine a frequenza ferroviaria, dalle E.550 in poi, sono state dapprima nere (con telaio e ruote in rosso vagone) e poi, dal 1935 circa, in castano e Isabella. Alcune singole unità, in particolare E.551 ed E.432, sono arrivate nere fino agli anni '50 (ovviamente per esigenze di economia sulle riverniciature).
Le macchine precedenti le E.550, nonché le E.440 FAV e tutte quelle a frequenza industriale sono state soltanto nere (alcune a frequenza industriale potrebbero aver fatto in tempo ad essere colorate in castano e Isabella).
Gli spazzaneve Vnx 806 sono stati Isabella oppure grigi.
L'ultimo giorno di esercizio in trifase è stato il 25 maggio 1976. Negli ultimi mesi la Acqui-Asti era temporaneamente esercitata a trazione diesel e dunque era in esercizio trifase la sola linea Alessandria-S.Giuseppe; su questa linea un buon numero di treni viaggiatori era svolto con elettromotrici ALe 840 e rimorchiate bicorrenti Lebc 840, di modo che le macchine trifasi effettuavano soprattutto treni merci e una parte dei treni viaggiatori.
Unità ancora disponibili al maggio 1976: 30, di cui 17 in servizio:
Unità conservate in musei: 13 (11 in Italia e 2 all'estero), appartenenti a 9 gruppi.
I musei indicati in tabella sono:
Sono conservate in colorazione nera la E.333 e le macchine che hanno rivestito solo questa colorazione (E.430, E.440). Le altre sono in castano e Isabella.
Sono conservate o comunque esistenti anche alcune delle 13 unità spazzaneve Vnx 200 (E.550 smotorizzate). In particolare il Vnx 806.200 appartiene al Museo di Savigliano.
I grafici che compaiono in questa pagina sono disponibili anche come foglio Excel. Lo stesso file contiene anche una tabella con i dati elettrici (frequenza, numero di poli e di fasi) e meccanici (diametro ruote, rapporto di trasmissione) per ciascuna velocità di sincronismo.
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