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Di Vincenzo Congedo
Ex dirigente di FS, attualmente in pensione.
29 gennaio 2007
Tratto da www.lavoce.info che ne autorizza la libera riproduzione, purché sia citata la fonte.
Un appello a Mauro Moretti, da "ferroviere a ferroviere". Il risanamento dell'azienda può partire anche da una riflessione sulle norme di sicurezza, oggi molto restrittive. Tanto che la nuova tecnologia Scmt, che su di esse è tarata, ha prodotto un drastico calo della velocità commerciale e di conseguenza una diminuzione della capacità della rete. Con il ripristino della regole preesistenti al disastro del Pendolino la circolazione dei treni resterebbe altrettanto sicura, ma si potrebbe ottenere una riduzione del deficit di bilancio compresa tra il 16 e il 24 per cento.
Caro ingegner Moretti,
la Sua nomina ad amministratore delegato di Fs è stata accolta con grande giubilo per due motivi:
Su di Lei sono riposte le speranze di
tutti: un insuccesso sarebbe la fine e provocherebbe un tale scoramento
da far venir meno perfino la speranza che la ripresa delle Ferrovie sia possibile.
Lei
però è costretto ad affrontare e tentare di risolvere enormi problemi
di carattere strutturale, a cominciare dal deficit di bilancio che
potrebbe avvicinarsi ai 2 miliardi di euro a fine 2006.
In
qualità di ex dirigente, che ha ricoperto molteplici ruoli nelle
Ferrovie, ma soprattutto in qualità di appassionato sostenitore del
trasporto ferroviario, del quale continuo a studiare tutti i
micromeccanismi che lo rendono efficiente, vorrei suggerire a un
ferroviere - quale lei giustamente si vanta di essere - qualcosa che
potrebbe essere di aiuto. Spero che quanto mi accingo a esporre venga
preso in considerazione: è frutto di studi approfonditi, di esperienze
dirette e gradirei che Le suscitasse almeno un qualche ragionevole
dubbio sulla fondatezza di quanto di seguito esposto.
Norme sulla sicurezza e qualità del servizio
Il disastro del Pendolino avvenuto nel 1997 nella stazione di Piacenza costituisce l’"11 settembre" delle Ferrovie Italiane.
Infatti,
nonostante la magistratura abbia assolto con formula piena da ogni
addebito tutti coloro che erano stati rinviati a giudizio, alcuni
dirigenti addetti alla sicurezza hanno talmente appesantito le
norme per la circolazione dei treni (che peraltro erano in vigore da
più di 100 anni) che la nuova tecnologia Scmt (Sistema controllo marcia
treno), calibrata su tali norme restrittive, ha prodotto una
drastica riduzione della velocità commerciale dei treni (da un minimo
del 19 per cento a un massimo del 40 per cento), con la conseguente
riduzione della capacità della rete da un minimo del 20 a un massimo
del 40 per cento. Cosa questa che ha prodotto buona parte della caotica
situazione in cui si trova la circolazione dei treni, nonché una
cospicua porzione dei ritardi che si risolvono in una riduzione della
qualità del servizio e in un peggioramento di "immagine" della ferrovia
agli occhi dei clienti effettivi e potenziali.
Perciò i milioni di euro spesi nella tecnologia per la sicurezza e che dovevano, a maggior ragione, servire per incrementare la capacità della rete,
soprattutto nelle ore critiche, per migliorare l’offerta del servizio e
la sua qualità, sono finiti per ottenere il contrario! Ma quale impresa
investe i suoi capitali per avere un servizio peggiore? Lei sa
benissimo che alcune "regole" imposte alla marcia dei treni non hanno
alcun senso dal punto di vista della sicurezza. Coloro che impongono le
regole per la sicurezza non si attengono alle norme previste dai testi
di ingegneria, e, quadruplicando i margini, creano gli scompensi di cui
sopra.
Che senso ha la velocità di approccio al massimo a 30 Km/h almeno a 200 metri dal segnale quando un treno con la minima efficacia frenante è in grado di arrestarsi in 49 metri ? Che senso ha eguagliare le indicazioni del giallo lampeggiante a quello del giallo? Che senso ha imporre al macchinista la riduzione di velocità a 30 Km/h sugli scambi di ingresso in una stazione quando è disposta a giallo l’ala alta del candeliere o la luce alta del segnale a luci multiple? Che senso ha continuare la marcia a 30 Km/h quando il macchinista vede il successivo segnale disposto a via libera fin quando non lo ha superato? Che senso ha imporre il vincolo di velocità a 30 Km/h tutte le volte che il regolamento prevede la marcia a vista anche in condizioni ottimali di visibilità? Che senso ha costringere un treno a viaggiare a meno di 30 Km/h, quando, sulle linee con il Blocco automatico, con segnali concatenati, continua ad incontrare il segnale giallo, come accade nei nodi, quando viaggiando ad una velocità quasi doppia (circa 60 Km/h ) è in grado di arrestarsi nelle peggiori condizioni di efficacia frenante in meno di 200 metri?
Naturalmente nessuno si è mai preoccupato di calcolare i danni economici prodotti dalle nuove regole, che impongono limiti superiori, ma non impongono limiti inferiori alla velocità.
Mi spiegherò con un esempio: chi viaggia sotto il Tunnel del Monte
Bianco non può superare i 70 Km/h ma non può viaggiare a meno di 50
Km/h. Il macchinista, che non deve superare i 30 Km/h, non ha alcun
vincolo inferiore: gli è consentito viaggiare da 1 a 29 Km/h e poiché
il compenso è legato solo al tempo e non ai chilometri percorsi, lascio
immaginare quale interesse possa suscitare nel macchinista stesso
l’ottimizzazione della marcia del treno. Per fortuna sono pochi coloro
che ne approfittano.
Purtroppo, la richiesta di tracce di circolazione
da parte delle aziende di trasporto si concentra in alcune ore di
punta. Pertanto, ancorché la potenzialità media di certe linee non sia
esaurita, lo è certamente nelle ore di punta, quando "il mercato"
richiede più tracce. Ripristinare la normativa preesistente al disastro
del Pendolino non solo accrescerebbe di un 30 per cento la capacità
delle linee più impegnate (venendo perciò incontro alle esigenze della
clientela), non solo ne aumenterebbe la regolarità ma, con l’avvento
dell’Scmt, renderebbe più sicura di prima la circolazione e certamente
non meno sicura di quella attuale!
I risparmi possibili
Ma qual è il costo dell’attuale normativa o qual è il risparmio possibile?
Provo
a fare un calcolo, non avendo alcun dato relativo ai vari capitoli di
spesa di Rfi e di Trenitalia se non quello delle perdite complessive
(meno 116 milioni di euro per Rfi e meno 1.022 per Trenitalia per il
primo semestre 2006, come riportato da alcuni quotidiani). Si tratta
dunque di un calcolo largamente ipotetico e tuttavia indicativo delle
grandezze in gioco.
Se l’80 per cento dei costi è da attribuirsi
all’esercizio tanto per Rfi quanto per Trenitalia, e se ipotizziamo in
un 20-30 per cento il beneficio conseguibile (vuoi per la riduzione del
costo puro di gestione, essendo ridotti i tempi di percorrenza, vuoi
per il ricavo derivante dalla vendita di un maggior numero di tracce
nelle ore di punta), non siamo lontani dal vero se complessivamente si
indica una riduzione del deficit oscillante tra il 16 e il 24 per cento, cioè superiore di gran lunga a quanto si possa ottenere con qualunque altro tipo di economia.
Ingegner
Moretti, la prego di prendere in considerazione queste mie
osservazioni! Sono naturalmente disponibile a fornire qualunque
chiarimento (e ad essere smentito dai suoi esperti, se del caso), senza
alcun personale interesse se non quello di vedere sviluppato il
servizio ferroviario, al quale mi sento ancora particolarmente legato e
al quale ho dedicato 44 anni e 7 mesi della mia vita.
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