Scritto a febbraio 2015
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Varallo (VC)
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Alla fine anche la Novara - Varallo è stata chiusa, quattordicesima linea ferroviaria piemontese cancellata in quattro anni. Persino nel pieno boom automobilistico degli anni '60 nessuno era riuscito a tanto. "Per una ragione di equità": sembra una frase impossibile, ma è stato detto proprio così - parole esatte - dal nuovo Assessore di Centrosinistra(!) della Regione Piemonte.
Ad agosto 2014, quando ancora si sperava in un minimo di lungimiranza in più, mi era stato chiesto in un forum ferroviario di riassumere la vicenda, evidenziando una possibile via d'uscita. Come già nel 2012, è chiaro che se la Regione non vuole più spendere neppure quello che sta spendendo, non esistono vie d'uscita realistiche. Nondimeno, avevo cercato di impostare il discorso sul "salvare il salvabile", basandomi su quattro semplici punti:
Questo ragionamento sintetico impiegava quattro righe, ed era spiegato "come se avessi due anni". La versione lunga, riscritta dopo l'avvenuta chiusura, è quella che segue.
La linea di Varallo, fino all'estate 2013, aveva un servizio decoroso, che riusciva a fornire una valida risposta alla mobilità studentesca e lavorativa (oltre che, entro certi limiti, a un uso turistico), ma che per fare ciò, richiedeva necessariamente l'uso di quattro materiali, cioè quattro automotrici e relative coppie macchinista-capotreno.
Infatti, soprattutto nella fascia di punta del mattino, per sua natura più concentrata di quella della sera, richiedeva di poter disporre di un arrivo intorno alle 8 in tutti i poli della linea (Varallo, Romagnano, Borgosesia, Novara), cosa che risulta difficile ottenere con un numero minore di materiali, ed è certo impossibile con uno solo.
In tale situazione, l'utenza della linea - 960 persone al giorno, dato della stessa Regione - era sostanzialmente paragonabile a quella di molte altre linee secondarie in giro per l'Italia e, rimanendo in Piemonte, si collocava grosso modo allo stesso livello delle altre due linee che non avrebbero assolutamente meritato la chiusura, cioè la Santhià-Arona e la Pinerolo-Torre Pellice.
Va anche sottolineato che nella primavera-estate 2013 venne attuata da Trenitalia la ben nota politica delle soppressioni reiterate e casuali (dettagli) già praticata l'anno precedente su tutte le linee chiuse a giugno 2012. E' evidente che tale strategia, davvero difficile da considerare in buona fede, ha un pesantissimo effetto disincentivante sull'uso del treno, in quanto rende del tutto aleatoria la sua disponibilità. Non dovrebbe sfuggire il fatto che nella seconda metà di luglio 2013, quando venne decisa la temporanea "salvezza politica" della linea, le soppressioni casuali scomparvero pressoché del tutto.
A settembre 2013, anziché chiudere la linea, si mise in pratica un nuovo orario basato sull'uso di un'unica automotrice. Nella sua versione iniziale, il servizio garantiva uno pseudo cadenzamento di 3-4 ore ma non "centrava" alcun orario né lavorativo né studentesco. Benché il cadenzamento sia una cosa auspicabile, la frequenza in questione lo rendeva del tutto irrilevante.
Successivamente vennero apportati alcuni correttivi che cercavano di dare un minimo di utilità al servizio. In particolare, per gestire almeno il pendolarismo su Novara con orari decenti, si dovette introdurre una coppia di corse al mattino presto e alla sera tardi che sono sostanzialmente degli invii a vuoto (ma pagati a prezzo pieno dalla Regione). Quindi il numero di corse effettive dell'orario 2014 non era 8 ma più realisticamente 6, un quantitativo estremamente basso, che rende davvero difficile raggiungere una soglia accettabile di efficienza.
Va anche osservato che tutte le proposte di orario formulate dai comitati pendolari, anche in ipotesi di minimizzazione delle percorrenze, richiedevano la presenza di due automotrici, a riprova del fatto che un turno costruito con un'unica automotrice non è in grado di offrire un servizio accettabile.
E' importante evidenziare che il costo per la Regione non dipende dalle automotrici in turno (è corretto che sia così, dal momento che l'organizzazione pratica del servizio è in capo all'azienda e non all'ente regolatore). Di conseguenza, a pari percorrenze, il risparmio dall'utilizzare un'unica automotrice resta tutto in capo a Trenitalia.
Detto in altre parole, con l'orario di settembre 2013, che ha circa dimezzato le percorrenze e ridotto a un quarto il numero di materiali e personale, la Regione ha "risparmiato" circa la metà del costo, Trenitalia ha risparmiato (almeno approssimativamente) il 75% del suo costo.
Sempre parlando in termini qualitativi, per quanto detto sopra, l'utilità dell'orario è stata anch'essa ridotta del 75%. Come si vede in molti casi simili, il "risparmio" della spesa regionale comporta una sensibile extra-inefficienza del sistema nel suo complesso.
E infatti che cosa è successo ai viaggiatori? Ancora una volta ci vengono in soccorso le parole ufficiali dei politici regionali, che con inquietante nonchalance, dicono cose vergognosamente drammatiche (cfr. il secondo articolo qui sotto): "Prima della sperimentazione che ha visto i treni dimezzati[!!] si avevano 900 utenti al giorno, quando abbiamo chiuso eravamo a meno di 200". Ecco il passaggio finale: la Regione ha dimezzato i suoi costi, i viaggiatori sono crollati dell'80%. E' la riprova dell'inefficienza e viene superata quella soglia minima oltre la quale si può solo andare verso la chiusura. Ma, qui come altrove in giro per l'Italia, come si fa a non pensare che la riduzione del servizio sotto la soglia minima non sia stata scientemente perseguita?
Infine qualsiasi responsabile del Bilancio regionale potrà facilmente verificare che il risparmio complessivo delle chiusure del 2012 - stimato dalla stessa Regione indicativamente in 15 milioni annui - è stato del tutto risibile rispetto al budget totale della Regione, tanto è vero che la situazione finanziaria è oggi peggiore di quella del 2012.
La ferrovia viene chiusa "per ragioni di equità", siccome era l'unica sopravvissuta al massacro precedente. Se non fosse riportato tra virgolette sul giornale, probabilmente non ci crederemmo, ma è stato detto proprio così. Ai mistici e miracolosi tram-bus mini-treni dedico qualche cenno nell'ultimo paragrafo. |
Il Presidente regionale dichiara che il deficit vale almeno 2,5 miliardi di euro. Il risparmio conseguito chiudendo la Novara-Varallo è inferiore a 2 milioni e mezzo all'anno: un millesimo del deficit. Per dimezzare il buco non basterebbe nemmeno chiudere l'intero TPL piemontese, ferrovie e autolinee insieme, che valgono all'incirca 575 milioni all'anno. O forse sarebbe bastato essere un po' più onesti prima, tutti quanti? Per la cronaca (a parte tutte le considerazioni sul riparto del Fondo TPL) se il Piemonte mette per il TPL "100 milioni in più di quelli che ci dà lo Stato", la Lombardia ne mette 450. E' forse un altro mondo? E perché mai lo sarebbe? |
Arrivati all'estate 2014 che cosa sarebbe stato possibile fare?
Se si voleva garantire un servizio accettabile alla linea Novara-Varallo, paragonabile a quello che nel frattempo la stessa Regione ha saputo fornire alle altre linee rimaste aperte, sarebbe stato necessario ritornare ad un orario che utilizzasse 2, 3 o 4 automotrici in turno. L'aumento di costo per la Regione sarebbe stato pressoché trascurabile a livello di contratto nel suo complesso e l'utenza così soddisfabile sarebbe diventata sostanzialmente paragonabile a quella presente sulle altre linee minori rimaste aperte (servizi regionali Novara-Chivasso, Fossano-Limone, Alba-Bra, ecc.).
E' evidente che l'aumento di costo per Trenitalia sarebbe risultato maggiore, ma è stata piuttosto la sua forzata riduzione con l'orario di settembre 2013 ad essere anomala e ingiustificabile: l'impossibilità di ridurre il numero di turni oltre un certo livello fa parte delle caratteristiche intrinseche di ogni servizio di TPL, di cui le aziende sono ovviamente consapevoli.
Se invece si fosse ritenuto impossibile alcun ripristino di servizi nelle condizioni economiche attuali, sarebbe stato possibile mantenere almeno il servizio esistente. E' del tutto evidente che tale servizio, per tutte le ragioni indicate, risultava intrinsecamente inefficiente e (parzialmente) inefficace ma il suo mantenimento "fino a tempi migliori" avrebbe avuto almeno il vantaggio di garantire la conservazione dell'infrastruttura ferroviaria.
Si è infatti osservato che la sospensione del servizio comporta un rapido decadimento dell'infrastruttura, il cui eventuale futuro ripristino comporterebbe costi via via crescenti. Già oggi, a due anni di distanza, la larga maggioranza delle linee piemontesi chiuse nel 2012 non sarebbe immediatamente riattivabile a costo zero, e anzi si può osservare come sulle linee che avevano utenza maggiore (come la Santhià-Arona) il gestore dell'infrastruttura - con singolare solerzia - ha provveduto di propria iniziativa allo smontaggio di alcune parti, tipicamente le sbarre dei passaggi a livello, rendendone di fatto molto più costoso (e dunque remoto) un possibile riutilizzo.
Ovviamente nulla di tutto questo è stato fatto, e il 15 settembre 2014 la Novara-Varallo è stata chiusa, segnando ancora una sconfitta per tutti i cittadini italiani e per una Regione sempre più allo sbando.
All'inizio del 2015 risulta ancora in esercizio il merci settimanale per Romagnano ed è stato annunciato un programma di treni turistici per Varallo a partire da giugno, a cura della Fondazione FS. Ma di servizio regolare, al di là di fantasie più o meno remote, nessuno parla più.
Romagnano, una domenica di settembre 2013. Dopo la chiusura della Santhià-Arona e l'orario dimezzato della Novara-Varallo, il teleindicatore di stazione mostra un unico treno. Nonostante il servizio sia ridotto a livelli tanto infimi, più di 50 viaggiatori usano questo treno per arrivare a Novara, verosimilmente pendolari del week-end che devono raggiungere le proprie mete lavorative. Era anche per questi viaggiatori che sarebbe stato intelligente e un minimo lungimirante mantenere il servizio, almeno in attesa di tempi migliori. |
Si aggiungono alcune osservazioni a margine.
Con riferimento ai tempi di percorrenza, va evidenziato che il treno, pur non particolarmente veloce, era del tutto competitivo con l'auto, in particolare sul percorso completo Novara-Varallo. Era facilmente dimostrabile che un'auto che partisse da Varallo nella fascia di punta del mattino, pur percorrendo tutte le tangenziali disponibili, rispettando i limiti di velocità e i numerosi autovelox presenti, arrivava a Novara pressoché contemporaneamente al treno (verificato di persona il 1° agosto 2013, quindi in una data certo non soggetta a un rilevante traffico pendolare).
E' evidente che in queste condizioni il servizio bus, che deve effettuare tutte le fermate e transitare per tutti i paesi, rappresenta un sensibile peggioramento rispetto al treno per quanto riguarda il tempo di viaggio (almeno 25 minuti in più d'orario, più l'eventuale congestione).
Va anche aggiunto che è prassi comune in questa Regione e in molte altre non prevedere alcun servizio bus nei giorni festivi. E' interessante notare come la corsa residua Varallo-Novara della domenica pomeriggio trasportasse soprattutto "pendolari del weekend" risiedenti in valle, che raggiungevano Novara e da qui le proprie destinazioni lavorative, tanto che l'unica novità della linea bus, dopo la soppressione del treno, è stata l'aggiunta di una coppia di corse festive, che rappresentano peraltro l'unico servizio di TPL circolante la domenica tra Novara e Varallo.
In alcuni dibattiti pubblici, la parte politica piemontese ha anche sottolineato la gravosità del contratto di servizio con Trenitalia, facendo un confronto con quello lombardo con Trenord, che sarebbe apparso sensibilmente più economico. In proposito va sottolineato che il corrispettivo del contratto Trenord è inferiore a quello medio a catalogo Trenitalia per alcune precise ragioni economiche (oltre che, evidentemente, a seguito di una corretta e serrata negoziazione tra le parti): infatti su tutta la rete Ferrovienord non è previsto il pagamento del pedaggio (la rete è sussidiata direttamente da Regione in altro contratto) e di conseguenza questo non incide nel contratto Trenord. Inoltre la Regione ha investito direttamente nello scorso decennio circa un miliardo di euro in nuovo materiale rotabile. Di conseguenza il contratto Trenord non è gravato dalle corrispondenti quote di ammortamento, in quanto già finanziate da Regione in conto capitale.
Tenendo conto di questi fattori, il costo unitario del servizio appare paragonabile. Quello che cambia è naturalmente il costo totale, dato che il livello di produzione in Lombardia è nettamente superiore ed è andato crescendo circa del 50% nello scorso decennio.
Infine obiettività e realismo impongono di mettere in guardia rispetto a qualsiasi espressione tipo "tram treno", "bus su rotaia" e simili, che la parte politica ha più volte citato in occasione della chiusura della linea, come ipotetico strumento per ridurre i costi e quindi - forse un giorno - poter ripristinare il servizio. Nella larghissima maggioranza dei casi questi termini corrispondono a concetti del tutto astratti, o non applicabili alla realtà italiana, o che non comporterebbero alcuna economia gestionale. Anche a volerle intendere negli usi positivi che si riscontrano in nazioni più avanzate, esse si traducono non in risparmi, ma nella necessità di maggiori investimenti e costi di gestione, per il semplice fatto che presuppongono un servizio ben maggiore di quello (minimo) di cui si sta parlando.