Scritto a maggio 2013
Riferimento normativo: Legge 24 dicembre 2012, n. 228 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)", Art. 1, Comma 301 - Trasporto pubblico locale
Eravamo rimasti alle 17 leggi e accordi sul Trasporto Pubblico Locale, comparse dal 2010 al 2012, quelle che "Lo Stato peggio che da noi, solo l'Uganda". Ebbene: siamo arrivati all'ultimo atto, il 18°. La Legge di stabilità (quella che fino a qualche anno fa si chiamava Legge Finanziaria) ha ripreso quel nefasto Art. 16-bis che già avevamo individuato come un passo importante verso l'emarginazione della ferrovia, ne ha confermato le regole, e ha legato i soldi a tali regole.
Dal 2013 le risorse per il TPL - sia per le autolinee, sia per la ferrovia - sono infatti in massima parte ri-statalizzate all'interno di un nuovo Fondo unico. Statalizzarle è un bene o un male? Come sempre dipende da come lo si fa, dagli obiettivi che ci si pone, e anche dall'onestà intellettuale con cui si opera. Proviamo a raccontare come è stato fatto.
Contenuto:
La Legge di Stabilità contiene modifiche importanti per il TPL. Il comma 301 riscrive integralmente l'art. 16-bis della legge di conversione della Spending Review dell'agosto 2012 (DL 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla L 7 agosto 2012, n. 135).
In estrema sintesi, per le 15 regioni a statuto ordinario:
L'art. 16-bis richiede un numero considerevole di atti successivi, il che sicuramente non agevola la sua messa in pratica, bella o brutta che sia.
Ad oggi, con la pubblicazione del DPCM del comma 3, tutte le Regioni hanno 4 mesi per definire il "piano di riprogrammazione" che dovrebbe tagliare gli sprechi (o ammazzare quanto resta della ferrovia, a seconda dei punti di vista).
Comma | Atti conseguenti | Stato ad oggi (5/7/2013) |
1 | 31/1/2013: DPCM per stabilire l'aliquota dell'accisa. | Non pubblicato. Esiste bozza del 13/2/2013. |
3 | 31/1/2013: DPCM previa Intesa con la Conferenza Unificata, per stabilire i criteri e le modalità di riparto, sulla base dei punti a) b) c) d) e). | DPCM 11/3/2013 pubblicato il 26/6/2013. |
4 | 4 mesi dal DPCM del comma 3 (quindi 26/10/2013): adozione di piano di riprogrammazione dei servizi. 180 giorni dal DPCM (quindi 23/12/2013): eseguita la riprogrammazione con "sostituzione delle modalità di trasporto diseconomiche". |
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5 | 30/6 di ogni anno: Decreto MIT-MEF sentita la conferenza unificata, per il riparto del Fondo, previa verifica degli effetti del piano di riprogrammazione. In particolare, anno 2013: riparto sulla base del DPCM del comma 3, previa adozione del piano di riprogrammazione del comma 4 (dato che non possono ancora esistere "effetti" della riprogrammazione). |
Esiste bozza del 14/6/2013 che quantifica il Fondo complessivo e stabilisce gli importi della seconda tranche (40%) |
6 | Nelle more del Decreto del comma 5, Decreto MEF-MIT sentita la Conferenza unificata per erogare anticipazione del 60% del Fondo, salvo successivo conguaglio. Erogazione mensile. |
Emesso il decreto prot. n. 0007024 del 25/2/2013 per l'anticipazione del 60%, che sancisce il riparto tra le Regioni. |
7 | Semestralmente dal 1/1/2013: trasmissione dati all'Osservatorio. Decreto MIT-MEF-Interno per stabilire modalità di certificazione dei dati. |
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9 | DPCM previa intesa Conferenza unificata per stabilire le contromisure in caso di squilibrio economico di una Regione. |
Il nuovo Fondo vale complessivamente 4,9 miliardi di euro, mentre il TPL (ferro+gomma) richiede a livello nazionale circa 6,3 - 6,6 miliardi di euro, sempre riferito alle 15 regioni a statuto ordinario.
Questo significa che il Fondo, per come è stato definito, non comprende l'intero finanziamento del TPL italiano, ma una sua sottoparte: grosso modo l'intera quota Trenitalia + ferrovie regionali e poco più di metà del TPL gomma.
Pare che i redattori del testo di legge non fossero consapevoli di questa situazione; credevano cioè di aver incluso tutto il TPL, e si sono resi conto della mancanza di circa 1,4 miliardi solo a iter già avanzato. Questo può essere almeno in parte giustificato tenendo conto che la larga parte del TPL gomma è fiscalizzato da oltre 15 anni (abolizione Fondo Nazionale Trasporti, 1/1/1996) e quindi è oggettivamente complesso "inseguire" nelle uscite dal bilancio statale l'uso di risorse che sono nella disponibilità autonoma delle Regioni da così tanto tempo.
E' evidente che la sostituzione di alcune entrate precedenti con il nuovo Fondo non cancella la necessità delle Regioni di mantenere in vita la restante quota di finanziamenti (che rimangono quindi autonomi, come lo erano già dal 1996), quantificabili in almeno 1,4 miliardi di euro.
Tali finanziamenti sono verosimilmente legati a entrate Irap e, in misura molto variabile da Regione a Regione, al cosiddetto Fondo Perequativo, vale a dire un fondo che era stato creato a seguito dell'introduzione delle accise sui carburanti quale fonte di finanziamento regionale, per limitare le "perdite" delle Regioni (sostanzialmente al Sud) che avevano poche entrate dalle accise.
Nelle Regioni del Sud, mediamente la somma di Fondo TPL + Fondo perequativo eccede il fabbisogno del TPL e quindi è verosimile che una parte delle risorse inizialmente destinate al TPL (vecchio Fondo Nazionale Trasporti) fossero già state destinate ad altro, con percentuale crescente negli ultimi anni post-tagli.
Nelle regioni del Nord (e in particolare in Lombardia) il Fondo perequativo ha importo trascurabile e quindi il TPL richiede anche cospicue risorse autonome. In tutti questi casi la rassicurazione del comma 8 ("il Fondo TPL è utilizzabile solo per il TPL") appare abbastanza irrilevante, al limite del beffardo, in quanto nulla dice sulle altre risorse regionali comunque necessarie per pagare il TPL.
Peraltro alcune Regioni hanno già ribadito che non utilizzeranno risorse regionali aggiuntive, oltre a quelle del Fondo, per pagare il TPL ferro+gomma. Purtroppo non stupisce che la prima Regione a confermare questa scelta sia stato proprio il Piemonte, che già ne aveva fatto il cavallo di battaglia nella primavera 2012 (slide e articolo). Nel caso del Piemonte, usando solo il nuovo Fondo senza null'altro risulterebbe un buco di qualcosa come 100 M€ su 600.
In sintesi, la creazione di un Fondo "incompleto" si configura come un elemento di ambiguità e quindi di pericolo sulle sorti del TPL.
Un altro elemento ambiguo è legato a chi si assume il "rischio" dell'eventuale riduzione del gettito delle accise (a causa del minor consumo di benzina e carburanti). Il testo del DPCM del comma 1 che dovrebbe essere definitivo, non "blindando" a un importo fisso il valore totale del Fondo (come avevano chiesto le Regioni), di fatto carica il rischio sulle Regioni.
Infine esiste naturalmente il ben noto pericolo della visione "antiferroviaria" dei criteri a, b, c, d, e contenuti nella legge, anche se questo, almeno inizialmente, dovrebbe incidere all'atto pratico in misura relativamente modesta (10%, cfr. sotto).
In tabella si elencano le voci che costituiscono il Fondo. La quantificazione non è indicata in Legge ma nella relativa relazione illustrativa. L'abbondanza di riferimenti normativi rende l'idea di una genesi molto composita del nuovo Fondo. Questa di per sé non sarebbe una cosa negativa, purché però ci fosse qualche altro valore aggiunto nell'essersi inventati il Fondo; se questo non è, come ci sembra, tanto valeva tenersi le fonti di finanziamento distinte!
Quantificaz. relazione illustrativa | Descrizione e leggi | Commenti | Valore RL oggi |
1135 M€ nel 2013 1157 M€ nel 2014 1093 M€ dal 2015 |
Precedente Fondo TPL, rispettivamente:
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Per precedenti tagli al bilancio statale (non documentati) il valore effettivo a bilancio è inferiore al valore formale di 1200 M€ | 170 M€ |
465 M€ nel 2013 443 M€ nel 2014 507 M€ dal 2015 |
Risorse nuove | I valori indicati portano alla cifra costante di 1600 M€/anno complessivi con il Fondo attuale | 65 M€ (pari a 227 M€ complessivi) |
1748 M€ da Tab. 1 + 242 M€ da comma 298 |
Compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio, art. 1, commi 295-299, della legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008) e relativa Tabella 1: 1748 M€ e cioè:
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Il valore dichiarato per il comma 298 (242 M€) è abbastanza coerente con quanto già noto (255 M€) | 314 M€ da Tab. 1 + circa 42 M€ da comma 298 |
1338 M€ (1388 M€ totali a cui detrarre circa 50 M€ per il Servizio Sanitario) |
Compartecipazione al gettito dell'accisa sulla benzina, art. 3, comma 12, della legge 549 del 1995 (il DLgs 68/2011 ne aveva già previsto la trasformazione in addizionale IRPEF dal 2013) Corrisponde a una parte dell'ex Fondo Nazionale Trasporti |
Il valore dell'ex Fondo Naz. Trasporti è stimabile in circa 3000 M€, da un minimo di 2830 (slide Asstra) a un massimo di 3130 (ricognizione delle regioni aggiornata al 2006). La quota restante è quindi la parte "incompleta" del Fondo che rimane a carico delle Regioni. |
FNT stimabile in circa 506 M€ Quota RL dei 1338: 266 M€. |
TOTALE 4929 M€ | - | Includendo tutto il FNT dovrebbero essere circa 6590 M€ | 1087 M€ includendo tutta la quota FNT. Altrimenti 771 |
Nell'indicare i criteri con cui effettuare il riparto tra le Regioni (lettere a, b, c, d, e del comma 3, rimaste identiche all'art. 16-bis precedente), è evidente che il testo di legge si proponeva di dar luogo a un riparto del tutto nuovo, che non fosse più legato al "valore storico", cioè agli importi consolidati degli addendi che sono andati a costituire il Fondo.
In realtà, nei primi due mesi del 2013, le cose sono andate in maniera radicalmente diversa. Nessuno (nel Ministero e di conseguenza alle Regioni) ha mai messo in discussione la conferma del riparto storico per tre dei quattro addendi, che da soli fanno il 66% del Fondo, e cioè:
Si noti che la tabella 1 è essa stessa la somma di riparti differenti: le ferrovie regionali (ex art. 8) ripetono il riparto del DPCM 16/11/2000 (del tutto analogo a quello corrispondente di Trenitalia e, come quest'ultimo, ormai superato a causa dei 13 anni trascorsi); le quote CCNL Autoferro seguono logiche proprie, e infine risulta francamente molto difficile capire la distribuzione degli altri sotto-addendi (tutti i dettagli sulle voci della Finanziaria 2008).
Addirittura il riparto dell'accisa sulla benzina sembra essere semplicemente la riproposizione dello stanziamento nel bilancio dello Stato per il 2010, quindi un valore del tutto contingente.
Il dibattito tra le Regioni si è invece concentrato - con toni molto accesi - su un unico addendo, e cioè la quota Trenitalia (1600 M€). Si noti peraltro che in termini puramente formali, da nessuna parte è scritto che si trattava di risorse per Trenitalia (è il famoso Fondo per il TPL "virgola anche ferroviario").
In sostanza le regioni particolarmente penalizzate dal riparto storico del 2000 hanno cercato di portare avanti la logica necessità di rivedere il riparto, in quanto sembrava fuorviante (oltre che al di là del buon senso) riproporre nel 2013 un riparto vecchio di 13-14 anni.
Va ricordato che il riparto del 2000 era la "fotografia" dei servizi del 1999, ma era anche una fotografia abbastanza intelligente, nel senso che il corrispettivo attribuito a ciascuna Regione non era direttamente proporzionale ai trenikm ma era figlio di un'analisi economica, seppure semplificata e basata sulla contabilità in parte parametrica di Trenitalia: chi aveva treni "ricchi" (con più viaggiatori) aveva un corrispettivo unitario (euro/km) proporzionalmente minore e viceversa.
In mancanza di analisi economiche aggiornate (persino semplificate) l'unica proposta di revisione immediatamente applicabile era quella basata o sulla produzione aggiornata (trenikm) o sull'attuale valore dei contratti a catalogo Trenitalia (che per inciso era uno dei criteri della "premialità" del 2011, L 220/2010; gli altri tre sarebbero invece apparsi ancora più inaccettabili e conflittuali).
Tuttavia, visti i chiari di luna dell'ultimo triennio, le Regioni che potevano guadagnarci da una revisione del riparto si riducevano a quattro soltanto: la Lombardia, che ha una produzione attuale circa una volta e mezzo quella del 2000, la Toscana, che pure ha sviluppato nuovi servizi (anche se, al contrario della Lombardia, ha poi sensibilmente rallentato il ritmo), il Veneto (in base ai dati dichiarati, anche se non risulta chiarissimo se con fondamento), e infine l'Emilia, che nel riparto del 2000 era la regione più "svantaggiata" (ma perché allora aveva il primato dei treni più ricchi di viaggiatori!).
Tolto l'Assessore toscano, che dormiva sonni beati e quello del Veneto, mai pervenuto, rimanevano due sole Regioni a favore di una revisione del riparto.
Come è finita?
Inizialmente è stato proposto di usare un riparto aggiornato per 490 M€ (indicativamente il 10% del Fondo complessivo) e il riparto Trenitalia storico dell'anno 2000 per i restanti 1110 M€ dei 1600.
Alla fine l'unica cosa che si è riusciti ad ottenere è il riparto nuovo per appena 160 M€ e quello storico per i restanti 1440. Per questi 160 M€ è stato usato il valore dei contratti Trenitalia a catalogo del 2010 (quindi una cosa ancora "soft", perché non include l'effetto dei tagli degli anni successivi!).
Il risultato (cfr. tabelle Excel) è al limite del trascurabile, perché si è modificato il riparto del 10% dei soli 1600 M€, ovviamente confermando tutti gli altri addendi, per i quali, come detto sopra, non si è nemmeno posto il problema della fondatezza o meno, con buona pace dei principi della stessa Legge!
La Lombardia, che resta comunque la più avvantaggiata, guadagna appena 4 milioni in più, sulla propria quota totale del Fondo di circa 850 milioni: lo 0,5%, a prezzo di un conflitto estremo e al limite del ridicolo con tutte le altre regioni. Peraltro nel report della Conferenza Unificata del 7/2/2013 esiste la promessa di alzare la quota con il nuovo riparto da 160 a 490 M€ dal 2014: vedremo l'anno prossimo se si manterrà la promessa.
Va rimarcato che tutte le altre Regioni (Piemonte in primis) hanno sostenuto l'assoluta necessità di confermare il riparto del 2000 - anche se nel frattempo avevano già chiuso intere linee - "proprio perché comunque abbiamo già dovuto tagliare i servizi". Una posizione concettualmente debolissima e ben oltre il confine della decenza, ma tant'è.
Nel caso della Lombardia, dato che il budget del TPL lombardo è di circa 1200 milioni, almeno 350 milioni (1200 meno gli 850 del Fondo) continueranno ad essere forniti come risorse autonome. Il Bilancio regionale 2013 era ovviamente già coperto e la nascita del Fondo si traduce tecnicamente in un cambio della fonte in entrata per alcune voci, a pari importo totale, con la sola aggiunta dei 4 milioni in più, che vengono "guadagnati" dal Servizio Ferroviario Regionale.
Il DPCM del comma 3 sui criteri di riparto è stato presentato in bozza a febbraio ma solo a giugno 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Esso indica i criteri di "premialità" (rapporto ricavi/costi, load factor, ecc.) che tuttavia influenzano solo il 10% delle risorse, a partire dal 2014 (con percentuale crescente negli anni successivi). In sostanza:
Riguardo ai criteri di premialità, alla fine si riducono a due soli: l'incremento del rapporto ricavi/costi del 2% annuo per chi è sotto il limite minimo di legge del 35% (il mantenimento per chi è già sopra) e l'incremento dei viaggiatori almeno del 2,5% annuo. Quest'ultimo criterio è quanto mai singolare, perché sarebbe quello più ovvio in un mondo normale in cui si creda davvero nell'utilità del trasporto pubblico, ma in un contesto di tagli e di dismissione quale quello italiano ci si domanda come esso potrà mai essere perseguito. In effetti il Ministero caldeggiava fortemente l'incremento del carico medio (viaggiatori/posti), che è un tipico indicatore da sistema in declino (significa in sostanza stipare di più i viaggiatori su pochi treni e sacrificare tutti i servizi al di fuori di quelli nella punta). Ma siccome il carico medio non è per niente un indicatore adatto a un sistema di trasporto cadenzato per l'intera giornata, quale ad esempio quello lombardo, stavolta al carico medio ... è andata male!
Che cosa concludere, dunque?
In realtà ad oggi (luglio 2013) non si riesce proprio a immaginare come andrà a finire. Le ferrovie continuano a cadere sotto la scure del disinteresse, dell'incuria e dell'incapacità di progettare il futuro (Vercelli-Casale, Avezzano-Roccasecca, Campobasso-Benevento, ...).
Ma ci si domanda quale miglioramento reale possa venire da un "piano di riprogrammazione" che ha tutti i presupposti per invogliare solo a un ulteriore giro di vite. E suona singolare come lo stesso Piano sia pensato dal Ministero come una specie di panacea, come se davvero fosse possibile predisporre a tavolino, in 4 mesi (e poi mettere in pratica nei due mesi successivi!) una ricetta capace di aumentare i ricavi, su scala regionale, in modo pressoché istantaneo, già dall'anno seguente. Ah, ovviamente parliamo di aumentare i ricavi perché non si è certo mai visto un passo nella direzione di ridurre realmente i costi di produzione, magari con qualche intervento un po' coraggioso. Men che meno lo si è visto dal Ministero e da tutti i suoi "satelliti" (ANSF, URSF, Ustif eccetera) che sembrano aver fatto della burocrazia fine a se stessa e della difesa dello status quo monopolistico il loro credo più evidente.