Scritto a luglio 2013
Queste otto domande sono comparse a giugno 2013 sul settimanale La Guida della provincia di Cuneo, all'interno di un articolo a favore della ferrovia, a firma di Luigi Urru. Ritenendole di interesse generale, ho pensato utile riproporle anche qui, ringraziando nel contempo l'autore dell'articolo, per lo spazio che mi ha dedicato.
Almeno in parte sì: lo Stato ha tagliato il complesso dei soldi che affluivano alle Regioni per gli usi più svariati; a loro volta le Regioni hanno dovuto "compensare" tagliando anche il TPL (che evidentemente non percepivano come una reale priorità).
Inoltre la confusione, l'incertezza, i ritardi, i continui cambiamenti delle norme (tutte cose che non erano necessarie se si fossero voluti semplicemente tagliare gli sprechi) hanno avuto un ruolo negativo fondamentale: tra il 2010 e il 2012 sono usciti ben 17 provvedimenti normativi statali riguardanti il TPL! La Legge di stabilità 2013 che ha ri-centralizzato le risorse all'interno del nuovo Fondo unico statale è stata quindi il 18°.
Per l'incapacità della programmazione regionale di vedere un vero progetto di servizio, e perché ha un bilancio totalmente allo sbando, artificiosamente costruito sulla stima di crediti passati, che verosimilmente non incasseranno mai, ed entrate future altrettanto incerte. Da quanto si apprende da documenti dell'opposizione, le spese 2013, anziché essere correttamente coperte dalle entrate 2013, sono coperte in buona parte da (fittizie) entrate degli anni fino al 2012 e dal 2014: una situazione contabilmente insostenibile. Dove siano però realmente finiti tutti i soldi è veramente difficile capirlo.
Peraltro il Piemonte, per conformazione storica e geografica, ha una situazione ferroviaria oggettivamente complessa. Ma tagli significativi alle ferrovie sono stati fatti persino da Regioni come la Liguria, che, disponendo quasi esclusivamente di linee principali ottimamente frequentate, avevano un rapporto ricavi/costi al vertice della classifica nazionale.
Sì. A costi minori è impossibile costruire un servizio migliore. Al più si potranno "limitare i danni". Dato che si tratta di un servizio sussidiato, se voglio far crescere il servizio, devo prima di tutto investire risorse pubbliche. Solo così aumenteranno i viaggiatori e poi anche i ricavi da traffico. Ma se arriva una Regione che dice "non voglio più spendere nemmeno quello che spendo oggi" (come disse il Piemonte nel 2012) non c'è alternativa. Si può solo chiudere.
No, non esiste praticamente in nessuna parte del mondo. Per definizione il trasporto pubblico richiede risorse pubbliche. Poi è ovvio che ci siano linee a traffico intenso che "sostengono" linee a traffico minore. Se si volessero rendere autosufficienti le prime, eliminando il sussidio, si condannerebbero tutte le altre.
Un servizio per tutti i cittadini, enormemente sicuro, molto efficiente (se ben progettato), comodo, ecologico e senza stress. Tutte cose che si dicono fin troppo spesso, ma che, grazie al cielo, sono proprio vere.
Costruendo un sistema ordinato di servizi, di facile lettura, con tariffe semplici che competano con l'auto soprattutto quando ci si muove in tanti: ad esempio i bambini non devono mai pagare se viaggiano insieme ai genitori (come già accade in Lombardia dal 2011).
Poi si dovrà accettare anche qualche corsa un po' più vuota, per esempio nelle ore serali, perché la garanzia di un treno sempre disponibile per tutto l'arco della giornata è l'unico modo per convincere i cittadini ad usarlo. Solo così si riesce ad espandere il mercato del TPL oltre i "pendolari classici", che già usano il treno e che difficilmente riusciranno a produrre un incremento significativo di utenza.
In 10 anni la Lombardia ha aumentato di una volta e mezza i treni circolanti, ma soprattutto ha costruito un sistema ordinato di relazioni e coincidenze, con orari cadenzati, frequenza costante, nuove stazioni. Così il numero di viaggiatori, sulle linee potenziate, è raddoppiato o triplicato. Addirittura nei festivi sulla Milano-Novara si è passati da 1000 a 11.000 utenti al giorno, segno evidente che quando il TPL esiste, gli utenti lo usano.
E in Lombardia si ha anche l'unico caso italiano degli ultimi 30 anni di un servizio di trasporto pubblico soppresso per incuria dell'azienda che lo gestiva, e riaperto 6 mesi dopo, a seguito dell'"insurrezione" degli utenti che lo utilizzavano: la tranvia interurbana Milano-Limbiate è stata chiusa a maggio 2012 perché l'ATM da tempo ne aveva trascurato la manutenzione (con l'evidente retropensiero di portarla all'estinzione) e, una volta riparata, è stata riaperta nel successivo ottobre.
Il cadenzamento degli orari è un passaggio doveroso ovunque. Ma purché non sia utilizzato per ridurre le frequenze e l'arco di servizio (orario primo/ultimo treno), come è stato fin qui applicato in alcune Regioni, tra cui proprio il Piemonte a dicembre 2012. Altrimenti sarebbe l'esempio di un orario ben fatto (giusto) ma costruito senza investire (sbagliato).
Con un servizio progressivamente in crescita, come quello lombardo, anche il "peso relativo" delle linee a scarso traffico diventa inferiore, ragionevole. Quanto più faccio crescere i servizi forti, tanto più sono accettabili le perdite su quelli deboli, proprio perché diventano percentualmente meno rilevanti.
La Ceva-Ormea, chiusa dalla Regione Piemonte a giugno 2012, costava meno di un milione l'anno. E' una cifra che al cittadino può sembrare eccessiva, ma sono l'equivalente di appena 20 stipendi, in un bacino di circa 10.000 abitanti. Non possiamo permetterci di pagare 20 ferrovieri su 10.000 persone?
Di fronte a oggettivi problemi di efficienza del servizio ferroviario, alcune Regioni hanno avuto un'unica risposta: chiudere! Non ci sono finanziamenti? Chiudiamo la linea. Non ci sono viaggiatori? Chiudiamo la linea. La galleria è pericolante? Chiudiamo la linea. Serve manutenzione straordinaria? Chiudiamo la linea. Così sono capaci tutti. Invece, i problemi si affrontano: le gallerie pericolanti si riparano, ai viaggiatori si fanno proposte allettanti, i finanziamenti si cercano.
Ovviamente no. Se il TPL funziona bene, è esso stesso un importante supporto all'alta velocità. Purché questa non si fossilizzi sui servizi da primato, come il Milano-Roma in tre ore, che sono solo una nicchia ridotta delle sue vere potenzialità. Qualcosa si sta facendo (come ad esempio i nuovi servizi AV Milano-Ancona) e la concorrenza sta giocando il suo ruolo, ma ha anche prodotto un surplus di offerta, tutto concentrato sull'asse principale. Oggi tra Milano e Roma abbiamo un servizio che potremmo definire "quadruplo": treni che fermano e treni non stop, Frecce e Italo. E' fin troppo ricco, specie se confrontato con la situazione media del resto del Paese. Ma è solo grazie al trasporto regionale che, per esempio, anche chi arriva da Como, Varese o Bergamo ha a disposizione almeno un treno ogni ora per andare a Roma.