Scritto ad agosto 2011
Contenuto
E' possibile prendere un'azienda di trasporto pubblico, una che era alla pari con le migliori europee, efficiente, in grado di dare un servizio veramente competitivo, e nel giro di due anni trasformare una larga fetta di quel servizio - principalmente quella tranviaria - in un disastro totale? Ebbene sì. Questa è l'ATM di Milano, i suoi tram, al principio del 2011.
Forse alcuni si ricorderanno i treni LEGO in cui i vagoni si agganciavano mediante due calamite, rosse e blu. Ovviamente se si tentava di unire due calamite dello stesso colore, i poli uguali si respingevano e i vagoni "scappavano indietro". Da qualche tempo, i tram di Milano sembrano avere di quelle calamite, perché non si avvicinano mai l'uno con l'altro: per non "scappare indietro", devono fermarsi ciascuno a una certa distanza da quello che lo precede. E' una cosa soltanto buffa? O più idiota che buffa? O magari addirittura una vera iattura per il trasporto pubblico milanese? Vediamo.
Intorno al 2008-2009 si è verificata una serie di incidenti tranviari, tamponamenti fra tram, scontri laterali dovuti all'errato instradamento ad uno scambio, e così via. Non abbiamo dati per verificare se davvero il tasso di incidentalità sia aumentato, ma sappiamo che, in un clima giornalistico in cui premia solo il catastrofismo, questi incidenti hanno avuto ampia eco sulla stampa.
Che cosa si poteva fare? Qualcuno con un po' di sale in zucca avrebbe cercato di capire se c'era un problema di manutenzione dei binari, se la formazione dei conducenti era stata adeguata, in quali casi la colpa era solo del traffico privato, che letteralmente attanaglia ogni mezzo, e così via.
Che cosa invece è stato fatto? Con un ordine di servizio, si è imposto a tutti i manovratori di "non accostarsi", cioè di mantenere una distanza di sicurezza di alcuni metri tra ogni tram e il successivo. Come dire: se i tram stanno lontani, è più improbabile che riescano a tamponarsi.
Facciamo solo un breve e mesto cenno ad altre "idee" che si sono avute con il medesimo fine. Alcune al puro livello di farneticazione: ad esempio quella che - come in un gioco della Settimana Enigmistica - ipotizzava di ridisegnare i percorsi tranviari in modo che non si intersecassero mai, o quanto meno non avessero mai svolte a sinistra rispetto a un altro percorso. Altre arrivate addirittura allo stato di studio sperimentale, come quella che prevedeva di disattivare uno dei quattro motori delle vetture a carrelli per ridurre velocità e accelerazione: vetture costruite nel 1929-30, allora all'avanguardia, e ancora oggi una pietra miliare di buona progettazione e di autentico design, ma che ovviamente non hanno prestazioni particolarmente esaltanti, se confrontate con un moderno azionamento elettronico. L'ultima cosa che sarebbe dovuta venire in mente era di penalizzarle di proposito! E come se l'obiettivo di andare più piano fosse di per sé la garanzia che gli incidenti venissero ridotti. Certo che un tram (o un treno) fermo, è difficile che faccia incidenti...
Torniamo al divieto di accosto e ai suoi effetti pratici: il primo è che è pressoché impossibile per due tram superare un semaforo durante lo stesso ciclo di verde; quando il secondo si è messo in moto, dalla sua posizione arretrata, il semaforo è già sicuramente giallo. Anche perché i semafori milanesi, lungi dall'essere comandati dai tram, offrono sempre cicli di verde a sfavore dei mezzi pubblici. Il verde della corsia preferenziale tranviaria è infatti sempre più corto del verde della corrispondente corsia stradale, col brillante risultato di perdere gran parte del vantaggio della marcia in sede propria. Tutto questo si combina con la disposizione di numerose fermate dopo il semaforo, anziché prima (una disposizione che è intelligente se il tram "chiama" il verde, ma che diventa fallimentare con semafori a ciclo fisso): l'effetto, che mostriamo nelle immagini, è che un tram può impiegare anche tre o quattro cicli semaforici per fare una fermata.
Infine il corollario del divieto di accosto è che al secondo tram è vietato effettuare la fermata quando già la sta facendo il primo, anche quando in banchina ci sarebbe tutto lo spazio che serve. Oltre all'ulteriore perdita di tempo, questo si traduce nell'impossibilità per il viaggiatore di "saltare sul tram davanti": una situazione che, sulla rete milanese, era particolarmente ricorrente e comoda all'utente.
Tram come calamite - piccola rassegna degli orrori |
Tre tram in coda che non possono avvicinarsi. Nonostante quello che si potrebbe supporre, al momento della foto tutti e tre i tram erano rigorosamente fermi. La 4900 più a sinistra era ferma al semaforo, la vettura a carrelli e l'altra 4900 erano ferme "a distanza di sicurezza" in attesa del loro turno.
|
La fase successiva. Pochi (o meglio: tanti) secondi dopo, la prima 4900 ha superato il semaforo, la vettura successiva sta aspettando un nuovo verde e la terza è ferma più indietro. Anche senza il divieto di accosto era già difficile che due vetture superassero questo semaforo durante lo stesso verde, a causa dei tempi semaforici che favoriscono sempre le auto; con il divieto, diventa impossibile. Tenendo conto che la fermata è a valle del semaforo, la terza vettura è costretta a fare quattro soste per superare un incrocio: due in coda, una al semaforo, una in fermata. Una situazione semplicemente catastrofica.
|
Un altro caso. Un altro caso, nello stesso posto: cambiano le vetture, ma sono sempre tre, a dimostrazione che tutta la trafila è una situazione assolutamente ricorrente (non sono stato ad aspettarla: tutte queste foto sono state scattate al volo, mentre passavo in bici).
|
Divieto di accosto. In centro - Cordusio, via Orefici, via Dante - i tram sono stati spesso accusati di bloccare la circolazione, a causa delle lunghe dimensioni dei Jumbo (o più verosimilmente dei cicli semaforici mal studiati, che non ne facilitano lo scorrimento...). E' chiaro che il divieto di accosto, rallentando ulteriormente la marcia, dà il colpo di grazia alla congestione di queste vie, persino nel caso illustrato, in cui le due vetture viaggiano in corsia preferenziale.
|
Divieto di fermata in seconda posizione. Ultimo ma non meno importante, c'è il divieto di effettuare la fermata "in seconda posizione": benché ci sia spazio più che a sufficienza, il Sirio non si può avvicinare alla 4800 che sta effettuando la fermata, e rimane in disparte in attesa del suo turno.
|
Un altro caso. Anche in questa immagine la vettura del 2 è costretta a bloccarsi in mezzo alla strada, mentre il Sirio effettua la fermata. Un motociclista è riuscito a sorpassare il tram fermo, ma questo non è possibile per le macchine alle sue spalle. In casi come questi, senza sede riservata, le auto subiscono l'effetto del rallentamento dei tram: sicuramente questo contribuisce a generare nell'opinione pubblica la sensazione che i tram siano un disturbo al traffico.
|
Il secondo tram non apre le porte. Come nei casi precedenti, il tranviere della foto, alla guida del 12, è fermo a porte chiuse in attesa che il 14 davanti riparta. Così nessun passeggero che ne avesse bisogno riesce a "saltare" sul tram davanti e, ovviamente, occorrono due cicli semaforici per lasciare la fermata.
|
Ho incluso quest'ultima foto perché in quel caso ho anche condotto un piccolo "esperimento". Dopo una quarantina di secondi in cui vari viaggiatori si accalcavano alle porte, inesorabilmente chiuse, mi sono messo a sbraitare: "Ma allora, che cosa diavolo sta aspettando per farci scendere!?", per vedere l'effetto che faceva. Devo dire che sono rimasto colpito dalla serietà e professionalità del tranviere, che non ha reagito alla mia provocazione (ovviamente fittizia, ma non poteva saperlo) e ha risposto con assoluta pacatezza che un ordine del Presidente di ATM aveva espressamente vietato di aprire le porte in quella situazione. Era la riprova di quello di cui ero già quasi certo: tutta la questione delle "calamite" arriva direttamente dall'incapacità dei massimi vertici aziendali. A questo punto mi sono scusato con il tranviere per la mia (simulata) irruenza e sono finalmente sceso.
Se il divieto di accosto ha sensibilmente ridotto la velocità di marcia dei tram, i tagli al servizio, abbattendo le frequenze, e quindi aumentando i tempi di attesa, hanno ulteriormente peggiorato i tempi totali di spostamento. Quanto i tagli siano effettivamente legittimati dalla riduzione delle risorse pubbliche, è sempre arduo dirlo: il caso intricato e ambiguo delle risorse per il trasporto ferroviario regionale invita al dubbio e alla prudenza di giudizio. Qui importa sottolineare che il taglio c'è stato, ed è stato forte, sia alle frequenze, sia a intere linee. Ancora una volta questa era l'ultima cosa di cui c'era bisogno in un contesto metropolitano ad elevata mobilità come quello milanese.
In particolare, dall'8 novembre 2010, un forte ridimensionamento ha interessato la rete tranviaria di Milano. Sono state completamente abbandonate le tratte Procaccini-Cacciatori delle Alpi (linea 7), piazzale Segesta-piazza Axum (16), via Domodossola (19). E' stata inoltre totalmente soppressa la circonvallazione 29/30, sostituita in parte dal 9 e in parte da un nuovo bus 37.
Le modifiche vengono giustificate con i lavori per la nuova linea 5 della metropolitana, che hanno causato anche (lunghe) sostituzioni temporanee con autobus sul 12 e 14. La linea 5, come ogni linea metropolitana, è sicuramente un'opera utile e interessante. In verità, tuttavia, nel caso specifico il suo stesso tracciato desta qualche perplessità: nel primo tratto, da Milano Porta Garibaldi verso nord, sotto il viale Zara - Fulvio Testi, ricalca pari pari il percorso della metrotranvia di Cinisello, inaugurata a fine 2008, ed è altresì parallelo alla ferrovia Milano-Monza, già servita da tre Linee S (S7, S8, S11). Nel secondo tratto, da Garibaldi a San Siro, segue un percorso tangenziale, il cui successo di pubblico è sicuramente meno scontato che non per i percorsi radiali delle metropolitane fin qui realizzate. Si noti che anche il Passante Ferroviario segue un percorso tangenziale e la sua funzione urbana è ancora relativamente modesta, salvo per destinazioni specifiche particolarmente favorevoli, come il polo universitario della Bovisa. Del resto, se storicamente i percorsi tangenziali erano in realtà circolari (filovia 90/91, tram 29/30 e bus, già filovia, 96/97, per non parlare dei vari Ring stranieri, come quello di Berlino) forse un motivo ci sarà stato...
In ogni caso lascia perplessi la scelta di un depotenziamento così massiccio: la soppressione di molte corse e la sostituzione dei capienti tram con bus comporta lunghe attese ed elevato affollamento. E non può sfuggire come il nuovo schema della rete diminuisca gli interscambi fra le linee e in molti casi allunghi i percorsi, rendendo necessari molteplici trasbordi. Inoltre i bus sostitutivi non possono utilizzare varie corsie preferenziali tranviarie: questo risulta particolarmente vero per la 37, che ha rimpiazzato la storica linea di circonvallazione, peggiorandone pesantemente il servizio. Se si somma il tutto alla regola vista sopra della "distanza di sicurezza" tra due tram accodati, la paura fondata è che tutte queste scelte rendano il mezzo pubblico sempre meno efficiente e competitivo.
C'era una volta il tram... |
Il risultato del bus sostitutivo. Da novembre 2010, la linea di circonvallazione 29/30, esistente dalla nascita della rete milanese, è definitivamente abolita e sostituita in parte dal tram 9, in maggior parte dal nuovo bus 37. La "scusa" sono stati i lavori per la nuova linea metropolitana 5, che già dal 2007 avevano reso necessario un "collegamento" effettuato con bus, e qui fotografato. Ma come può competere un autobus in mezzo a un traffico simile? Con tempi interminabili anche per fare poche decine di metri?
|
Accanto alla corsia preferenziale del tram. Non si dimentichi che il tram godeva di una completa corsia riservata. Questa nello specifico è stata anch'essa demolita nel 2011 al procedere dei lavori per la metropolitana 5, ma in molti altri casi, per come si è storicamente evoluta la rete milanese, passare dal tram al bus, provvisorio o definitivo che sia, significa rinunciare anche alla sede riservata e infilarsi in pieno nel traffico.
|
Nei primi anni '90, completata la linea 3 della metropolitana, ne furono subito evidenti alcuni limiti: i viaggiatori erano inizialmente scarsi, al di sotto delle previsioni e delle altre linee (a distanza di 20 anni, per fortuna, possiamo dire che oggi l'utenza è più che soddisfacente), ma soprattutto risaltò una realizzazione faraonica, "inutilmente lussuosa", che non era difficile mettere in relazione con il generale clima di corruzione, che in quegli stessi anni la magistratura stava clamorosamente rilevando. Fu anche per questo che, piuttosto che sulle metropolitane tradizionali, ci si orientò verso qualcosa di più soft, che prese il nome di metrotranvia, intendendo un mezzo flessibile ed economico come un tram, ma capace di offrire prestazioni (quasi) da metropolitana.
Purtroppo, le realizzazioni pratiche (Metrotranvia Nord verso Niguarda, linea 4 e Metrotranvia Sud verso Rozzano, linea 15) rivelarono che il nome era più che altro un eufemismo: le linee erano tranviarie a tutti gli effetti, e le velocità commerciali drasticamente basse. Probabilmente il record venne toccato con la metrotranvia di Cinisello, linea 31, aperta a fine 2008. Circa 40 minuti per fare 8.5 km, alla irrisoria velocità di 13 km/h: irrisoria perché praticamente tutta la linea è in sede propria.
Questo fu proprio il limite delle metrotranvie: un grande equivoco progettuale; si pensò infatti che l'unico requisito necessario per "assomigliare a una metropolitana" fosse la protezione longitudinale, cioè il marciare su corsia riservata. Venne assolutamente trascurata la protezione trasversale, cioè l'uso di semafori che dessero automaticamente il verde al tram, i cosiddetti "semafori asserviti". Paradossalmente, il primo requisito esaltò la mancanza del secondo; il caso dell'attraversamento di Niguarda della linea 4 è emblematico in tal senso: per stare in sede propria, su una viabilità "contorta" e mal pianificata, fu necessario passare continuamente da un lato all'altro della strada, o alla corsia centrale. Il risultato fu un proliferare di semafori (non asserviti), che, per non penalizzare il traffico automobilistico, vennero tutti realizzati con un ciclo estremamente sfavorevole al tram: praticamente impossibile trovarli verdi, e il tram si trova ad essere "sempre fermo". Già solo per partire dal capolinea di Parco Nord - completamente di nuova progettazione! - il tram deve aspettare il proprio verde per decine di secondi.
Più o meno lo stesso risultato si osserva nell'attraversamento di Cinisello del 31, anche qui una selva di semafori; questa linea, caratterizzata dai lunghi rettifili tra il Viale Testi e Cinisello, è ulteriormente penalizzata da un'altra ciliegina: la limitazione di velocità a 50 km/h dei tram Sirio, imposta per i consueti "motivi di sicurezza"(!) e capace di "azzoppare" anche il mezzo più prestante. Ricordiamo per confronto che fino a pochi anni fa era abituale sfiorare i 60 km/h con le vetture 4900 verso Gratasoglio, mentre i Bloccati interurbani, di cui parleremo nel prossimo capitolo, correvano senza problemi tra i 60 e i 70 km/h.
Quasi superfluo dire che il terzo aspetto delle metrotranvie "vere", come le si costruiscono all'estero, e cioè il passaggio in sotterraneo per i (brevi) tratti più congestionati, non venne neanche preso in considerazione. Unica eccezione, il sottopasso della ferrovia a Greco Pirelli, lungo la metrotranvia 7: una realizzazione quasi faraonica - 700 m di tunnel - per un risultato d'esercizio che lascia comunque molti dubbi: ancora per motivi di sicurezza, per tutto il tunnel si è imposta la velocità massima di 20 km/h(!) e inizialmente era persino presente un semaforo (oggi inattivo) che impediva l'accesso contemporaneo di due tram nella galleria, esercitandola di fatto come se fosse a binario unico!
E' chiaro che con risultati simili, sotto gli occhi rassegnati degli utenti, l'unica conclusione che si poté trarre fu: "mai più metrotranvie"; e, come inevitabile corollario: "meglio ancora se si fanno fuori anche i tram".
In realtà i tram negli ultimi anni sono stati oggetto di un attacco senza precedenti, che ne ha ipotizzato senza mezzi termini la graduale ma progressiva eliminazione. Stendiamo un velo pietoso sul livello culturale di alcuni di questi paladini, che quando erano sindaci, passarono alla storia più per essersi fatti fotografare in mutande (sic) che non per le presunte qualità di statisti.
Sicuramente un ruolo fondamentale, nel generare questo sentimento antitranviario, lo ha giocato il pesante insuccesso delle metrotranvie, di cui abbiamo detto, e il conseguente ritorno alla progettazione di metropolitane pesanti. Che anche le metropolitane siano indispensabili è fuori discussione, ma in analogia con quanto successo sulla rete ferroviaria negli stessi anni, appare tutt'altro che accademico il dubbio che il criterio che abbia guidato tali scelte sia stato "più è pesante, più costa".
Basta tram! |
"Se si rompono è un disastro, rimangono bloccati nel traffico": serve commentare?
|
"Delle vere barriere per il traffico", "il percorso è inevitabile: le rotaie devono andare sottoterra", "la tendenza per le metropoli è quella di far sparire le rotaie". Noi faremmo sparire qualcun altro; sottoterra o altrove, non ci fa troppa differenza.
|
Cattive notizie, nella seconda metà del 2010, sono arrivate anche per le due tranvie interurbane superstiti, la Milano-Desio e la Milano-Varedo-Limbiate: entrambe queste linee, rimaste le ultime della rete interurbana milanese sin dalla chiusura della Milano-Vimercate (1980), erano già state penalizzate nel 1999, quando il capolinea di via Valtellina, già semi-periferico, era stato arretrato a Niguarda Parco Nord per la prima e ad Affori per la seconda: due collocazioni assai più scomode da raggiungere con i mezzi urbani.
Dal 25 ottobre 2010 forti limitazioni di velocità hanno interessato la linea di Desio: a causa del cattivo stato di conservazione del binario, è stata imposta la velocità massima di 25 km/h su tutta la linea e sono stati introdotti ulteriori rallentamenti estremamente drastici su buona parte del percorso, a 15, 10 e addirittura 5 km/h, meno che a passo d'uomo. Si tenga presente che i Bloccati, vale a dire le composizioni in servizio sulla rete interurbana, non avevano alcuna difficoltà a superare i 50-60 km/h. La cosa non stupisce se pensiamo che i Bloccati serie 800, ricostruiti negli anni '60 per le Linee Celeri dell'Adda, derivano dalle motrici serie 130-139 della Milano-Monza di fine anni '30: le più potenti motrici tranviarie interurbane mai realizzate in Italia, all'apice della parabola evolutiva di questo mezzo di trasporto.
Una simile riduzione di velocità, applicata a una linea a semplice binario, prima ancora che dal lato commerciale, ha avuto effetti critici dal punto di vista dell'esercizio, in quanto ha aumentato le necessità di incrocio e ha fatto sì che le sedi di incrocio (ovviamente immutate) non "collimassero" più con i nuovi tempi di percorrenza. Il risultato è che quasi sempre ai due incroci di Nova e Cusano uno dei due tram arriva con largo anticipo e, pur con l'incrociante puntuale, deve sostare lungamente, peggiorando ancora la velocità commerciale.
Per poter conservare il numero totale di corse, alcune di esse sono state trasformate in autobus, con l'inesorabile risultato di incolonnarsi sulla trafficata provinciale Valassina. In questo modo l'utente può scegliere, per così dire, se viaggiare ridicolmente a passo d'uomo su una totalmente sgombra sede propria tranviaria (tra l'altro con gli unici semafori "asserviti" della rete milanese!) oppure viaggiare altrettanto a passo d'uomo sulla Valassina, congestionata pressoché a qualsiasi ora di qualsiasi giorno. Di sicuro dopo un viaggio a 5 km/h, anche il più affezionato utente del tram finirà per invocare la sostituzione con bus, probabilmente andando così incontro alle speranze non troppo velate dell'azienda.
La cosa che fa ancora più rabbia è che persino in queste condizioni il tram resta competitivo rispetto all'auto, almeno nelle tratte senza incroci. Basta provare in una qualsiasi ora, anche di morbida, ad esempio partendo insieme da Nova: quasi certamente l'auto, invischiata nei sensi unici e nei semafori di Desio, arriverà al capolinea dopo il tram. Ovviamente quando ci sono di mezzo le soste per incrocio, enormemente dilatate come abbiamo detto sopra, andando di buona lena ci si impiega meno del tram persino in bici (anche questo è stato verificato personalmente).
Di sicuro lo stato dell'armamento è critico, risultato inevitabile di anni e anni di mancata cura, trascorsi nella speranza aziendale di riuscire un giorno o l'altro a "chiudere tutto". Dall'estate 2009, peraltro, il servizio era stato sospeso la domenica proprio "per consentire lavori di manutenzione", lavori che ci pare non siano mai avvenuti (ma la domenica continuano a esserci i bus, secondo la miglior tradizione italiana).
Tranvie interurbane: un patrimonio dilapidato |
Rallentamento a 15 km/h Sull'intera Milano-Desio a ottobre 2010 si è imposta la velocità massima, ridicolmente bassa, di 25 km/h, ma tutta la linea è costellata di rallentamenti ancora più drastici, come questo a 15 km/h.
|
Rallentamento a 10 e 5 km/h In quest'altro punto finisce il rallentamento a 10 ... e comincia quello a 5: una velocità talmente bassa che anche a piedi si è in grado di tenere il passo del tram (sperimentato personalmente nel riuscire a scattare due foto in successione proprio presso Cusano).
|
Tutti in coda. Accanto a un binario vuoto Un sabato qualunque, metà pomeriggio. La strada Nova-Desio è una coda ininterrotta di auto ferme. Accanto, un binario in sede propria. Rigorosamente vuoto. Solo ogni 40 minuti vi transita un tram, a passo d'uomo perché da tempo immemore non si è riusciti ad assicurare un minimo di manutenzione. Chi perde, in questa foto? Perde il tram, che partiva con il sensazionale vantaggio della sede propria e dei semafori asserviti, ma che è diventato totalmente incapace di offrire un servizio decente, per i due fondamentali aspetti della frequenza e della velocità. Ma perdono anche le auto, ferme e incolonnate in un traffico ingestibile (e se questo è il sabato, lasciamo immaginare l'ora di punta feriale...). Come già notavamo per la ferrovia di Imperia, una situazione in cui perdono tutti resta una sconfitta triste per ogni cittadino.
|
Il tram dentro la città Al sabato, la via centrale di Desio diventa una comoda isola pedonale. Il tram continua a passare al margine della strada. Un'immagine che a noi pare di pacifica e proficua coesistenza, e che pure in Italia è sostanzialmente rarissima: forse accade ormai solo qui. Con il progetto della metrotranvia, questa tratta sarà "ovviamente" abbandonata. Il tram passerà sulla via di circonvallazione, a ovest. E' vero che così potrà servire anche l'importante ospedale di Desio, eppure abbiamo l'impressione che ancora una volta si perderà un binario "nel posto giusto", là dove era comodo che fosse.
|
Il tram brutto e cattivo La costruzione della nuova metrotranvia appare qualcosa di encomiabile rispetto alla tradizionale ricetta italiana "chiudere e basta". L'ultima cosa di cui ci sarebbe bisogno è un'opposizione di base, cioè da parte dei cittadini. E invece ecco un eloquente titolo di giornale. Per cosa si "uniscono" tutti i cittadini? Ma è ovvio: per non avere binari tra i piedi! Nel caso specifico, il doppio binario, ovviamente indispensabile per garantire una frequenza elevata, viene visto come un inaccettabile consumo di spazio, a discapito di posti auto e funzioni commerciali. E' appena il caso di dire che il vagheggiato metrò, anche se sarebbe ottimale, semplicemente non è un'ipotesi realistica, su queste distanze e in questo contesto. La pessima pianificazione urbanistica e la conseguente assoluta mancanza di spazio, a differenza dei prolungamenti interurbani della M2, costringerebbero a un costosissimo percorso tutto sotterraneo. Peraltro forse è sfuggito ai "residenti" che sul loro territorio già esistono due cose molto simili al metrò: la S2/S4 sulla linea Ferrovienord per Seveso e la S9/S11 sulla linea FS per Chiasso.
|
Il comitato per il tram Anche se il minaccioso "No al doppio binario" attira ben più attenzione di chi prova a dire cose sensate, ci fa davvero piacere mostrare per contrappasso questo saggio volantino, che non occorre commentare, perché tutto quello che dice è corretto, condivisibile e di assoluto buon senso.
|
Una rete di autobus vuoti e inefficaci Fino al 1999, sopravviveva il breve tratto - meno di 1 km - da Cusano a Milanino, un tempo celebre "città giardino" di inizio secolo. Eliminate le corse barrate Milano-Milanino, che agivano anche come utile "rinforzo" sulla tratta bassa, la diramazione è rimasta lì inutilizzata, e subito riconvertita in parcheggio. Un autobus interurbano vi passa accanto, ovviamente modernissimo, ovviamente bloccato nel traffico, ovviamente vuoto. Tutte le volte che abbiamo provato a fare un confronto sul numero di viaggiatori, le tranvie interurbane ne sono uscite vincenti: c'è sempre qualcuno che le aspetta a ogni fermata, mentre tutta la rete di autobus interurbani rappresenta il grande fallimento della mobilità pubblica nell'hinterland milanese. Sconosciute ai più (al di fuori di ristrette nicchie di trasporto studenti), mal disegnate, con orari casuali o comodi solo all'impresa esercente, queste linee sono il segno evidente dell'insuccesso della messa a gara dello scorso decennio: semplicemente "trasparenti" ai cittadini, non vengono percepite come una reale alternativa di trasporto, mentre continuano ad assorbire ingenti quantità di sussidi pubblici e a sfornare stuoli di autobus nuovi di zecca. Anch'essi contribuiti con il 50% di risorse pubbliche. Ovviamente.
|
C'era una volta il tram In centro a Seregno, all'inizio dell'isola pedonale, è stato ricollocato questo breve spezzone di binario, a ricordo di una tranvia interurbana soppressa da decenni (la Monza-Giussano). Ecco dunque come ai cittadini piacciono i binari tranviari: come singolare elemento di arredo urbano, a metà tra il naïf e il retrò. Che tristezza, senza altre parole.
|
Sull'altra linea, la Limbiate, sono stati sì applicati alcuni rallentamenti, ma non così drastici né così estesi, di modo che la situazione resta ancora vagamente accettabile, e ferma restando la sostituzione con bus di domenica.
Va detto che per entrambe le linee si parla da anni di "riqualificazione". Per la Desio l'iter burocratico e progettuale è nettamente più avanzato, tanto che l'inizio dei lavori è già stato annunciato più volte. Come sempre in questi casi, il primo effetto della riqualificazione è... la soppressione del servizio attuale e la sostituzione con bus per almeno 2-3 anni; poi si spera di rivedere il tram. Nel caso specifico si tratta di una ricostruzione pressoché integrale, a doppio binario nella prima tratta e mantenendo il semplice binario nella successiva, ma nel contempo riattivando il percorso da Desio a Seregno, che l'attuale tranvia aveva abbandonato sin dal 1982.
Per la Limbiate ci si dovrebbe accontentare di una riqualificazione più leggera, anche se l'ultima novità dell'estate 2011 è il rischio di chiusura per la tratta finale Varedo-Limbiate. Tra l'altro, da aprile 2011 il prolungamento della M3 a Comasina, se da un lato ha comportato un ulteriore arretramento di circa 1 km del capolinea tranviario, dall'altro ha finalmente dotato la Limbiate di un interscambio urbano degno di questo nome. E' evidente che basterebbe davvero poco - sostanzialmente un buon aumento di frequenza - per offrire un nuovo servizio più che decoroso. Se ne parla per l'autunno 2011, vedremo.
Aggiornamento 11/2011: dal 1° ottobre 2011 la tranvia di Desio è stata definitivamente soppressa e sostituita da corse autobus (in verità più frequenti del tram e cadenzate, anche se ovviamente soggette a tutta la congestione stradale). Per essere sicuri che di tram proprio non si sentisse più parlare, nel giro di due giorni ampi tratti di binario sono stati prontamente asfaltati. I lavori della nuova metrotranvia non sono ancora partiti e nessuno è in grado di fare serie previsioni in proposito. La tranvia di Limbiate è invece ancora in esercizio, con orario immutato.
Aggiornamento 9/2012: La linea di Limbiate è stata chiusa con un colpo di mano a maggio 2012. Ma stavolta ai nemici del binario qualcosa sembra sia andato storto... Non appena si saprà con certezza chi ha vinto, il lettore troverà qui un racconto completo di questa vicenda, sicuramente molto interessante. Nel frattempo, quasi superfluo dire che nessun lavoro è cominciato sulla linea di Desio.
9/2013: il racconto completo Riapre il tram di Limbiate: un risultato di vera democrazia.
Con un'azienda forte come l'ATM, la politica tariffaria di tutta l'area suburbana milanese è sempre stata dominata dalle scelte commerciali della stessa ATM, e in particolare da una concezione "milanocentrica", che privilegiava gli spostamenti in ambito urbano. Anche tra questi, per lungo tempo, la politica tariffaria è stata particolarmente "statica": il titolo di abbonamento più venduto era il cosiddetto 2x6 (due corse al giorno per 6 giorni), pensato per un'utenza rigorosamente pendolare. Solo a partire dalla fine degli anni '90, il costo dell'abbonamento mensile (di libera circolazione) è stato progressivamente avvicinato al costo del 2x6, in modo da fidelizzare gli utenti in tutti i loro spostamenti, non solo quelli pendolari.
Per gli spostamenti interurbani, fin dagli anni '80 è in vigore il SITAM, un'integrazione tariffaria abbastanza ben funzionante, ma anche parecchio intricata per gli utenti (a causa di una zonizzazione contorta e parzialmente incongruente). Si dice inoltre che il riparto degli introiti sia sempre stato egemonizzato da ATM, risultando particolarmente sfavorevole alle altre aziende minori. E' notizia recente, mentre scriviamo, che la magistratura ne abbia trovate alcune che "arrotondavano" gli introiti, truccando i dati con la connivenza non disinteressata del potere politico provinciale.
Non ultimo, il SITAM non include le ferrovie. E' per questo motivo che, da almeno un decennio, un'integrazione tariffaria "vera" è tra gli obiettivi, ahimè mancati, di Regione Lombardia. Ad essere precisi, le ferrovie sono incluse solo nell'abbonamento settimanale d'area (quello denominato Area Piccola/Media/Grande): a detta di vari esperti, sarebbe bastato trovare un accordo per estendere la validità sulle ferrovie anche alle corrispondenti versioni mensili e giornaliere, e l'80% dell'integrazione tariffaria sarebbe stato bell'e fatto, senza neanche scomodare tessere elettroniche e affini...
Nel frattempo... la tecnologia avanza. Anche per contrastare un tasso di evasione particolarmente alto, ATM, negli anni Duemila, ha rinnovato il suo sistema di bigliettazione, introducendo il cosiddetto SBME, Sistema di Bigliettazione Magnetico Elettronica. In pratica i biglietti normali diventavano magnetici e gli abbonamenti venivano "caricati" su una tessera elettronica di tipo contactless (tessera Itinero). In questo modo il controllo ai tornelli della metropolitana diventava automatico, riducendo significativamente la possibilità di evasione; non così però su tutta la rete di superficie, dove l'SBME, nei confronti della (massiccia) evasione, è del tutto ininfluente, né potrebbe essere altrimenti.
Nell'idea di realizzare un sistema integrato, anche Trenitalia e LeNORD venivano "trascinate" dentro SBME. Purtroppo, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, la tecnologia non è una condizione sufficiente per l'integrazione tariffaria (e neppure necessaria, come insegnano le molte comunità tariffali tedesche, basate su semplicissimi biglietti di carta!). Il risultato è che, ancora a metà 2011 quando scriviamo, sulla tessera Itinero si possono sì caricare abbonamenti ferroviari e tranviari, ma rigorosamente distinti! E ad essere proprio pignoli, le tessere Itinero acquistate presso ATM non permettono di caricare abbonamenti ferroviari, mentre quelle acquistate da Trenitalia e LeNORD, identiche come hardware, non possono ricevere abbonamenti tranviari. Ah, LeNORD vende la sua tessera a 4 Euro, ATM a 10...
Convalidatrici per il gusto di un "bip" |
A bordo di tram e autobus, in aggiunta alle obliteratrici che accettano i biglietti magnetici, vengono messe anche queste convalidatrici destinate ai soli titoli elettronici, in massima parte abbonamenti. Qualcuno li usa, e vi avvicina la propria tessera abbonamento, facendo fare un bel bip e leggendo "Buon viaggio" sul display. Ma che senso ha questo? Ogni convalidatrice ha il suo costo, e far fare bip a un abbonamento di libera circolazione è quanto di più inutile possa esistere (dal momento che, diversamente dalla metropolitana, sul tram è ovvio che non c'è alcun tornello da aprire). E' vero che ATM ha introdotto su tessera elettronica alcuni titoli "a scalare", ma sono tali da giustificare una convalidatrice apposita, tenendo conto che quella normale (magnetica) accetta comunque anche le tessere? (l'utilità commerciale di titoli a scalare, rispetto agli abbonamenti di libera circolazione, è poi tutta da verificare ma questo è un altro discorso...).
|
Nessuna soluzione è stata finora trovata, nemmeno per singoli casi in cui sarebbe bastato l'uso del buon senso e la ricerca di un minimo di equità: quello più evidente riguarda gli interscambi di Sesto S. Giovanni e Rho Fiera, tra il servizio ferroviario e la metropolitana M1. Entrambe queste località sono classificate interurbane dal SITAM e quindi un viaggio Sesto - Milano richiede un abbonamento interurbano. Dal 2004 Regione Lombardia ha introdotto il titolo integrato TrenoMilano, che comprende un abbonamento ferroviario più la rete urbana di Milano. In questo modo è ad esempio possibile effettuare un viaggio in treno Magenta - Milano Porta Garibaldi, più uno in metropolitana. Per raggiungere molte zone della città, interscambiare a Rho Fiera (nell'esempio: Magenta - Rho Fiera più M1 verso Duomo) sarebbe di gran lunga più favorevole, ma per far questo TrenoMilano non basta, e occorrerebbe acquistare un ben più costoso abbonamento interurbano aggiuntivo Rho-Milano. Eppure con TrenoMilano l'utente ha già pagato l'accesso in treno a Milano e l'arrivo a destinazione in metropolitana. Perché il luogo di trasbordo dovrebbe influenzare la tariffa? E quanta inefficienza nel sistema viene generata dall'ovvia scelta dell'utente di trasbordare più scomodamente a Porta Garibaldi per non pagare un'altra volta ciò che in realtà ha già acquistato?
Rho Fiera e Sesto FS: l'interscambio negato |
A causa della posizione del "limite della tariffa urbana", l'interscambio dal treno alla M1 a Rho Fiera o Sesto FS richiederebbe il pagamento di un abbonamento interurbano della metropolitana, in aggiunta a quello ferroviario e urbano. Al contrario, un interscambio analogo ad Affori con la M3 è possibile senza supplementi, perché Affori ricade all'interno della tariffa urbana. In questo modo un viaggiatore per Milano che proviene da Novara, Monza o Lecco è svantaggiato rispetto a uno da Cusano o Seveso solo a causa del punto dove interscambia, non della sua destinazione.
|
Chi scrive conosce l'ATM e i suoi tram praticamente da quando è nato; si ricorda, magari un po' vagamente, delle ultime Carrello verdi che attraversavano Piazza Firenze, dotate di asta e di pantografo, nel periodo di transizione a metà degli anni '70. I tram hanno sempre fatto parte della mia vita. Credo che questo possa spiegare la sensazione mesta e triste ad assistere a tanto scempio, a tanto accanimento contro i tram milanesi. Proprio per questo, tuttavia, non faccio fatica a riconoscere le qualità dell'Azienda, e soprattutto dei suoi uomini, di chi lavora tutti i giorni e che, come in altre imprese ferroviarie, meriterebbe ben di meglio, a partire prima di tutto dai propri superiori.
L'ATM ha un bagaglio storico e culturale di primo livello, di cui essere orgogliosi. Anche qui ci sarebbe tanto da rammaricarsi, perché un'altra delle cose che stanno riuscendo particolarmente bene è proprio quella di dilapidare il patrimonio storico. Il confronto, ad esempio, con i tram restaurati e circolanti a Torino o con i musei tranviari esistenti in qualunque città europea, è quanto meno desolante.
Uno dei pochi esempi in cui l'Azienda ha saputo mostrare, in modo pieno e affascinante, ogni traccia della sua storia, è stato il week-end di "porte aperte" a ottobre 2010, che ha coinvolto buona parte dei depositi e officine, da Messina a Teodosio a Molise. E il successo di pubblico è stato oltre ogni aspettativa, anche perché erano anni e anni che non si aveva un appuntamento del genere. Fortunatamente, la manifestazione è stata riproposta a ottobre 2011 e non possiamo che augurarci che questo diventi un appuntamento regolare, ad esempio annuale.
L'Azienda svela storia e passione |
Durante le giornate di "porte aperte" a ottobre 2010, migliaia di persone, famiglie, bimbi visitano i depositi e le officine ATM. Operai e tecnici illustrano le lavorazioni, la manutenzione, la cura dei mezzi. La preparazione e anche la passione per il proprio lavoro sono evidenti e indubitabili, ma questo, se possibile, acuisce ancor più il disappunto e la tristezza per tutti i limiti e gli errori strategici che ci è toccato elencare.
|
Un altro aspetto positivo importante, che fa piacere sottolineare, è una politica commerciale e promozionale ben fatta nella forma e nella sostanza, come si vede dalle due vignette che riproduciamo.
Una politica tariffaria e promozionale intelligente |
Ad ATM si può forse rimproverare di essere arrivata con dieci o venti anni di ritardo, ma adesso possiamo dire con certezza che la sua politica tariffaria per le famiglie è del tutto in linea con gli standard europei ed offre probabilmente la migliore proposta in Italia. Dal 2008 infatti è stata (finalmente) superata la vecchia regola "bambini gratis fino a 1 m di altezza": ora fino a 5 anni non pagano mai; inoltre ogni adulto può trasportare gratuitamente fino a due bambini da 6 a 10 anni, e infine carrozzine e passeggini non pagano (in precedenza, almeno formalmente, occorreva un biglietto per bagaglio).
|
Sempre nel 2008 sono comparse alcune allegre e calzanti pubblicità che contrappongono con ironia il falso mito del mezzo privato a tram, bus e metro.
|
A luglio 2011, il nuovo sindaco di Milano ha deciso di rinnovare i massimi vertici dell'ATM. La risposta aziendale è stata il comunicato stampa che riproduciamo. In sostanza i vertici destituiti sostengono che si tratta di una decisione politica e non basata su criteri tecnici.
In questo articolo abbiamo provato a mostrare una serie di cose che non vanno (non vanno proprio per niente). Alcune sono frutto di anni di trascuratezza, come il lento degrado delle linee interurbane, altre sono in parte dovute a cattive scelte progettuali esterne all'azienda, come il magro risultato delle metrotranvie. Altre ancora, però, sembrano proprio legate a quest'ultima gestione, in primo luogo la questione dei rallentamenti, dei "tram con la calamita" e del depotenziamento della rete di superficie. Noi un'idea ce la siamo fatta. E crediamo di aver dato al lettore gli strumenti per farsene anch'esso una, qualunque essa sia, ma basata su esempi oggettivi e documentati. Insomma, sulle "uniche cose che contano".
Dal 1° settembre 2011, la nuova amministrazione comunale di Milano ha ritenuto di aumentare le tariffe urbane, ferme dal principio del 2002. In particolare il biglietto di corsa semplice è stato rincarato del 50% (da 1 Euro a 1.50) e analogamente il giornaliero (da 3 a 4.50). I settimanali sono cresciuti del 20% mentre i mensili sono rimasti bloccati a 30 euro (valore oggettivamente modesto, e che era forse quello che era più opportuno far crescere un po').
Che un aumento tariffario, se si deve fare, vada fatto all'inizio del mandato elettorale, lo si può comprendere. Ma se una nuova amministrazione, che ha basato tutta la propria credibilità sull'essere "un'altra cosa" rispetto ai propri predecessori, come prima azione nel campo del trasporto pubblico non riesce a trovare nulla di più brillante dell'aumentare i biglietti tout court... bah, qualche dubbio ci viene...
Aggiornamento 2/2015. Sono passati più di tre anni. Il lettore potrebbe domandarsi che cosa sia cambiato nel frattempo. Difficile fornire notizie rassicuranti:
La cosa paradossale è che un servizio inefficiente e inefficace rappresenta un sensibile aggravio di costi per il Comune che lo sussidia. Tanto per fare altri due esempi, a gennaio 2015 il tram 14 è rimasto deviato per circa due settimane per sostituire uno scambio in via Messina: un lavoro che sembrerebbe fattibile in un paio di sere. Dal 18 novembre 2014 il tram 12 è deviato da Via Mac Mahon per lavori di rifacimento dei binari, ma sono passati più di tre mesi e nessun lavoro è iniziato. Ogni deviazione comporta perdita di efficacia (per il giro più tortuoso) ma soprattutto maggiori costi, per dover mettere in campo il "collegamento" con bus. Come è possibile che nessuno abbia la capacità e la voglia di fare un po' meglio, non fosse altro che per risparmiare?