Scritto a luglio 2010
INDICE
Vedi anche i Riferimenti normativi.
In vari articoli su questo sito abbiamo trattato il tema della liberalizzazione dei servizi ferroviari, fin dall'ormai lontano 2004, in cui un capitolo del lungo articolo sulla Riforma delle ferrovie era proprio dedicato a quella che allora sembrava una prospettiva imminente: l'apertura del trasporto regionale alla concorrenza, mediante la competizione per il mercato, cioè le gare con cui le Regioni sceglievano l'impresa alla quale assegnare il mercato del proprio trasporto regionale. Questo tipo di concorrenza, pur blanda - in quanto ampiamente controllata e controllabile dalle Regioni stesse - in realtà non si è mai attuato, anche se è rimasto obbligatorio in Italia fino al 2009, anno in cui un insieme di leggi nazionali ha profondamente cambiato la materia.
Tuttavia il contesto normativo europeo, cui l'Italia è tenuta ad adeguarsi, è significativamente più vasto, e prevede anche l'altro tipo di concorrenza, quella nel mercato, in maniera del tutto simile a quanto si è già verificato nel trasporto aereo, in cui è di volta in volta il viaggiatore/cliente - e non la Regione/regolatore - a scegliere l'impresa a cui affidarsi.
L'Unione Europea ha gestito la liberalizzazione in modo progressivo, nel corso del decennio 2000-2010, mediante una serie di direttive, generalmente note come primo, secondo e terzo pacchetto ferroviario. E' grazie a queste direttive che abbiamo innanzitutto la separazione tra imprese ferroviarie e gestore dell'infrastruttura, propedeutica a qualsiasi tipo di liberalizzazione, e che anche in Italia una quota sempre più significativa del trasporto merci - intorno al 23% nel 2010 - è gestita da operatori diversi dal monopolista (più dettagli).
Tuttavia il recepimento delle direttive europee nella legislazione nazionale è un passaggio delicato, in cui ci siamo accorti - con una certa sorpresa e con non poca fatica - che la scelta di quali parti recepire, pur formalmente ineccepibile, può cambiare l'esito pratico dell'intero processo, anche aiutando a conservare il vantaggio competitivo del monopolista nazionale, come avremo modo di vedere fra poco.
Ma andiamo con ordine, dedicandoci prima di tutto a un ripasso della normativa, che è articolata e complessa. Chi scrive se ne è reso conto quando ha dovuto capirci qualcosa, in preparazione a un incontro con i responsabili dell'URSF, l'Ufficio di Regolazione dei Servizi Ferroviari, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Da quell'occasione sono nate le note che seguono, che ci auguriamo possano interessare anche il lettore.
Parte di questo paragrafo è una rielaborazione della relazione illustrativa ministeriale del decreto di recepimento della Direttiva 2007/58/CE (autunno 2009), che ci è parsa sufficientemente chiara e didattica.
In questi anni si sono succeduti almeno tre diversi pacchetti di direttive europee intese a sviluppare e migliorare il trasporto su ferro in Europa. Una delle ultime è la direttiva 2007/58/CE, che prosegue nella direzione volta ad estendere gradualmente il livello di liberalizzazione in Europa, aprendo nuovi settori al libero mercato.
L'Italia tuttavia aveva già da tempo proceduto a un'apertura più estesa del proprio mercato ferroviario: una scelta inizialmente coraggiosa, che ha dato i suoi frutti nel trasporto merci (il primo merci "liberalizzato" è stato effettuato da FN Cargo, oggi NORDCARGO, nel 2001), ma che è stata ahimè fallimentare nel trasporto regionale, in cui sono poi mancati tutti quei passaggi successivi che rendessero realmente praticabile la scelta iniziale (più dettagli).
L'apertura era stata gestita attraverso l'introduzione del titolo autorizzatorio, cioè di un ulteriore atto amministrativo, abbinato alla normale licenza europea, che estendeva l'accesso alla rete ferroviaria nazionale per l'espletamento di quei servizi "liberalizzati" non ancora previsti dalla Direttiva Europea, in particolare i servizi merci prima del 2006. Nel caso di imprese ferroviarie controllate da case-madri estere doveva valere una condizione di reciprocità: un'eventuale impresa italiana doveva poter svolgere i medesimi servizi nel paese estero da cui proveniva l'impresa alla quale era concesso il titolo autorizzatorio. Le licenze abbinate a titolo autorizzatorio sono anche dette licenze estese ("ai sensi dell'art. 131 della legge 388/2000", articolo non particolarmente esplicativo ma comunque disponibile nei riferimenti normativi). La maggior parte delle licenze emesse in Italia è di tipo esteso: 42 su 47 al gennaio 2010 (ricordiamo tuttavia che non tutte le imprese dotate di licenza svolgono poi servizi reali).
E' evidente che se, di volta in volta, le direttive europee estendono i casi di liberalizzazione, il titolo autorizzatorio diventa inutile, in quei casi, essendo automaticamente garantita la reciprocità nei paesi comunitari dalla applicazione stessa delle direttive.
Il processo storico della liberalizzazione ferroviaria in Europa può essere così riassunto:
La maggiore novità introdotta dall'ultima direttiva, la 2007/58/CE, è dunque quella di permettere alle imprese dotate di licenza di poter effettuare servizi internazionali di passeggeri, senza l'obbligo dell'associazione di impresa, e con la possibilità di poter effettuare il cabotaggio cioè il trasporto anche su tratte interne, ad esempio Milano-Verona per i nuovi Eurocity DB-ÖBB Milano-München di cui parleremo a breve.
Tuttavia l'apertura al cabotaggio, nelle parti nazionali della tratta internazionale, ha posto la necessità di dover verificare che i nuovi servizi non creino disturbi o modifichino gli equilibri economici dei servizi di trasporto sussidiati che sono esercitati lungo le stesse tratte o che effettuano le stesse fermate.
Questo è un passaggio fondamentale; proviamo a dirlo in altre parole: dal momento che molti servizi interni sono sussidiati (tutti quelli del cosiddetto trasporto regionale e anche parecchi Intercity), il servizio internazionale liberalizzato - non soggetto a sussidio - potrebbe "portare via" viaggiatori ai servizi sussidiati, rendendoli economicamente insostenibili, o, da un altro punto di vista, rendendo vano, "non produttivo", quello stesso sussidio pubblico. Cioè, ancora in altre parole, sprecando denaro pubblico.
La vicenda è molto delicata, per almeno due questioni. Da un lato, l'obiettivo del regolatore (Unione Europea, Stato, Regioni) non può essere quello di "difendere" i servizi sussidiati, ma piuttosto quello di aumentare i viaggiatori in treno, e l'introduzione di un nuovo servizio liberalizzato, sperabilmente, avrà proprio questo medesimo scopo, non una semplice sottrazione di viaggiatori dal servizio sussidiato. Dall'altro lato, c'è il fatto che è estremamente difficile quantificare operativamente quanto valga questa "modifica degli equilibri economici" dei servizi sussidiati. Ed è proprio su questo punto che si è giocata la (sottile) differenza tra il testo europeo e il suo recepimento italiano.
La parte essenziale del recepimento della direttiva 58 si è avuta con la legge 99/2009, la terza del pacchetto del monopolista, come lo abbiamo chiamato. La relazione illustrativa da cui abbiamo tratto queste note, riferendosi alla legge 99, parla con pudore di "una correzione di direzione del processo di liberalizzazione sino ad ora attuato in Italia". Noi sappiamo bene che questo si traduce, con meno eufemismo, nella sua cancellazione dal settore del trasporto ferroviario regionale. Sempre secondo la relazione, la legge 99 ha accolto "l'esigenza, maturata dalle esperienze sino ad ora raccolte, di creare delle licenze di tipo nazionale distinte da quelle europee".
Infatti il DLgs 188/2003, lo strumento cardine dell'assetto normativo italiano nello scorso decennio, prevedeva un unico tipo di licenza, valida su tutto il territorio dell'Unione e di conseguenza comunemente detta licenza europea. Tutte le 47 licenze vigenti al gennaio 2010, che abbiamo citato prima, sono pertanto di tipo "europeo". La legge 23 luglio 2009, n. 99 (articolo 58) ha invece istituito un nuovo tipo di licenza "nazionale", che sostituisce la preesistente licenza europea per i soli servizi passeggeri. I motivi che hanno portato a questa nuova licenza - non prevista a livello comunitario - non sono del tutto chiari, anche se temiamo di non sbagliare troppo a immaginare che una normativa specifica nazionale possa favorire eventuali strategie protezionistiche ancora una volta a favore del monopolio.
La stessa legge, attuando l'apertura del mercato internazionale, richiesta dalla direttiva 58, ha nel contempo introdotto la possibilità di limitazione dei servizi che siano in concorrenza al servizio pubblico, cioè a quel servizio - ricordiamolo - oggi interamente svolto dal monopolista nazionale (o da società controllate dalle Regioni, per le ex "concesse").
Tecnicamente, la legge 99 ha recepito la parte della direttiva 58 relativa alla modifica della precedente 91/440 e ha depurato il Dlgs. 188 della parte relativa ai servizi nazionali, che la stessa legge 99 ha riscritto ex-novo.
Sempre per essere precisi, per il recepimento della direttiva 2007/58/CE mancava ancora un pezzetto, quello che riguarda le modifiche alla direttiva 2001/14/CE. Questo ha richiesto una nuova norma (decreto-legge 135/2009 convertito nella Legge 166/2009) che, di fatto, va ancora a modificare il Dlgs 188, e di cui costituisce la terza tornata di modifiche, dopo quelle del DLgs 10 agosto 2007, n. 162 (istitutivo dell'ANSF, l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria) e appunto della legge 99/2009. Va comunque detto che questa parte di recepimento della direttiva 58 è ben più "soft" di quella relativa alla 99. Uno spirito maligno potrebbe notare che le Regioni siano state interpellate, riguardo a questo decreto, mente nessuna condivisione di intenti ci pare si sia avuta riguardo alle ben più incisive modifiche apportate dalla legge 99.
Come abbiamo detto, la legge 99/2009 ha introdotto la "licenza nazionale" che si affianca alla preesistente licenza europea abbinata al titolo autorizzatorio ed è richiesta per il traffico passeggeri "di mercato" (cioè a lunga percorrenza). Il traffico merci e il traffico internazionale continuano ad utilizzare la licenza europea. Al momento in cui scriviamo, nessuna licenza nazionale dovrebbe essere stata ancora emessa. La legge prevede peraltro la trasformazione delle licenze europee in licenze nazionali, se ne sussistono i requisiti.
Tutti i possibili casi sono riepilogati nella tabella che segue.
Passeggeri non TPL Internazionali | Passeggeri non TPL Nazionali | Passeggeri TPL Regionali | Merci Internazionali | Merci Nazionali | |||||||
Rete | Rete | Rete | Rete | Rete | |||||||
Titolo richiesto | Legge | Naz. | Reg. | Naz. | Reg. | Naz. | Reg. | Naz. | Reg. | Naz. | Reg. |
Licenza (europea) | D.Lgs188/03: art.3, c.1, lett p. art.7 | x 1 | x 1 | x 2 | x | x 3 | x | x | x | x | |
AND | AND | AND | AND | ||||||||
Titolo autorizzatorio ("licenza estesa") | Legge 388/00: art. 131, c.1 D.Lgs 188/03: art.3, c.1, lett r art.6, c.2 | x | x 3 | x | x | ||||||
OR | |||||||||||
Licenza nazionale | Legge 99/09: art. 58. Manca DM attuativo | x | x | ||||||||
OR? | |||||||||||
Contratto di servizio | DM 28T/05: art. 4, c.3 | x | |||||||||
Esempi di servizi | DB-ÖBB Brennero | - | Arena ways? | Mi C.le - MXP? | Arena ways? | - | varie IF Cargo | - | varie IF Cargo | - | |
Note:
Per TPL (Trasporto Pubblico Locale) si intende il trasporto regionale sussidiato. Per rete regionale si intendono le ferrovie regionali (ex concesse) "non isolate" ai sensi del Decreto ministeriale 28 T del 5 agosto 2005, attuativo dell'articolo 1, comma 5 del DLgs 188/2003: in pratica la maggioranza delle ex concesse a scartamento ordinario, che sono interconnesse con la rete RFI.
Per i merci nazionali abbiamo riportato quanto previsto dal PIR vigente (Prospetto Informativo Rete di RFI). Tuttavia, in quanto servizi liberalizzati, anche per essi sembrerebbe sufficiente la sola licenza europea, senza titolo autorizzatorio, come per i merci internazionali (completamente liberalizzati dal 2006) e quelli passeggeri internazionali (dal 2010). |
Infine la circolazione, sulle singole linee e per i rotabili autorizzati, richiede inoltre il possesso del Certificato di Sicurezza (più dettagli), inizialmente rilasciato da RFI e oggi, dopo la sua istituzione, dall'ANSF, l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria.
Vediamo dunque un confronto tra la direttiva 58 e la legge 99.
Nella direttiva "gli Stati membri possono limitare il diritto di accesso di cui al paragrafo 3 bis", cioè l'accesso all'infrastruttura per l'esercizio di servizi di trasporto internazionale sui servizi da origine a destinazione che sono oggetto di uno o più contratti di servizio pubblico". Questa limitazione può prevedere "una restrizione del diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso di un servizio internazionale, ivi compreso in stazioni situate nel medesimo Stato membro" qualora "l'esercizio di tale diritto comprometta l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico" (art. 10 comma 3 ter della direttiva 91/440/CEE così come modificato dalla direttiva 2007/58/CE; per il testo completo vedi i riferimenti normativi).
Il testo italiano è diventato:
Lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto, incluse le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto, domanda dei passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto |
A parte il fatto che la seconda metà della frase (da "incluse le ripercussioni") ci sembra voglia dire tutto e niente, si nota che le limitazioni si applicano a tutti i servizi nazionali, "compresi gli internazionali" e non solo a questi ultimi.
Sia nella direttiva, sia nella legge italiana, le limitazioni al servizio sono disposte dall'Organismo di regolazione (URSF) su richiesta del Ministero, del gestore dell'infrastruttura, delle Regioni o dell'impresa ferroviaria sussidiata (cioè del monopolista, nel caso concreto).
Per gestire la coesistenza di servizi di mercato (internazionali) e servizi pubblici, la direttiva prevede però altre possibilità, oltre alle "limitazioni" alla salita e discesa dei viaggiatori, come specificato in un comma successivo.
Art. 10 comma 3 septies della direttiva 91/440/CEE così come modificato dalla direttiva 2007/58/CE |
Gli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni di cui al presente articolo, l'autorità competente per i trasporti ferroviari di viaggiatori a riscuotere da imprese ferroviarie che assicurano servizi viaggiatori diritti sull'esercizio di collegamenti che sono di competenza di detta autorità e sono effettuati fra due stazioni di tale Stato membro. [...] I diritti riscossi sono destinati a compensare detta autorità per gli obblighi di servizio pubblico previsti nel quadro di contratti di servizio pubblico aggiudicati in conformità del diritto comunitario. I proventi ottenuti da tali diritti e pagati come compensazione non possono eccedere quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico in questione, tenendo conto degli introiti relativi agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole per l'adempimento di detti obblighi. [...] La totalità dei diritti imposti ai sensi del presente paragrafo non deve compromettere la redditività economica del servizio di trasporto su rotaia di passeggeri al quale si applicano. [...] |
Cioè per la direttiva europea esiste anche la possibilità di una compensazione economica (i "diritti sull'esercizio" o royalties) e non solo di un veto (la limitazione alla salita e discesa). In altre parole, per il legislatore europeo, si può anche accettare che il servizio liberalizzato sottragga viaggiatori a quello sussidiato, e quindi incrementi i suoi profitti, ma esso è tenuto a compensare questa specie di benefit aggiuntivo, rimborsando in denaro l'ente pubblico sussidiante. Infine la direttiva precisa che i diritti non devono essere tali da minare la stessa sopravvivenza del servizio liberalizzato (precisazione che invece manca riguardo all'imposizione di veti).
Quindi, in sintesi:
A questo punto, c'è da domandarsi come si faccia, all'atto pratico, a decidere se devono essere imposte limitazioni o (nel caso estero) a quantificare le compensazioni. Nel prossimo paragrafo analizzeremo quello che è riuscito a produrre l'URSF, ma diciamo subito che la questione è estremamente complessa, anche volendo operare con assoluta imparzialità.
Il primo problema è quando si possono prendere queste decisioni. Né la direttiva né la legge italiana fanno alcun ragionamento su questo aspetto, ma è evidente che, nel momento in cui il servizio liberalizzato parte, non è possibile sapere se comprometterà l'equilibrio economico dei servizi sussidiati. Verrebbe quindi da pensare a un percorso iterativo di correzione, che chiameremmo ex-post: in base ai risultati del nuovo servizio dopo 6 mesi, 1 anno, ... 5 anni sarebbe possibile stimare l'eventuale "danno" al monopolista e quindi i diritti da applicare (il termine di 5 anni non sembri esagerato: la "curva di saturazione" degli utenti di un nuovo servizio di trasporto si completa inevitabilmente su tempi molto lunghi). .
Questo sembrerebbe valere per entrambi i casi, ma è evidente che la difficoltà maggiore si avrebbe con le compensazioni, perché bisognerebbe arrivare a dire "l'impresa ferroviaria deve pagare questi Euro alla Regione", e ovviamente sapere quanti Euro, esplicitando un metodo di calcolo quanto meno plausibile. Con il veto, le cose sono in qualche modo più semplici: basta dire "in queste stazioni (o su queste relazioni) non possono salire viaggiatori"; è facile immaginare che la giustificazione può essere assai meno esplicitata, e assumere la connotazione di una scelta ex-ante, quasi un postulato, di ben più difficile confutazione.
I servizi passeggeri liberalizzati sono una sfida impegnativa, il cui esito è tutt'altro che scontato (anche il vantaggio per il cittadino non è scontato ma, come abbiamo spesso detto, un briciolo di concorrenza, di alternativa, ci sembra comunque preferibile a proprio nessuna concorrenza). Il monopolista ha già parecchie armi a suo favore, che non si limitano all'avviamento commerciale e alla diffusione storica sul territorio, ma comprendono la possibilità di influenzare la stessa qualità delle tracce, come avremo modo di vedere nel caso pratico del Brennero. Aggiungere ulteriori vantaggi competitivi a suo favore può essere determinante per assicurarsi la certezza dell'insuccesso per il concorrente.
In quest'ottica, estendere i vincoli al caso nazionale e lasciarli applicabili nella sola formulazione di veto può essere considerato il metodo più efficiente per "tagliare alla base" qualsiasi ipotesi di servizio concorrente; le Regioni sono già significativamente preoccupate dalle continue richieste economiche del monopolista, sostanzialmente inconfutabili (come la vicenda del Catalogo ha insegnato); basterebbe sfruttare questa preoccupazione per indurle a richiedere all'URSF la formulazione di così tanti veti da rendere commercialmente non sostenibile ogni nuovo servizio liberalizzato. Il tutto senza dover nemmeno mai prendersi la briga di calcolare una compensazione economica: praticamente la quadratura del cerchio.
In base alla Legge 99, l'URSF (Ufficio Regolazione Servizi Ferroviari, istituito dal DLgs 188/2003 e facente capo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) ha il compito di:
Entrambe le verifiche sono fatte dall'URSF solo dietro richiesta di uno dei soggetti individuati dalla legge:
L'URSF, per dare concretezza al dettato di legge, ha emanato un Atto (prot. 203/1/URSF del 6/5/2010) che fissa il metodo operativo per entrambe le verifiche. Definire un metodo oggettivo per queste verifiche è tuttavia molto difficile, per tutta una serie di fattori, tra cui la scarsa disponibilità di dati economici affidabili e il modesto effetto che i servizi di mercato - prevedibilmente "pochi" - avranno sulla grande mole dei servizi sussidiati, tenendo conto tra l'altro che si prevede di valutare l'eventuale compromissione economica a livello dell'intero contratto di servizio.
Inoltre, pur dovendo salvaguardare i servizi ferroviari sussidiati, l'URSF ritiene giustamente di non dover operare scelte eccessivamente restrittive nei confronti dei servizi di mercato, perché ciò avvantaggerebbe soltanto il monopolista, contraddicendo lo spirito della direttiva comunitaria, che è favorevole alla liberalizzazione.
L'Atto prevede di considerare:
In realtà, rispetto al primo punto, dal momento che in Italia sono formalmente liberalizzati anche i servizi nazionali, qualora un servizio non fosse classificabile come internazionale, sembra potrebbe essere ugualmente effettuato come servizio liberalizzato nazionale (L 99 art. 58), se vigono i requisiti di reciprocità (cioè, nel caso di impresa estera, un'ipotetica impresa italiana potrebbe fare lo stesso servizio nel paese estero). In ogni caso la percentuale di percorso internazionale appare equilibrata, mentre quella sui viaggiatori, pur a prima vista ragionevole, rischia di essere limitativa: se si analizzano storicamente i servizi internazionali che hanno interessato l'Italia, dai TEE agli EC, nella maggioranza dei casi la quota di traffico nazionale era comunque significativa (es. Milano-Lione, Milano-Verona-Monaco, Roma-Venezia-Vienna, Zurigo-La Spezia, Basilea-Nizza) e in alcuni casi addirittura prevalente (es. Milano-Nizza-Marsiglia, Roma-Monaco, Venezia-Ginevra), e, ciononostante, si trattava a tutti gli effetti di servizi anche a vocazione internazionale.
Sul secondo punto, invece, l'Atto purtroppo non chiarisce la maggiore incognita, e cioè quando si debbano fare le verifiche e se debbano essere necessariamente condotte ex-post come parrebbe logico. Esso si limita a dire che l'URSF si pronuncia "entro due mesi dal ricevimento di tutte le informazioni necessarie".
Come vedremo nel prossimo paragrafo, ad oggi esistono 10 corse liberalizzate, a fronte delle circa 450 corse dei servizi Trenitalia a lunga percorrenza e delle oltre 7000 del trasporto regionale. E' ovvio che sono poche, quasi zero, però costituiscono in qualche misura un "precedente", un apri-pista, e non ci stupiremmo che qualcuno dei soggetti che per legge ne hanno titolo si rivolgesse all'URSF, per sapere se si possa considerare compromesso l'equilibrio economico di qualche contratto.
Sarebbe bello che le Regioni interessate da questi servizi, qualora interpellate, esprimessero un giudizio chiaro e netto, finalmente a favore di un minimo di liberalizzazione dei servizi ferroviari, dicendo che al momento non ravvisano alcun rischio di compromissione dei propri contratti di servizio. Il contesto tuttavia non incoraggia all'ottimismo...
Vai alla pagina di approfondimento, comprendente:
Fino a qui ci siamo occupati dei servizi che operano sulla rete nazionale - quella gestita da RFI - perché si tratta sicuramente del caso più rilevante. La normativa italiana, tuttavia, si è preoccupata anche di disciplinare le altre reti ferroviarie regionali "non isolate", cioè le ferrovie concesse a scartamento ordinario interconnesse con la rete RFI. La situazione normativa di partenza di queste ferrovie era radicalmente diversa: proprio perché in origine nascevano come concessioni a imprese private, erano soggette a un controllo diretto da parte del Ministero, soprattutto ai fini della sicurezza, controllo ancora oggi normato dal DPR 753/1980. Per contro, il mondo FS, in quanto nato come Azienda autonoma, diretta emanazione del Ministero, gestiva "in casa" tutte le problematiche di regolamento, sicurezza, ecc. Uno degli effetti più evidenti di questo assetto normativo è dato dal fatto che i treni che circolano su entrambe le reti (RFI e una ferrovia regionale) sono soggetti a una doppia autorizzazione: l'omologazione per RFI e l'immissione in servizio per la ferrovia regionale; questo è il caso ad esempio di tutti i TSR della Lombardia. Oggi anche RFI ha "esternalizzato" gli aspetti di sicurezza e omologazione, attraverso l'ANSF (l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria, istituita con il DLgs 162/2007).
Per quanto riguarda le ferrovie regionali, il DLgs 188/2003 ha il merito di aver iniziato un percorso di "unificazione normativa" con la rete nazionale, in modo da garantire, almeno in linea di principio che anche sulle reti regionali non isolate sia possibile la presenza di più operatori (imprese ferroviarie), proprio come avviene su RFI. In particolare il Decreto Ministeriale 28T del 5/8/2005 è stato emesso in attuazione dell'art. 1, commi 3 e 5 del DLgs 188.
3. Le reti ferroviarie rientranti nell'àmbito di applicazione del presente decreto e per le quali sono attribuite le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione, sono regolate, con particolare riferimento a quanto attiene all'utilizzo ed alla gestione di tali infrastrutture, all'attività di trasporto per ferrovia, al diritto di accesso all'infrastruttura ed alle attività di ripartizione ed assegnazione della capacità di infrastruttura, sulla base dei princìpi della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE e dal presente decreto, nonché dal decreto legislativo n. 422 del 1997 e successive modificazioni. 5. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti [appunto il 28T], previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate: le reti ferroviarie di cui al comma 3, i criteri relativi alla determinazione dei canoni di accesso ed all'assegnazione della capacità di infrastruttura da adottarsi riguardo alle predette reti, i criteri relativi alla gestione delle licenze, le modalità di coordinamento delle funzioni dello Stato e delle regioni, con particolare riguardo alle questioni inerenti alla sicurezza della circolazione ferroviaria, nonché i criteri di applicazione delle disposizioni di cui al comma 2, lettera c). |
"Individuazione delle reti ferroviarie e dei criteri relativi alla determinazione dei canoni di accesso ed all'assegnazione della capacita' di infrastruttura da adottarsi riguardo alle predette reti, dei criteri relativi alla gestione delle licenze e delle modalita' di coordinamento delle funzioni dello Stato e delle Regioni con riguardo alle questioni inerenti alla sicurezza della circolazione ferroviaria (attuativo dell'articolo 1, comma 5, decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188)" |
Allegato 1 - Elenco delle reti ferroviarie locali e regionali non isolate:
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Come si vede, i commi citati prevedono per le reti regionali una piena analogia con la rete RFI, con l'applicazione di un pedaggio (canone di accesso) e la definizione di procedure per l'assegnazione della capacità a più imprese, ciascuna dotata della propria licenza.
In quanto all'elenco di linee, notiamo che esso include praticamente tutte le concesse a scartamento ordinario, curiosamente citate con le denominazioni tradizionali come Canavesana o Reggiane e senza tener conto dei gestori attuali (per esempio oggi le Ferrovie Nord Milano e la Ferrovia Brescia-Iseo-Edolo costituiscono ovviamente la rete Ferrovienord). Tra le cose più buffe, compare la Ferrovia Savona-San Giuseppe che in realtà non è una ferrovia, ma il sistema di funivie(!) per il trasporto di carbone dal porto di Savona (alcune foto). Una possibile spiegazione della sua inclusione è che all'estremo superiore, parte integrante delle funivie, esiste anche un fascio merci collegato con la rete RFI presso San Giuseppe di Cairo.
Fin qui la normativa, o - se così la si vuol chiamare - la teoria. Passando alla pratica, la situazione è un po' differente: in realtà oggi pressoché nessuna rete regionale sembra manifestare la necessità di gestire più imprese ferroviarie. E' vero che ci sono linee con servizio merci, come quelle FER (tipica la ex ACT tra Reggio e Sassuolo, con un fiorente servizio di trasporto argilla per la locale industria delle piastrelle), ma anche in questi casi il servizio merci è curato dall'impresa ferroviaria "di casa", cioè quella legata alla stessa rete. Ricordiamo che nella larga maggioranza dei casi non c'è nemmeno la separazione societaria tra rete e servizio. Per cercare di capire dove potrebbero esistere le condizioni per avere più operatori, occorre guardare la rete regionale più importante e trafficata: quella di Ferrovienord.
La rete Ferrovienord (FN) rientra nell'Elenco delle reti ferroviarie locali e regionali non isolate (Allegato 1 DM 28T). Essa è interconnessa con la rete RFI in 10 punti (decisamente "tanti", anche se utilizzati in modo molto vario).
Ad oggi l'utilizzo delle interconnessioni è il seguente:
In sintesi il trasporto regionale utilizza in maniera approfondita l'interconnessione tra le due reti, soprattutto attraverso il Passante, ma si tratta in tutti i casi di servizi LeNORD a contratto con la Regione. Nessun servizio Trenitalia o di altra impresa interessa ad oggi la rete FN, mentre esistono alcuni servizi merci (con trazione LeNORD), effettuati con continuità dall'epoca pre-liberalizzazione.
La larga maggioranza della capacità sulla rete Ferrovienord è ad oggi saturata dal trasporto regionale a contratto con Regione Lombardia. Di norma sulle tratte "esterne" della rete si hanno da 2 a 4 corse/ora direzione. La tratta a 4 binari Saronno - Milano Bovisa è interessata da 4 corse/ora direzione sulla linea "lenta" e fino a un massimo di 12 corse/ora direzione sulla linea "veloce".
L'unico caso di accesso sistematico alla rete FN di altra impresa nell'ultimo decennio è stato il servizio Torino-Novara-Malpensa, svolto per due settimane da Trenitalia in occasione delle Olimpiadi invernali (gennaio 2006). Tuttavia, data la sua brevissima durata, esso è stato gestito con un'autorizzazione specifica. In prospettiva si può immaginare l'accesso di altre imprese solo nei seguenti due casi:
Come si vede, anche per la più importante rete regionale, le prospettive di una coesistenza di più operatori, almeno nel breve periodo, sono alquanto ridotte. Lo stesso servizio aeroportuale da Milano Centrale, inizialmente previsto a cura di Trenitalia, a seguito della costituzione della nuova società TLN (partecipata pariteticamente da FNM e Trenitalia) sarebbe assimilabile a un normale servizio interno di LeNORD. L'unico (eventuale) servizio di un operatore terzo sarebbe un collegamento tipo Frecciarossa da Bologna/Roma a Malpensa, che sarebbe effettuato dalla Divisione Nazionale di Trenitalia. Una corsa dimostrativa si è svolta a marzo 2010 (attraverso il Passante, dato che il raccordo "Passantino" non era stato ancora ultimato), ma, trattandosi ovviamente di un servizio di mercato, non sussidiato, l'effettiva attivazione del servizio viaggiatori è lasciata alle scelte commerciali dell'operatore.
In ogni caso, per "portarsi avanti", Regione e Ferrovienord hanno già provveduto a recepire le prescrizioni del Decreto 28T in una forma "minima" nel Contratto di servizio per la gestione dell'infrastruttura ferroviaria regionale valido dal 2009 al 2016. Già in precedenza, la legislazione regionale (l.r. 22/1998, poi confluita nella l.r. 11/2009 "Testo unico delle leggi regionali in materia di trasporti") disciplinava la materia in un'ottica "compatibile" con l'apertura della rete a servizi di più imprese ferroviarie.
Quindi, ai sensi del Contratto citato:
Che cosa concludere
In sostanza, con questo "recepimento minimo", in linea con i vincoli di legge, ma soprattutto con un ragionevole buon senso, la situazione può considerarsi più che gestibile, almeno fin tanto che non si vedano situazioni più concrete di richieste di accesso alla rete regionale da parte di imprese terze.
Per una conclusione sul tema generale della liberalizzazione dei servizi passeggere vedi il paragrafo finale dell'approfondimento sui servizi del Brennero e di Arenaways.
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