Scritto ad agosto 2008
Ottobre 2008: aggiornato con i collegamenti corretti ai nuovi articoli sulla liberalizzazione dei servizi ferroviari e sulla Finanziaria 2008.
NUOVO Sintesi in una pagina.
E' una vicenda complessa, in cui ognuno ha la sua parte di ragioni, anche quando i suoi presupposti e obiettivi sono significativamente lontani da quelli del sito che state leggendo.
Anche chi scrive ha fatto una notevole fatica a cercare di trovarvi una "linea di interpretazione". La propone ora al lettore, consapevole che possa non essere la sola e nemmeno la più corretta, ma ancora una volta convinto che conoscerla sia un utile diritto del cittadino.
Contenuto
Nel 1999, in applicazione al DLgs 422/97, la competenza sui servizi ferroviari regionali di FS passa alle Regioni.
I servizi e i corrispondenti sussidi vengono ripartiti tra le Regioni cercando di garantire la sostenibilità economica di ciascun contratto di servizio: a servizi mediamente più "ricchi" - cioè con più viaggiatori - corrispondono sussidi unitari proporzionalmente minori (vedi i dettagli).
L'entità del sussidio è comunque "a corpo" e largamente convenzionale.
La riforma fotografa una situazione "statica" e non è in grado di gestire l'evoluzione dei servizi, che sono inevitabilmente mutevoli. Anche l'entità dei sussidi è di fatto congelata al valore del 1999.
La riforma prevede anche la messa a gara dei servizi ferroviari (al pari del trasporto locale su gomma) entro il termine del 2003, poi prorogato di anno in anno fino al 31/12/2007 (vedi i dettagli).
Il problema del materiale rotabile non è mai affrontato nell'unico modo veramente risolutivo, e cioè mettendolo a disposizione dei concorrenti della gara: l'unico soggetto che legittimamente potrebbe farlo è il Ministero dell'Economia, in qualità di proprietario di FS e quindi proprietario degli stessi rotabili, ma in quasi 10 anni neppure il più piccolo passo è andato in questa direzione.
Questo rende del tutto "finta" qualunque gara a scala regionale. Le uniche due gare aggiudicate in Italia - una parte del servizi del Veneto e tutti i servizi dell'Emilia-Romagna - sono state ovviamente vinte da Trenitalia (per la gara della Linea S5, pure aggiudicata a Trenitalia, ma su premesse ben diverse, vedi i dettagli).
Di fatto la riforma resta così incompiuta e ogni proroga del termine di messa a gara dilaziona la forma senza modificare minimamente la sostanza.
Dal 2006, l'ing. Mauro Moretti, già Amministratore delegato di RFI, diventa Amministratore delegato di FS.
La gestione precedente (amministratore delegato di FS, ing. Catania e di Trenitalia, ing. Ghenzer) aveva puntato su politiche di marketing esasperato, senza accorgersi che in realtà non disponeva di un vero "prodotto" da vendere, o quanto meno di un prodotto di qualità adeguata.
Il nuovo Amministratore delegato riporta l'azienda a un corretto clima di austerity e ribadisce altrettanto correttamente la necessità di un equilibrio economico tra costi e ricavi/sussidi.
Nel contempo, tuttavia, pone in atto una "visione" della ferrovia molto determinata: poche linee fondamentali su cui puntare, chiusura delle linee "improduttive", a meno che qualcuno non le sussidi integralmente, e soprattutto una significativa enfatizzazione del monopolio, attraverso politiche protezionistiche verso qualsiasi possibile concorrente (saturazione delle tracce a lunga percorrenza, sistematica rimozione di ogni infrastruttura utilizzabile per servizi merci, vincoli tecnologici per rendere fuori mercato i rotabili altrui, ...).
Si tratta di una visione prettamente aziendale che potrebbe anche dirsi legittima, ma che è quanto meno anomala in un'azienda al 100% di proprietà pubblica; in ogni caso essa non trova pressoché alcuna resistenza da parte dello Stato-proprietario.
Al di là delle dichiarazioni formali, in questa visione il trasporto regionale è più un fastidio che un'opportunità, e ne viene teorizzata e messa in pratica una completa "anti-sinergia" con i servizi di mercato. Questo si somma a tutti i limiti della gestione precedente (in primo luogo la scarsa capacità progettuale nel programmare gli orari (vedi alcuni esempi) e alle distruzioni già messe in atto (soppressione degli interregionali nel dicembre 2005).
Vengono inoltre attuati interventi sull'infrastruttura che, sfruttando il "tabù della sicurezza", con scelte incomprensibili e deleterie, portano all'irrigidimento della circolazione, all'aumento dei tempi di percorrenza e alla riduzione della capacità reale della rete.
Il bilancio 2006 si chiude con una perdita netta di 2000 mln Euro per il Gruppo FS, di cui 1700 per Trenitalia e in particolare 670 per il trasporto regionale.
Una parte della perdita è legata a meccanismi formali di rendicontazione (ad esempio il cambio del regime contabile delle manutenzioni) e a partite straordinarie, che, anche correttamente, sono state evidenziate proprio nel bilancio 2006: questo spiega come mai il bilancio dell'anno seguente abbia ridotto il deficit a un terzo (temiamo che nemmeno il più oculato degli amministratori riuscirebbe a recuperare realmente più di 1200 milioni in un anno...).
E' comunque indubbio che una quota significativa del deficit sia reale. Essa può essere interpretata come la somma di tre cause:
- la progressiva incapacità di fornire un servizio realmente competitivo (nell'ordine: per orari e relazioni servite, politiche tariffarie, qualità erogata);
- il costo del lavoro, che continua ad essere elevato, sia in termini assoluti, sia a causa della presenza del doppio macchinista, singolarità italiana senza eguali in Europa;
- il perdurare di sprechi, investimenti improduttivi o addirittura penalizzanti, opere faraoniche a costi conseguentemente alti, prima fra tutte la rete AV (vedi alcuni esempi); si noti che una quota significativa di sprechi e inefficienze attiene prettamente al gestore dell'infrastruttura, ma, andando a incidere sulla qualità e sulle prestazioni del servizio offerto, finisce per gravare su Trenitalia.
Con la Finanziaria 2007, Trenitalia può contare su 311 mln aggiuntivi per il trasporto regionale (comma 973 dell'Art. 1 della L.296/2006, Finanziaria dello Stato per l'anno 2007): un finanziamento decisamente significativo, pari a circa il 20% del corrispettivo totale del trasporto regionale (per l'esattezza, al finanziamento lordo dovrebbe essere stato dedotto il 10% di Iva, ottenendo comunque la ragguardevole cifra di 282.7 mln).
Queste risorse sono erogate direttamente a Trenitalia, al di fuori di qualsiasi rispetto formale della competenza delle Regioni in materia; infatti il testo della Finanziaria lasciava aperta anche la possibilità di un'assegnazione per il tramite delle Regioni, e proprio questa incertezza aveva bloccato l'effettiva erogazione; il successivo Decreto-Legge 159/2007 ha invece definitivamente sancito l'assegnazione diretta.
Legge 28 dicembre 2006 n. 296
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Art. 1. 973. E' autorizzata la spesa complessiva di euro 311 milioni per l'anno 2007, in relazione all'adeguamento dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico sostenuti in attuazione dei contratti di servizio con le regioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni [cioè le regioni a statuto ordinario, ndr], e al relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 2000, ed all'articolo 52 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 [contratto integrativo, ndr], ivi compreso il recupero del tasso di inflazione programmata degli anni precedenti.
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Legge 29 novembre 2007 n. 222
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Art. 9. Contratto di servizi pubblico con Trenitalia S.p.A. 2. Nelle more della rideterminazione dei criteri di ripartizione di cui all'articolo 20, comma 7, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a corrispondere direttamente alla società Trenitalia S.p.A. le risorse di cui all'articolo 1, comma 973, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. [questo stesso articolo modifica anche il regime previsto per i servizi sussidiati a lunga percorrenza: vedi i dettagli] |
Nella primavera 2007 viene presentato il Piano Industriale di FS 2007-2011.
Il Piano prevede una crescita assai sensibile di tutti gli indicatori economici, in tutti i settori del Gruppo FS, e in particolare per il trasporto regionale. L'aumento delle tariffe, del sussidio e del numero di viaggiatori determinano, nelle previsioni del Piano, il completo risanamento del Gruppo FS, non solo con il pareggio di bilancio, ma addirittura con il raggiungimento di un utile netto assai significativo al 2011.
In particolare, dal punto di vista dell'aumento dei viaggiatori, la crescita prevista dal Piano appare realistica solo di fronte a un radicale cambio di rotta sull'intera modalità di gestione del servizio, specie alla luce di tutte le micro-strategie già messe a punto per degradare, anziché valorizzare, il trasporto regionale.
Anche il Piano interpreta una visione fortemente monopolistica: ad esempio gli importanti acquisti di materiale rotabile fanno capo direttamente a FS mentre in una logica di liberalizzazione, dovrebbero essere fatti da un soggetto terzo. Ancora una volta, questa può essere letta come una legittima strategia aziendale, ma non si può non notare l'assenza del proprietario di FS, cioè dello Stato, da cui sarebbe spontaneo pretendere una visione strategica più generale.
Nell'estate 2007, viene sviluppato il Catalogo, un nuovo metodo di calcolo dei sussidi regionali.
Per non appesantire l'articolo, i concetti base del Catalogo Trenitalia sono presentati in una pagina a sé.
Il catalogo può essere interpretato come il modo con cui FS intendeva giustificare formalmente il forte incremento di sussidi che andava a richiedere con il Piano (e che si aspettava di ottenere dallo Stato).
I costi del catalogo risultano molto elevati: ad esempio in Lombardia corrispondono mediamente a un incremento del 35-40% rispetto ai prezzi del Contratto di servizio (oltre 70 mln all'anno in più, su un Contratto che fino al 2007 ne valeva 190), e valori sostanzialmente analoghi si riscontrano nelle altre Regioni. Pur nella difficoltà di un confronto preciso, i costi del catalogo sembrano addirittura maggiori di quelli previsti dal Piano (con questi costi, la quota di risorse che secondo il Piano doveva servire a pagare i nuovi servizi previsti, basta appena a coprire quelli attuali).
Non si può escludere che i costi siano stati tenuti così alti, da un lato, per fare una "provvista" di risorse per investimenti futuri (ad esempio in materiale rotabile), dall'altro per dare giustificazione a un "giro di vite" che andasse a tagliare i servizi già da tempo considerati inutili o disturbanti (linee a scarso traffico, servizi regionali lenti su linee principali, ecc.).
Peraltro, una certa ambiguità di fondo, in queste partite economiche, si evidenzia anche in alcuni ulteriori dettagli. Notiamo innanzitutto che le risorse che Trenitalia riscuote dalla Finanziaria, come i 311 mln che abbiamo visto, non riguardano tutte le Regioni, ma solo con quelle a statuto ordinario (tecnicamente, quelle a cui si applica l'art. 9 del DLgs 422/97). La "regionalizzazione" del 2000 ha infatti lasciato in capo allo Stato i contratti con le Regioni a statuto speciale e solo alcuni stanno passando in carico alle Regioni proprio nel corso del 2008.
C'è anche la vicenda dei servizi messi a gara: il 31 marzo 2008 è stato sottoscritto il nuovo contratto tra Trenitalia e l'Emilia-Romagna, che prevede un costo kilometrico sostanzialmente invariato rispetto al precedente, sulla base della gara aggiudicata alla stessa Trenitalia (gara peraltro puramente formale, perché è evidente che non esistesse alcun altro competitore in grado di formulare un'offerta realistica per il servizio di un'intera regione).
Alla luce di queste singolarità, non può che sorgere il dubbio che il cospicuo rincaro del catalogo sia stato tarato rispalmando sulle regioni "normali" i maggiori costi non esigibili da quelle a statuto speciale o per le quali era stata aggiudicata una gara (oltre all'Emilia, anche una quota del Veneto e la linea S5 della Lombardia): il bilancio di Trenitalia è unico e quindi aziendalmente non cambia nulla, così come non cambia nulla se sono soldi girati direttamente dallo Stato. Ma nei bilanci regionali qualche differenza la fa...
Nessun atto del Governo approva il Piano, né tanto meno lo finanzia.
La nuova Finanziaria 2008 (L. 244/2007) non ripropone nemmeno i 311 mln dell'anno precedente, ma solo 104 mln di sussidio aggiuntivo per la lunga percorrenza (vedi i dettagli).
Questi 104 mln sono stanziati a seguito di una strategia di "pressing" sull'opinione pubblica, da parte di FS, che arriva a minacciare la soppressione di tutta una serie di treni Intercity, rimuovendoli fittiziamente dal nuovo orario del dicembre 2007.
Un analogo tentativo per il trasporto regionale non dà però esito positivo.
Ancora una volta è impossibile non notare il comportamento ambiguo dello Stato: è chiaro che, nella misura in cui i 311 mln della Finanziaria 2007 rappresentavano "l'adeguamento dei corrispettivi [...] ivi compreso il recupero del tasso di inflazione programmata degli anni precedenti", Trenitalia si aspettava legittimamente che tali risorse venissero confermate anche per il 2008. La loro totale assenza, nella nuova Finanziaria 2008, innesca tutta la questione della minaccia di tagli, che ha dominato la scena nell'inverno 2007/2008, e che descriveremo nel seguito dell'articolo.
Notiamo per completezza che la Finanziaria 2008 non ha nemmeno lontanamente previsto i 1000 nuovi treni, promessi nella primavera 2007 a un'opinione pubblica che, per i continui disservizi, era diventata via via più scettica sulle capacità del gruppo FS. In verità, 1000 treni erano un numero talmente alto, pari ad almeno 5000 milioni di Euro di investimento, che avrebbe dovuto da subito far sorgere dubbi sul suo realismo, e che invece aveva avuto un'eco sostanzialmente positiva su larga fetta del mondo pendolare.
Insieme al catalogo viene ipotizzato da Trenitalia un nuovo testo di contratto di servizio per "riallineare" i differenti contratti che le Regioni sono andate diversificando in questi anni.
Da quanto si è potuto desumere, il nuovo contratto proposto, non solo nella sostanza, ma anche nei toni, sembra avere il chiaro obiettivo di ottenere un'inversione di ruoli rispetto ai contratti attuali: non sono più le Regioni a dettare le regole, ma FS.
Alcune scelte parrebbero palesemente destinate a scatenare l'ira dei pendolari: ad esempio la sostituzione dell'indice di puntualità a 5 minuti con quello a 7 (per ottenere una puntualità solo formalmente migliore), il pagamento del corrispettivo non più a km ma a ore (che in presenza di reiterati allungamenti dei tempi di percorrenza sembra aggiungere la beffa al peggioramento del servizio), i premi che possono superare il valore delle penali, e così via.
L'impostazione del catalogo e il testo del contratto appaiono come due strumenti all'interno di un unico disegno complessivo, di indubbio rafforzamento della "capacità di manovra" di Trenitalia (e più ancora di FS):
- da un lato il catalogo fissa costi significativamente superiori agli attuali, dall'altro il contratto lega la stessa produzione alle ulteriori variazioni di costo che venissero dichiarate unilateralmente da Trenitalia, la quale si riserverebbe poi la facoltà di "riperimetrare" i servizi (cioè di tagliarli), in presenza di un aumento dei costi;
- da un lato vengono fatte stime ottimistiche sugli introiti da tariffa (peraltro in coerenza con le previsioni "rosee" del Piano), dall'altro si fa in modo che qualsiasi onere, relativo a risultati reali peggiori delle stime, possa essere caricato sulle Regioni (o beninteso sul taglio dei servizi).
Lo stesso quadro permane considerando anche RFI, per la quale si sceglie la strada formalmente ineccepibile della separazione dei costi e delle responsabilità: il pedaggio viene infatti proposto come voce indipendente, rimborsata dalla Regione a Trenitalia dietro presentazione della fattura emessa da RFI. E' una scelta condivisibile, analoga a quella fatta dalla Lombardia per la gara sulla linea S5. Ma nel caso concreto è impossibile dimenticare che RFI e Trenitalia fanno capo alla medesima società controllante: quando Trenitalia sposta il rischio economico del pedaggio sulle Regioni, non si può ignorare che le strategie per il pedaggio nascono anch'esse all'interno di FS.
Il 4 dicembre 2007 FS e Assessori regionali pattuiscono una "tregua" fino al 31 marzo 2008, in cui il servizio rimane quello attuale, ma in cui Trenitalia già considera come vigenti i prezzi nuovi (nonostante nessuna Regione abbia a bilancio le corrispondenti risorse).
In mancanza di copertura, Trenitalia dichiara che procederà autonomamente al taglio dei servizi a decorrere dal successivo aprile 2008.
Entro dicembre 2007, tutte le Regioni ricevono i conti del catalogo e il testo del nuovo contratto di servizio: complessivamente, il catalogo costa circa 450 mln in più del corrispettivo storico, che ricordiamo essere pari a circa 1220 mln totali per le Regioni a statuto ordinario: il maggior costo è appunto dell'ordine del 37%.
In verità, in assenza di risorse statali, nessuna Regione è in grado di pagare ai nuovi prezzi, cosicché, di fatto, il servizio durante la tregua rimane quello precedente, ed è materialmente pagato al vecchio prezzo.
Va dato atto che la posizione di FS, ribadita con notevole risonanza mediatica, è assolutamente trasparente e determinata:
- il costo totale del catalogo viene definito non negoziabile;
- tale costo copre i servizi attuali, alla qualità attuale; qualsiasi incremento di qualità ha costi extra;
- il costo prevede già un tasso di efficientamento del 9%, legato in buona parte alla scommessa di abolire il doppio macchinista.
Va altresì riconosciuto che il garantire la sostenibilità economica dell'azienda è un problema serio e reale ed è indubbio che i costi di Trenitalia siano quelli dichiarati; naturalmente occorrerebbe sapere se non era possibile spendere di meno o avere un servizio migliore, ma questo è assai più complesso da valutare (anche se i lettori di questo sito hanno a disposizione svariati spunti di riflessione).
Tuttavia è ambiguo e fuorviante scaricare sulle Regioni il risanamento di FS (e l'eventuale taglio dei servizi che ne consegue), ribadendo la "teorica" indipendenza di Trenitalia dalla sua Controllante e dal suo proprietario. Le Regioni, per effetto di una riforma incompiuta, si ritrovano ad essere solo un anello intermedio nel passaggio di risorse dallo Stato alle FS, cioè dal proprietario alla sua azienda.
Nonostante il nuovo contratto proposto potrebbe probabilmente prestarsi a molte critiche, principalmente per il tono che sottende, il vero problema resta quello economico: le posizioni di FS e delle Regioni sono separate dai 450 mln che mancano, e che FS considera irrinunciabili.
A margine, non risulta chiaro l'approccio verso le Regioni a statuto speciale (contratti ancora in capo allo Stato): in verità non siamo riusciti a capire se e in che misura sia stato chiesto un incremento del sussidio anche per i loro servizi.
I primi tre mesi del 2008 sono caratterizzati da una totale incertezza, anche a causa della contemporanea crisi di governo, che non sembra certo facilitare una soluzione.
In effetti, una martellante campagna informativa di FS riesce a presentare il taglio di un terzo dei servizi regionali come una cosa possibile e imminente, e ad insinuare nell'opinione pubblica la percezione che la responsabilità di tutto ciò sia delle Regioni "che non intendono pagare il dovuto". Solo pochi osservatori più smaliziati capiscono che tagliare un terzo del servizio ferroviario non è una cosa realistica, ma va detto che in quei mesi anche chi scrive ha temuto fortemente che FS riuscisse a sfruttare la situazione per il "giro di vite" di cui si diceva all'inizio, e cioè la (definitiva) soppressione dei servizi giudicati inutili o disturbanti.
In realtà la fatidica scadenza del 31 marzo finisce con il cadere due settimane prima delle elezioni politiche: una data improponibile per tagliare massicciamente i servizi ferroviari.
Così i soldi saltano fuori, una settimana dopo la scadenza della tregua, e dunque una settimana prima delle elezioni.
Ma ancora una volta, lo Stato sceglie di scavalcare le Regioni: con Decreto-Legge 8 aprile 2008, n. 60, autorizza infatti la spesa di 80 milioni che coprirebbero i primi mesi del 2008, da corrispondere direttamente a Trenitalia, proprio come accaduto nel 2007. Il decreto viene poi convertito in legge senza modifiche.
DECRETO-LEGGE 8 aprile 2008, n. 60
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Art. 1. 1. Al fine di garantire la prosecuzione degli attuali servizi, nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio, previa definizione del fabbisogno effettivo per la realizzazione dei servizi di trasporto regionale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 442, e della rideterminazione dei criteri di ripartizione di cui all'articolo 20, comma 7, dello stesso decreto legislativo, è autorizzata nell'anno 2008 la spesa di 80 milioni di euro da corrispondere direttamente alla società Trenitalia S.p.A. [omettiamo per brevità il comma 2 e l'articolo 2, prettamente burocratici] |
In verità il testo del decreto non parla affatto del periodo coperto da queste risorse, ma viene comunemente inteso che esse si riferiscano al primo trimestre 2008, dato che nel frattempo il Ministero ha quantificato - forse solo informalmente - in circa 320-330 mln il fabbisogno scoperto di Trenitalia (a fronte dei 450 iniziali del catalogo, di cui si diceva sopra). Sui 1220 mln di corrispettivo totale delle Regioni a Statuto ordinario, questi ipotetici 320 rappresentano dunque un adeguamento circa pari al 26% (ovvero del 23%, se venisse riferito a 1400 mln, includendo anche le Regioni a Statuto speciale.
Una tale scelta, oltre ad aver fatto coniare l'espressione di "contratto di servizio a tempo determinato", per via di questi finanziamenti fatti ormai a ritmi da precariato, è ancora una volta incoerente con il quadro normativo del trasporto regionale: ad esempio gli 80 mln sono privi di qualunque suddivisione regionale ed è pertanto impossibile "recepirli" all'interno di eventuali contratti delle singole Regioni.
Questo non fa che accentuare la situazione di stallo: quand'anche ci fossero risorse regionali a disposizione, la sottoscrizione dei nuovi contratti a catalogo sarebbe quanto meno ambigua, visto che circa il 25% del corrispettivo sarebbe versato da una terza parte - lo Stato - e non dal contraente.
Intanto gli utenti cominciano a pagare la situazione di stallo e la mancanza di contratto: ad esempio in Lombardia, Trenitalia, in coerenza con la propria posizione, ha deciso di sospendere unilateralmente il riconoscimento dei "bonus" ai pendolari, scatenando una guerra legale, dagli esiti incerti: la Regione ritiene infatti prorogato il precedente contratto 2006-2007, in base a una clausola prevista da questo stesso contratto; ad aprile 2008 ha pertanto notificato a Trenitalia un atto di messa in mora, invitandola a rispettare il contratto e, in mancanza di riscontro positivo, ha presentato un ricorso amministrativo al TAR. Ma, come è noto, i tempi della giustizia italiana mal si conciliano con i diritti dei pendolari...
Nella primavera 2008, mancano dunque all'appello 200-250 milioni di euro per il trasporto regionale: grosso modo i 311 dell'anno precedente, meno gli 80 già erogati.
Il 25 giugno 2008 esce il Decreto-legge n. 112, un altro dei testi di legge che, per l'incredibile commistione di temi trattati, ben si presterebbe a documentare il triste degrado della res publica italiana (un altro esempio). Il decreto è poi convertito in legge, senza modifiche per la parte che qui stiamo considerando.
All'art. 63 sono stanziati 300 milioni "per far fronte alle esigenze del Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.a.": una cifra ingente, la cui destinazione (e di conseguenza la forma di erogazione) è però lasciata a un successivo Decreto ministeriale da emanarsi entro 30 giorni. Ancora una volta si è di fronte a una misura che unisce la rilevanza dell'importo all'incertezza sul suo utilizzo e a ben poche garanzie sulla sua "strutturalità", cioè sulla sua costanza nel tempo.
E' impossibile non rimanere colpiti da quest'erogazione "su carta bianca". Come dire: prima si elargiscono i soldi, poi qualcuno individuerà a che cosa debbano servire. E se, per pura ipotesi, il Decreto ministeriale venisse scritto sotto dettatura del beneficiario, il cittadino italiano non dovrebbe avere nulla da eccepire?
DECRETO-LEGGE 25 giugno 2008 , n. 112
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Art. 63. Esigenze prioritarie 4. Per far fronte alle esigenze del Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A. è autorizzata la spesa di 300 milioni di euro per l'anno 2008. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e' definita la destinazione del contributo. Abbiamo riportato qui lo stralcio del comma 4 dell'articolo 63. Sarebbe però in errore chi pensasse che il decreto, o quanto meno questo articolo 63, fosse specificamente dedicato alle ferrovie. Il solo articolo 63, ad esempio, parla anche di finanziamento delle missioni internazionali di pace, delle istituzioni scolastiche, dell'ANAS, di fondi per l'occupazione e le politiche sociali, dell'INAIL, e via di questo passo. |
APPROFONDIMENTO: il rapporto PENDOLARIA di Legambiente |
All'inizio del 2008 viene anche pubblicato Pendolaria, un interessante rapporto sulle ferrovie italiane, realizzato da Legambiente, che fotografa con cura la triste situazione che stiamo raccontando. Il rapporto è largamente condivisibile, e ha avuto prima di tutto il pregio di mostrare quanto poco le Regioni facciano per il trasporto ferroviario: pochissime Regioni vi hanno investito risorse proprie, comunque in misura assai modesta rispetto al loro bilancio complessivo, mentre la maggioranza si è limitata a girare a Trenitalia le identiche risorse trasferite dallo Stato. Quattro anni fa, dicevamo che la riforma delle ferrovie dava la possibilità alle Regioni di "scommettere sul servizio ferroviario": è evidente che ben poche hanno fatto questa scelta. Ci permettiamo soltanto un paio di considerazioni integrative - peraltro già condivise con i redattori del rapporto - per evitare che il lettore cada in qualche fraintendimento. Sul punto "Quello che deve essere compreso è che quella pendolare è una porzione di domanda particolare"
Sul punto "Occorrono maggiori risorse"
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Si arriva dunque all'estate 2008, sostanzialmente nelle stesse condizioni economiche del 2007 (considerando le risorse assegnate con gli ultimi due decreti) ma in una situazione normativa nettamente peggiore.
Nessuna Regione italiana dispone di un contratto di servizio sottoscritto, ad eccezione delle già richiamate gare di Veneto, Emilia ed S5: tutti i contratti sono infatti scaduti alla fine del 2007, alcuni addirittura già dalla fine del 2006. Peraltro la mancata proroga del "regime transitorio" in attesa delle gare, se interpretata alla lettera, impedirebbe addirittura la sottoscrizione di qualunque contratto in affidamento diretto.
D'altro canto questi continui finanziamenti statali avvalorano l'interpretazione delle Regioni secondo cui l'adeguamento del corrispettivo Trenitalia resta in carico allo Stato, unica soluzione coerente al processo di regionalizzazione già attuato. E' infatti lo Stato che nel 2000 ha stabilito l'entità iniziale dei corrispettivi, assegnandola alle Regioni, e non può che essere lo Stato, ora, a sancire la congruità di un corrispettivo maggiore, se lo ritiene opportuno. In mancanza di un tale riconoscimento, le Regioni hanno titolo a considerare ancora congrui gli importi a suo tempo assegnati dallo Stato (e tutt'oggi erogati da quest'ultimo).
In tale contesto le Regioni non possono che considerare già soddisfatte dallo Stato tutte le richieste di Trenitalia e, ai fini dei bilanci regionali, pienamente vigenti le condizioni economiche dei contratti 2007.
In questa incertezza, che non è più tanto di risorse, quanto piuttosto di ruoli e strategie, Trenitalia continua a minacciare il taglio dei servizi analogamente a quanto accaduto tra dicembre 2007 e marzo 2008.
L'effettiva praticabilità di un taglio massiccio continua ad essere dubbia, ma, ancora una volta, è possibile che si colga l'occasione per introdurre numerosi tagli mirati a corse marginali ma non troppo (e anche alla rete di vendita, chiudendo ancora qualcuna delle già poche biglietterie sopravvissute).Infatti, come abbiamo già richiamato, la rivendicazione complessiva di Trenitalia (peraltro totalmente "autocertificata") era di circa 450 mln. Ad oggi per il 2008 ne ha ricevuti 380 (o forse solo 330, dato che, secondo alcune fonti, 50 mln sarebbero destinati a sussidio del trasporto merci); è quindi possibile che l'azienda rigiri alle Regioni quest'ultimo gap da colmare, come pagamento diretto o, in alternativa, richiedendo un corrispondente aumento tariffario, che per legge spetta appunto alle Regioni. Si noti che a questo punto non si tratta più di una cifra "enorme": la possibilità che una Regione accetti la proposta di aumento tariffario, o che, in caso negativo, Trenitalia proceda a tagliare alcuni servizi, diventa tutt'altro che remota.
Tutto questo vale ovviamente solo per il 2008, perché, nel contesto da precariato che abbiamo descritto, nel 2009 ricomincerebbe tutto daccapo, dato che gli stanziamenti statali del 2008 sarebbero tutti da riproporre ex-novo.
Nel frattempo, per risparmiare qualche risorsa, l'estate 2008 si trasforma in una sospensione quasi generalizzata del servizio regionale su una larga fetta di linee, confermando la soluzione già adottata nell'estate precedente: modesti lavori all'infrastruttura, che in condizioni normali potrebbero essere condotti senza quasi alterare la circolazione, forniscono l'alibi per chiudere intere linee per buona parte dell'estate.
Non va dimenticato un altro effetto perverso di tutta la vicenda, probabilmente il più deleterio per il cittadino: in tutto questo altalenare di risorse precarie, rivendicazioni aziendali e prese di posizione delle Regioni, il centro dell'attenzione è sempre stato il servizio attuale. Infatti la "minaccia" aziendale era proprio di tagliare i servizi di oggi: il fatto che il Paese avrebbe bisogno di un servizio ferroviario molto più sviluppato è diventato automaticamente un problema di secondo livello, al quale è ancor più arduo dare risposta. Va detto che questo riguarda solo una minoranza delle Regioni, quelle cioè che hanno intrapreso seri programmi di sviluppo (temiamo che ve ne siano altre che si stanno ancora domandando che cosa significhi avere la competenza di programmazione dei servizi regionali...).
Così ad esempio in Lombardia, in un clima reso ancor più incandescente dal ricorso al TAR di cui si è detto, i potenziamenti già largamente promessi languono in attesa di tempi migliori, e il contenzioso con Trenitalia fornisce alla Regione una piacevole scusante per tergiversare su quel programma di sviluppo del servizio ferroviario che solo due o tre anni fa la poneva all'avanguardia tra tutte le Regioni italiane.
Si segnala peraltro che alcune Regioni (almeno la Toscana) intendono destinare le risorse ex comma 295 Legge Finanziaria 2008 (vedi che cosa prevede) per lo sviluppo di nuovi servizi ferroviari, anziché per il semplice adeguamento dei corrispettivi del trasporto pubblico su gomma, sfruttando la definizione ambigua dei possibili utilizzi, riportata dalla Legge . Ad oggi non abbiamo però informazioni certe sull'esito concreto di queste scelte, e da ultimo pare che Trenitalia intenda sospendere qualsiasi potenziamento del servizio, fintanto che le Regioni non acconsentano a pagare i servizi attuali secondo i prezzi del Catalogo.
Per quanto riguarda la Lombardia, in ogni caso le risorse della Finanziaria sono "blindate" all'interno della (non entusiasmante) vicenda del "Patto per il TPL".
Prima di un (provocatorio) paragrafo conclusivo, ci permettiamo anche un'altra considerazione, in un'ottica, per così dire, storica.
Temiamo che chi abbia avuto la pazienza di leggere fin qui sia rimasto alquanto sconcertato: risorse insufficienti, erogate in modo ambiguo, senza che nessuno ne sancisca mai la "congruità"... La stagione 2007/2008 ha portato più dubbi che soluzioni, o più probabilmente ha fatto venire al pettine i nodi di una riforma lasciata a metà. Vogliamo vedervi almeno qualche vantaggio? Indicheremmo questo: grazie alla competenza in capo alle Regioni e all'esistenza dei Contratti di servizio che esplicitano i rapporti economici tra queste e Trenitalia, i nodi hanno potuto essere evidenziati all'opinione pubblica, non da ultimo sul sito che state leggendo.
In passato, le ferrovie italiane hanno assorbito quantità ingenti di risorse, secondo modalità probabilmente molto meno esplicite, molto più conglobate in un "grande mucchio", che mescolava sprechi e investimenti, secondo logiche assai più difficili da investigare. Da questo punto di vista, crediamo che quella "metà riforma" portata avanti non sia da buttare via. Basterebbe solo che i passi futuri, anche se piccoli, fossero fatti in una direzione coerente: ci par proprio di poter dire che il buon esempio non sia arrivato dalle ultime scelte del Governo, con differenze finora pressoché nulle tra quello di sinistra e quello di destra.
Entro il 2011 (la data finale del Piano Industriale) pressoché tutte le nuove infrastrutture oggi in costruzione saranno terminate, compresa l'intera rete ad Alta Velocità.
E' probabile che nuovi operatori cominceranno a svolgere una certa quota di servizi in concorrenza a Trenitalia, ma solo sull'unica direttrice realmente appetibile (Milano-Roma).
Tuttavia nessuna seria prospettiva di liberalizzazione del trasporto regionale appare all'orizzonte, nemmeno nel medio periodo.
Appariranno invece la sostanziale inefficacia di una buona fetta della rete AV, i suoi costi non competitivi né remunerativi (anche a seguito della scelta di elettrificazione monofase), la mancanza di coordinamento tra AV e trasporto regionale (perseguita addirittura come obiettivo!), i mancati benefici alle linee tradizionali a seguito dell'apertura delle nuove linee AV, il decadimento del trasporto regionale, trasformato in puro trasporto pendolare, e infine, anche se non analizzato in questo articolo, il tracollo del servizio merci.
Naturalmente vorremmo sbagliarci.
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Approfondimento:
Il Catalogo Trenitalia.