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Nel mondo della ferrovia si possono individuare tre soggetti che interagiscono fra loro: il primo è l'infrastruttura, cioè i binari e tutti gli altri impianti fissi; il secondo sono i treni; il terzo è dato dall'utenza, cioè i viaggiatori e le merci trasportati dalla ferrovia. L'interazione di questi elementi dà il servizio ferroviario, che in un certo senso si concretizza nell'orario dei treni: è di questo che andremo a parlare ora.
Alla metà degli anni Cinquanta, quando la ricostruzione dai danni bellici poteva ormai dirsi conclusa, i più prestigiosi servizi rapidi nazionali erano saldamente in mano ai più moderni mezzi leggeri: prima di tutto i 16 elettrotreni ETR.200 (1936-41) e i due nuovissimi «Settebello», che si occupavano della dorsale Milano-Napoli; infine le automotrici diesel come le ALn 880 e 990 per le linee non ancora elettrificate. I servizi internazionali erano invece rimasti fermi a una concezione assai più tradizionale, non molto diversa da quella che aveva caratterizzato il mezzo secolo precedente: carrozze in servizio diretto viaggiavano sì da un capo all'altro del continente, ma con velocità commerciali basse, lunghe soste ai confini e nelle stazioni principali, laboriose manovre di aggancio e sgancio da un treno all'altro. Se l'Europa muoveva i primi passi verso una qualche forma di unificazione, anche i treni dovevano fare altrettanto.
Nacque così la rete dei servizi Trans Europ Express, attivi dall'estate del 1957: nuove automotrici diesel, moderne e confortevoli, di sola prima classe, avrebbero permesso una sensibile riduzione dei tempi di percorrenza. La scelta di mezzi diesel era quasi obbligata, dal momento che nelle nazioni servite esistevano almeno 5 sistemi di elettrificazione (3000 e 1500 V c.c., 15 kV 16 2/3 Hz, 25 kV 50 Hz, 3600 V trifase), e, fuori dall'Italia, nemmeno tutte le linee percorse erano elettrificate.
Le FS svilupparono un'automotrice doppia, la ALn 442/448, costruita dalla Breda in 9 esemplari. Ad essa furono affidati tutti i treni TEE interessanti l'Italia, attivati tra l'estate 1957 e la successiva: il Ligure, tra Milano e Marsiglia via Ventimiglia (7.15 ore al posto delle 12 dei servizi precedenti), il Mediolanum, tra Milano e Monaco, via Brennero (7 ore invece di 11), il Lemano tra Milano e Ginevra via Sempione (4.10 ore invece di 6.20), e il Moncenisio, tra Milano e Lione via Frejus (5.50 ore invece di 10).
I Trans Europ Express |
FS ALn 442/448
Railcar for TEE services, 9 units built in 1957 and used for Ligure Milano-Marseille, Mediolanum Milano-München, Lemano Milano-Genève, then for domestic express services since 1972. One unit (single railcar) is in Science Museum in Milan, another unit (double railcar) is waiting for repair, but day after day it is becoming just scrap iron. Disegno MM/Claudio Vianini |
I tempi competitivi e il comfort di viaggio portarono i treni TEE a un rapido successo. Del resto, in quegli anni, nella totale assenza di una rete autostradale internazionale, il treno non aveva praticamente rivali, nonostante il servizio di sola prima classe a supplemento non fosse certo economico; ad esempio la relazione Milano-San Remo del TEE Ligure, una di quelle commercialmente più valide, prevedeva un supplemento di 1340 lire (15 Euro di oggi), che sommate al biglietto di prima classe portavano a un costo complessivo di 4740 lire (53 Euro) contro le 1870 della seconda classe; il viaggio però durava solo 3.50 ore, sicuramente vincenti rispetto a una percorrenza stradale stimabile in almeno 5.45 ore. Per confronto oggi un Eurocity costa 21 Euro in seconda classe e impiega 3.38 ore, ma deve confrontarsi con un tempo di viaggio autostradale che, in assenza di congestione, non ha problemi a stare nelle 3.10 ore.
Dal 1961 si aggiunsero due altri TEE: il Gottardo Milano-Zurigo (4 ore invece di 5 dei servizi normali) e il Cisalpino Milano-Parigi via Sempione (8 ore invece di 12). Essi vennero svolti dagli elettrotreni svizzeri RAe 1050: un mezzo tecnicamente assai interessante, che, unico in Europa, rompeva il predominio della trazione diesel per questo genere di servizi; grazie all'equipaggiamento policorrente, poteva infatti viaggiare sotto tutti i sistemi elettrici europei, ad eccezione beninteso del trifase italiano.
I tempi di percorrenza possono essere giudicati ancor oggi significativi, in alcuni casi addirittura esemplari: ad esempio tra Milano e Monaco si impiegano oggi 7.20 ore, 20 minuti in più del primo Mediolanum, potendo contare sulla trazione elettrica e sulle quattro varianti velocizzatrici attivate tra Verona e Brennero negli anni Novanta; tra Milano e Parigi siamo scesi a 7 ore, ma via Modane, cioè sfruttando un ampio tratto dell'alta velocità francese; tra Milano e Zurigo gli incrementi di velocità permessi dall'assetto variabile dei Pendolini Cisalpino non fanno andare sotto le 3.50 ore.
Tuttavia le grandi differenze tra la mobilità degli anni Cinquanta e la nostra si percepiscono considerando il numero di posti disponibili: un TEE Breda ne offriva appena 90, che potevano al massimo raddoppiare, accoppiando due convogli, cosa che si fece spesso nelle relazioni più legate al turismo, come il Ligure. In ogni caso, si trattava di una sola corsa al giorno, non di un servizio disponibile con regolarità nell'arco della giornata.
La successiva evoluzione dei servizi TEE, e in generale dei servizi rapidi a lunga percorrenza, anche in ambito nazionale, può proprio essere letta in termini di posti offerti e di frequenza delle corse. Al principio degli anni Settanta, le FS sostituirono le automotrici Breda con treni di materiale ordinario, cioè costituiti da locomotiva e carrozze: la locomotiva era la celebre E.444 «Tartaruga»; le carrozze, nuovissime e di comfort assai superiore anche agli stessi TEE Breda, permettevano un numero di posti maggiore, oscillante tra i 150 e i 240 per treno (3-5 carrozze più la ristorante e il bagagliaio). Treni simili - cambiava solo la colorazione delle carrozze - furono messi in servizio anche su relazioni nazionali: nascevano i «TEE Bandiera» che, grazie a composizioni più robuste, arrivavano anche a 430 posti (9 carrozze).
Sulla Milano-Roma, ovviamente la linea di maggior importanza, i TEE erano tre: il Vesuvio (prolungato a Napoli), l'Ambrosiano e il Settebello, che continuava ad essere effettuato con l'omonimo elettrotreno; una ulteriore coppia di rapidi, effettuata con carrozze Tipo X, completava il servizio con tempi di percorrenza paragonabili a quelli dei TEE. Sulle altre relazioni, il numero di corse rapide continuava ad essere ben più ridotto: tra Milano e Bari correva il TEE Adriatico e un altro treno rapido di materiale ordinario. Tra Roma e Reggio di Calabria il TEE Aurora affiancava il rapido Peloritano, composto da elettromotrici ALe 601 per la Sicilia. Tra Milano e Ventimiglia il TEE Cycnus effettuava la relazione inversa rispetto al Ligure.
Il passaggio ad un concetto moderno di mobilità può essere collocato nel decennio 1975-1985: dapprima i TEE nazionali più "periferici" furono trasformati in treni rapidi (Aurora e Cycnus, rispettivamente 1975 e 1978), poi fu la volta dei TEE internazionali: il Ligure e il Lemano nel 1982, il Mediolanum nel 1984 (il Mont Cenis era già diventato Rapido nel 1972). Diventare treni rapidi significava disporre anche della seconda classe e aumentare il numero di posti offerti: ad esempio il Lemano saliva a 294 posti, il Ligure, composto da carrozze Tipo X, arrivava a ben 540 posti. In altre parole, gli stessi tempi di percorrenza di prima si rendevano ora disponibili a un pubblico assai più vasto, sia in termini quantitativi, sia di disponibilità economiche.
L'ultimo TEE in servizio internazionale, il Gottardo, da sempre effettuato con gli elettrotreni RAe 1050 svizzeri, verrà soppresso nel settembre del 1988 (e quindi effettuato per i successivi cinque anni con gli stessi elettrotreni, ma riallestiti con posti di seconda classe).
Ma il vero salto nel modo di offrire i servizi rapidi era in realtà avvenuto l'anno prima: con l'orario estivo 1987, viene organizzata l'intera Milano-Roma, e i tre TEE lasciano il posto a una maglia cadenzata di treni Intercity: 8 coppie sull'intero percorso, più altre su tratte parziali (ad esempio all'inizio e alla fine della giornata - guarda il quadro orario completo).
Il numero di posti offerti nell'arco della giornata aumenta di quasi quattro volte, da 1300 a 5000, con un tempo di percorrenza sostanzialmente identico (5.10 invece di 5.08) e un costo dimezzato: 40.500 Lire in seconda classe contro le 79.800 del TEE (rispettivamente circa 39 e 77 Euro di oggi). Questi dati ne fanno sicuramente il progetto commerciale più coraggioso mai attuato dalle FS.
Negli stessi anni, in sostituzione dei treni TEE, viene proposto un nuovo marchio di qualità per i servizi internazionali: l'Eurocity (Euronight per i corrispondenti servizi notturni). I treni Eurocity, tutti a materiale ordinario, rappresentano l'ultima occasione per vedere sulla rete FS un gran numero di carrozze di varie nazionalità - italiane, svizzere, tedesche, francesi, belghe, austriache - che, con i loro vivaci colori, rinnovano la tradizione dei TEE, offrendo anche relazioni nuove, come il Romolus Roma-Vienna, il Colosseum Roma-Monaco, il Verdi Milano-Dortmund, il Vauban Milano-Bruxelles.
Siamo ormai arrivati all'attualità: in una curiosa alternanza tra elettrotreni e carrozze, sono i primi a prendere ancora una volta il sopravvento: nei servizi interni, individuati dal marchio Eurostar arrivano dapprima i Pendolini (ETR.450, 460 e 480), e poi soprattutto gli ETR.500, treni bloccati di locomotiva e carrozze, assimilabili agli elettrotreni dal punto di vista dell'esercizio; il tempo di percorrenza tra Milano e Roma, che può essere assunto come punto di riferimento, si attesta a 4.30 ore: non è la migliore percorrenza in assoluto (già nel 1992, con il completamento della Direttissima, gli ETR.450 avevano toccato le 3.50 ore), ma adesso è garantita sull'intero arco della giornata, da 14 coppie a cadenza oraria, con un'offerta complessiva di 9400 posti, che salgono a 12.000 contando le ulteriori tre coppie di IC e due di TBiz (vedi anche un commento sul proliferare delle tariffe).
La tendenza dei servizi internazionali è quella dell'abolizione delle relazioni più lunghe: ad esempio dal 2003 non ci sono più collegamenti diretti diurni con la Germania a nord di Stoccarda e di Monaco e a fine 2004 viene soppresso l'Eurocity Milano-Bruxelles. Per contro, sulle relazioni più corte (ad esempio Milano-Basilea, Verona-Monaco, e dal 2006 Milano-Nizza), il servizio, in analogia con quello interno, tende a diventare cadenzato, in genere con frequenza di due ore (quattro tra Milano e Nizza, intercalati agli IC limitati a Ventimiglia). Dal punto di vista del materiale, due elettrotreni si distinguono: gli ETR.470 della società Cisalpino sfruttano l'assetto variabile per ridurre le percorrenze attraverso Sempione e Gottardo, mentre i TGV Reseau Milano-Parigi traggono naturalmente vantaggio dalla rete ad alta velocità francese (ma non da quella italiana tra Milano e Novara, che non possono percorrere, in quanto non dotati dell'attrezzatura per il suo segnalamento "ERTMS" - cfr. i dettagli sulla linea AV Milano-Torino).
Se i treni nascono per trasportare merci, si sviluppano facendo viaggiare persone sulle lunghe distanze e infine acquistano nuovi significati per muovere forti flussi pendolari intorno alle grandi metropoli, occorre parlare anche di un altro tipo di mobilità, oggi numericamente inferiore, ma storicamente assai significativa e senza dubbio affascinante: quella legata al turismo.
La prima scoperta turistica della Riviera, così come delle altre mete del Bel Paese, si svolge senza dubbio per ferrovia, tanto è vero che, ad esempio, gli itinerari sulle celebri Guide d'Italia del Touring Club sono presentati prima lungo le ferrovie e poi lungo le strade (solo con le edizioni degli anni Cinquanta l'ordine di presentazione verrà invertito). Tuttavia, in tutti questi casi, il turismo si muove utilizzando treni ordinari, per i quali probabilmente in alcune aree costituisce una quota rilevante dell'utenza.
I treni popolari degli anni Trenta possono essere considerati i primi treni espressamente pensati per spostamenti turistici: circolavano nei giorni festivi dalle grandi città verso mete turistiche e su di essi valevano gli appositi "biglietti festivi" (50% di sconto individuale e ben 70% per gruppi di almeno 5 viaggiatori); rispondendo pienamente al loro nome, hanno dato la possibilità a stuoli di italiani di scoprire città e riviere in affollatissime gite domenicali.
Se i treni popolari erano comunque effettuati con materiale rotabile generico - di norma semplici carrozze di terza classe - è proprio dopo la guerra, nel 1948, che le Officine Meccaniche di Milano realizzano la prima automotrice appositamente attrezzata per servizi turistici: è la ALtn 444 «Belvedere»: una ALn 772 riallestita con interni di lusso e salone panoramico centrale, simile alle carrozze Vista Dome americane. Per nove anni effettuerà la Freccia Aurelia, un singolare treno d'agenzia a cadenza settimanale da Milano per San Remo; successivamente destinata ad altri servizi intorno a Torino, verrà ritrasformata nel 1965 in una normale ALn 772 (la 3424, infine demolita nel 1984), in un certo senso vittima del proprio successo: i soli 44 posti offerti, infatti, l'avevano resa sempre più inadatta a sostenere una mobilità turistica in crescita esponenziale.
FS ALtn 444.3001 "Belvedere"
The "Belvedere" railcar was built as a sole specimen in 1948, deriving it from the standard ALn 772 railcars. At the beginning of the 50's, it was used for the "Freccia Aurelia", a high-quality week-end connection between Milano ad San Remo. Many photos exist, which show the ALtn 444, resting on a storage siding in San Remo, together with threephase locos of ordinary trains. In 1965 it was transformed into a standard ALn 772. |
ALtn 444.3001, San Remo, 1954
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Pochi anni dopo l'ALTn 444, il «Settebello», con i suoi celeberrimi salottini belvedere, proseguiva nell'intento di valorizzare gli aspetti paesaggistici e spettacolari del viaggio, ferma restando la destinazione del treno alla direttrice Milano-Roma, quindi a una clientela composta non soltanto da turisti. In seguito, più che di una progettazione dei rotabili orientata al turismo, si può parlare di un generale aumento della qualità dei veicoli, in cui l'aumento del comfort del viaggio portava benefici anche ai movimenti turistici: da questo punto di vista si possono menzionare le elettromotrici rapide ALe 601, gli Elettrotreni ricostruiti come ETR.220, le ALn 773, le carrozze Tipo 1957-59 (con cui veniva introdotto anche in Italia il servizio cuccette) e poi le stesse Carrozze Tipo X, che hanno fatto fare il decisivo salto di qualità nel trasporto generico di seconda classe, in primo luogo grazie all'adozione di scompartimenti da 6 posti (in altre nazioni, come ad esempio la Francia, verranno ancora prodotte numerose serie di carrozze a scompartimenti da 8 posti, decisamente meno confortevoli).
E' interessante ricordare le molte relazioni di chiara valenza turistica che la ferrovia offriva, in tempi in cui la rete stradale non poteva ancora essere competitiva. La Freccia Atesina, effettuata con elettromotrici e negli ultimi tempi con un ETR.220, collegava Milano a Merano tutti i fine settimana dai primi anni Sessanta fino al 1991, la Freccia delle Dolomiti, sempre da Milano, proseguiva invece per Calalzo, dove trovava coincidenza per Cortina con i treni della Ferrovia delle Dolomiti, fino alla chiusura di questa linea, avvenuta nel 1964. La Freccia continuò a circolare fino al 1999, come treno di materiale ordinario, dopo alcune stagioni in cui il servizio era stato svolto con le automotrici ALn 448/460 ex-TEE.
Un altro treno tradizionale del fine settimana era il diretto Milano Porta Garibaldi - Aosta, composto da un'unica ALn 990 ed effettuato fino al 1991, negli ultimi due anni con una ALn 773. Fino al 1986, Biella era capolinea, oltre che di svariati collegamenti con Torino, anche di una relazione estiva verso Genova, svolta dapprima con ALn 668.2400 e negli ultimi tempi con una tripla di ALn 663 (dal 2005 si è provato a ripristinare questo collegamento, nei soli giorni festivi, e prolungato a La Spezia); anche Varallo Sesia negli anni Settanta aveva collegamenti diretti festivi con Milano e Torino. Più a sud, negli stessi anni, l'espresso Dorico e la Freccia dei due mari collegavano Ancona a Livorno, via Bologna-Firenze, in circa 6 ore.
In altri casi, singole carrozze "in servizio diretto" venivano agganciate e sganciate a vari treni: è il caso ad esempio della relazione diretta Aosta-Roma della fine degli anni Cinquanta, che proseguiva con un normale treno Torino-Roma, oppure della carrozza di prima classe estiva Torino-Montecatini, chiaramente destinata all'élite che ne frequentava le terme. L'ultimo esempio di servizio diretto su un itinerario quanto mai inconsueto è stata la carrozza Roma-Cosenza che, fino a tutti gli anni Settanta, da Paola proseguiva sull'ultima ferrovia a dentiera delle FS, con trazione a vapore assicurata dalle locomotive del Gruppo 981.
Non mancavano neppure le relazioni turistiche verso le linee delle ferrovie in concessione, come la coppia di diretti estivi da Milano per Clusone e Piazza Brembana, svolte sulle due ferrovie delle Valli Bergamasche, soppresse nel 1966: il tempo di percorrenza di meno di 1h50 da Clusone a Milano sarebbe ancor oggi competitivo in certe serate domenicali di grande congestione automobilistica (in auto, in condizioni normali, occorrono almeno 1h20).
Altri collegamenti, pur non classificabili come turistici, sono degni di citazione perché accomunati dall'utilizzo di itinerari oggi coperti solo da servizi locali: il diretto per Milano Porta Genova partiva da Cuneo prima dell'alba e raggiungeva la destinazione in 4h35 attraverso Alba, Asti e Casale; a causa dell'interruzione sulla linea di Castagnole (1982-88) è stato poi limitato alla sola tratta Milano-Asti (2 ore), ed è stato infine soppresso nel 1991. Ferrara, fino al 1986, era collegata direttamente con Milano via Mantova in circa quattro ore da ben tre coppie di diretti, effettuati con automotrici ALn 873 che nell'ultimo tratto percorrevano la Ferrovia Suzzara-Ferrara, mentre oggi tutti i collegamenti con Milano terminano a Mantova.
La maggioranza di queste relazioni oggi è scomparsa oppure è stata assorbita dentro la più vasta maglia di servizi ordinari, che, con adeguati trasbordi e sfruttando i treni più veloci sulle linee principali, permettono di raggiungere le stesse località con tempi di percorrenza paragonabili.
Un caso singolare, quasi in controtendenza, è rappresentato da Bergamo, che è ancor oggi il capolinea di ben tre servizi turistici estivi: la Freccia Orobica per la Romagna e Pesaro, risalente agli anni Sessanta e da sempre effettuata con le automotrici ALn 668 della Ferrovia Suzzara-Ferrara; la Freccia della Versilia per Pisa, che in origine partiva da Brescia e Verona, quando era svolta con le ALn 873 di quest'ultimo impianto; infine il Treno dell'Arcobaleno, ultimo istituito nel 1992 per la Riviera Ligure e Ventimiglia.
Un capitolo assai significativo del turismo per ferrovia è rappresentato dai treni internazionali, soprattutto estivi, che, provenienti dall'Europa del nord, hanno affollato i binari FS fino alla fine degli anni Novanta, sia come normali treni in orario, sia come servizi d'agenzia, circolanti tuttavia con regolarità. Già negli anni Cinquanta, Ventimiglia e la Riviera di ponente erano collegate direttamente con Vienna, Innsbruck, Stoccarda, Monaco, Zurigo, Berna (Simplon-Riviera), Ginevra, Basilea, Hoek Van Holland, Amsterdam (Italien-Holland Express). Ulteriori servizi da Francoforte e Amburgo per La Spezia e da Amsterdam per Pisa completavano il quadro delle relazioni da nord, mentre altre carrozze proseguivano più a ovest, verso Marsiglia, Bordeaux, Irun e Port Bou. Del resto, in quegli anni, Roma stessa era collegata praticamente con tutte le principali città europee: Stoccolma, Copenaghen, Ostenda, Amsterdam, Bruxelles, Parigi, Lione, Zurigo, Berna, Nyborg, Amburgo, Monaco, Salisburgo, Belgrado, Varsavia; tanto che, tolti i rapidi più celebri, come il Settebello o il Treno Azzurro, e quelli svolti con gli Elettrotreni, la maggioranza dei servizi a lunga percorrenza era proprio costituita da treni internazionali.
Un caso particolare era poi costituito dal Train Bleu Calais-Ventimiglia-San Remo che nel breve tratto italiano era composto da due sole carrozze: al tempo della trazione trifase, era solitamente affidato a una E.333 o una E.431, e la loro presenza in stazione di San Remo - il treno arrivava verso le 11 e non ripartiva che dopo le 17 - rappresentava una delle vedute classiche di quella stazione, così come fino a pochi anni addietro era stata l'automotrice Belvedere ferma sul tronchino dal lato di Ospedaletti.
Il Train Bleu San Remo-Calais |
La composizione tipica degli anni Sessanta: E.333, carrozza FS e carrozza letti CIWL The typical composition in 1960's: E.333 threephase engine, an FS coach and a CIWL sleeping car |
San Remo, stazione ferroviaria, con il Train Bleu in sosta sul terzo binario.
San Remo, railway station, with the Train Bleu on the 3rd track (it arrived at 11 am and departed at 5 pm). (cartolina Omniafoto Torino) |
Prima della guerra, addirittura, in una differente situazione politica e, naturalmente, nell'assenza di ogni tipo di concorrenza, stradale o aerea, erano esistiti collegamenti per Ventimiglia anche da Berlino, Praga (carrozza con letti) e Budapest. Nell'orario del 1931, figura persino un collegamento invernale Berlino-Rapallo, la cui periodicità è quanto mai evocativa del tipo di attrattività turistica che la Riviera esercitava in quegli anni.
In tempi più recenti, il Riviera Express, instradato via Sempione-Novara-Alessandria per tutte le estati degli anni Settanta e Ottanta, portava carrozze dirette da Amsterdam, Dortmund e Francoforte e, nei primi tempi, anche da Puttgarden e Copenaghen. Fino al 1998, anche Berna e Ginevra erano collegate a Ventimiglia con un servizio diurno sullo stesso itinerario, e - dal 1981 al 1987 - anche attraverso la spettacolare linea del colle di Tenda.
Tutti questi servizi rendevano quanto mai abituale la presenza in riva al mare delle carrozze Tipo X tedesche nell'elegante colorazione turchese e avorio, mentre i servizi dalla Svizzera erano svolti con le carrozze unificate SBB in verde vagone, e, fin verso il 1985, anche con più antiche carrozze Schlieren della BLS; l'arancio faceva la sua comparsa sulle carrozze austriache del Gondoliere Vienna-Marsiglia e il sabato fino al 1991, arrivava anche la carrozza a cuccette da Bruxelles nella vivace colorazione arcobaleno della società Railtour. La maggior parte dei convogli era poi integrata da carrozze FS, che, prima di diventare le moderne Tipo X in rosso fegato (dal 1985 circa), erano state soprattutto i classici modelli a scompartimenti degli anni Cinquanta in grigio ardesia (33.000, 45.000 e simili), e anche alcuni d'anteguerra, come le Bz 32.000. A completare la varietà di questi treni era la trazione che, a parte le D.345 per il servizio sul Tenda, vedeva la presenza pressoché di ogni gruppo di locomotiva elettrica, dall'E.636 alla E.444, passando per E.646 ed E.656.
Alcuni treni erano formati da carrozze, soprattutto tedesche, espressamente destinate ai servizi turistici: dapprima le Touropa, blu scuro, con la grande scritta argento sulla fiancata, poi le assai più colorate TUI - Ferien Express, gialle e rosse, che hanno viaggiato dalla Germania per Imperia e Pisa fino al principio degli anni Novanta. Alcuni di questi treni d'agenzia, meno conosciuti in quanto spesso non riportati sui normali orari ferroviari, esistono ancor oggi, sia come treni invernali, ad esempio tra Bruxelles e San Candido, sia come servizi estivi, soprattutto verso la Riviera Romagnola.
Nel periodo del boom economico i mutamenti demografici non coinvolgono solo il nord e il sud del paese, ma anche il rapporto tra la metropoli e quello che comincia a chiamarsi il suo hinterland. Nel decennio 1961-71 la popolazione di Milano cresce del 9%, contro il 38% dei comuni della Provincia dotati di stazione ferroviaria e ben il 48% di quelli non dotati di stazione (la cui crescita tende a tradursi in una perdita di rilevanza della ferrovia).
Così, mentre le ferrovie stanno concentrando gli sforzi sull'aumento di velocità nella lunga percorrenza - le E.444, il progetto della nuova Direttissima Firenze-Roma (torna alla Parte 1) - ecco che un nuovo problema deve essere risolto: lo spostamento giornaliero di grandi masse di pendolari tra le loro abitazioni e i luoghi di lavoro. Si tratta di un tipo di domanda che, su larga scala, non aveva precedenti, e che richiede di essere soddisfatto non solo con rotabili adeguati, ma anche con nuovi modelli di servizio.
Sviluppo urbano nel dopoguerra |
Percentage growth of population in Lombardy for Milan, other town near Milan, with and without a station and other towns in Lombardy. The growth of suburbs is much greater than that of Milan. |
Dal punto di vista dei rotabili, la situazione viene affrontata già al principio degli anni Sessanta con le elettromotrici ALe 803: le tre porte per fiancata sono il primo segnale di un servizio orientato a grandi flussi di persone, che devono salire e scendere dal treno con rapidità. Ma il decisivo impulso arriva nel 1967, con le nuove carrozze a Piano Ribassato: un modello esemplare per capienza e accessibilità, tanto che ancor oggi, rinnovato negli arredi, costituisce un'insostituibile risorsa del trasporto regionale. In totale ne vengono costruite 1086 unità, in maggior parte appartenenti ad una successiva ordinazione migliorata (1975-84).
Accanto alle carrozze, si adeguano anche le locomotive, rendendole telecomandabili da un'apposita carrozza pilota, dotata di cabina di guida e ubicata all'estremità opposta del treno: in questo modo scompaiono le manovre ai capolinea permettendo uno sfruttamento più efficiente del materiale. Dapprima si adeguano le E.646, convertendole ai servizi "navetta", come vengono chiamati. In seguito tutte le nuove locomotive nascono già telecomandabili: E.632, E.633, E.656 e D.445 delle ultime serie, fino alle E.464, prime locomotive espressamente progettate per il solo servizio pendolare e costruite in ben 388 esemplari a partire dal 2000.
Il problema del servizio è però più complesso: per la prima volta diventa cruciale la questione della "punta", vale a dire la concentrazione di un fortissimo traffico in un lasso di tempo assai breve: non più di tre ore la sera, e anche meno di due per il mattino. Infatti, sollecitati da sempre nuova domanda, i treni in servizio aumentano: in una struttura di rete radiale, di cui Milano rappresenta l'esempio più evidente, anche solo due o tre treni che convergono per ognuna delle città di provenienza diventano decine di treni da gestire a destinazione. Lo stesso dimensionamento della flotta e del personale va necessariamente fatto sull'ora di punta, anche se poi la maggior parte dei treni potrà starsene ferma fino al ritorno a casa serale: si tratta, se non di novità assolute, quanto meno dell'enfatizzazione di questioni già aperte, che la ferrovia ha dovuto affrontare dagli anni Settanta.
Anziché le linee, l'anello critico diventano in primo luogo i nodi, cioè le grandi città, destinatarie di tutti questi treni; le stazioni, abituate a distribuire il traffico nell'arco di tutta la giornata, non sono preparate per ricevere sequenze così serrate di convogli; acquista importanza la questione delle interferenze reciproche, su una rete in cui praticamente tutti i bivi sono a raso; diventano preziose le stazioni secondarie, in cui attestare i treni quando la stazione principale non ha più binari per riceverli: Porta Garibaldi, e poi anche Lambrate e Greco a Milano, Lingotto a Torino, Campo Marte a Firenze. Altrove, dove l'infrastruttura lo permette, come a Roma o a Genova, si punta sulle relazioni "passanti", che non facendo capolinea nel nodo, riducono l'occupazione dei binari.
Ad un occhio più critico, tuttavia, non può sfuggire come tutto questo aumento di servizio sia stato applicato ad un'infrastruttura sostanzialmente statica: progetti importanti ce n'erano senz'altro - in primo luogo i Passanti di Milano e Torino - ma, come abbiamo già detto, la loro realizzazione è andata enormemente per le lunghe: 24 anni di lavori per quello di Milano, dal 1984 al 2008, e più o meno lo stesso per quello di Torino, ad oggi ancora incompiuto.
In attesa del completamento dei grossi interventi, che era assai difficile vedere prossimo, sarebbe stato necessario puntare su interventi minori, di costo più contenuto, ma utili per l'esercizio e attivabili in tempi molto più brevi. Se si esclude la fermata di Genova Piazza Principe Sotterranea, in questo senso esemplare, non è stato fatto pressoché nulla: né velocizzazione dei percorsi deviati (Rho, 220 treni al giorno e deviate da 30 km/h), né aggiunta di binari (Milano Rogoredo, 16 anni di "lavori in corso", 4 binari allora e 4 oggi), né tanto meno scavalchi e intersezioni a livelli sfalsati: gli interventi di tipo "puntuale" che, riducendo i conflitti di circolazione, hanno un ruolo determinante per garantire regolarità e puntualità. Solo in tempi recentissimi ci si è resi conto che alcuni punti nevralgici rappresentano strozzature inammissibili per il servizio, e, forse, si sta ora cercando di porvi rimedio (questa e altre fondamentali questioni sul gestore dell'infrastruttura saranno affrontate in un prossimo articolo).
Dove non si può aumentare il numero di corse, bisogna di necessità aumentare la capienza dei treni: a partire dal 1980, arriva l'altra fondamentale carrozza del servizio pendolare, quella a Due Piani. Derivata da un modello francese, con porte larghe 1,8 m e vestiboli in grado di contenere agevolmente anche 40 persone, costituisce un insuperato modello di efficienza, sia pure a prezzo di qualche sacrificio dal punto di vista del comfort. La composizione di otto vetture, utilizzata per i casi più critici, permette di offrire l'autentico primato di 1190 posti a sedere, con una "densità" di 5,6 posti per metro lineare, praticamente il doppio di una composizione per medie distanze.
Le 450 carrozze a due piani e le 2300 per medie distanze rappresentano, al principio degli anni Ottanta, i due ultimi esempi di buona progettazione di carrozze per il trasporto regionale. Nel successivo ventennio non si progetta nulla di nuovo, creando, di fatto, un gap generazionale che non aveva precedenti nella storia delle FS, dove i nuovi modelli di carrozze si erano sempre succeduti in media ogni 5-10 anni.
L'unico esempio di nuova progettazione, il TAF (ALe 526, 99 treni a quattro pezzi, consegnati a partire dal 1997), più che per le innovazioni introdotte, viene purtroppo ricordato per i suoi difetti: difficoltà a sfruttare la propria potenza senza incorrere in slittamenti, comfort di marcia mediocre, vestiboli sottodimensionati, ambiente "claustrofobico", finestrini angusti.
All'inizio degli anni Settanta, la trazione a vapore era ancora necessaria su molte linee locali, sia per i treni merci, sia per qualche servizio viaggiatori. Per poter eliminare del tutto l'esercizio a vapore era necessario un nuovo gruppo di locomotive diesel: le FS svilupparono il gruppo D.345, versione migliorata delle D.343 di qualche anno prima. La prima unità venne consegnata nel 1974; non più tardi del 1977-78, scomparvero gli ultimi servizi regolari a vapore: le 940 di La Spezia in Garfagnana, le 880 di Cuneo sulla Saluzzo-Airasca, le 640 di Alessandria in Monferrato, le 741 di Fortezza in Pusteria furono gli ultimi bagliori di un mondo che finiva. Ma la macchina a vapore non era morta del tutto: dopo qualche anno in cui per scelta delle FS venne utilizzata solo per sporadiche manovre, a partire dal 1984 è cominciata una nuova vita, quella al traino dei treni storici, cioè delle corse speciali effettuate per commemorazioni, anniversari o più generalmente come vera e propria forma di turismo ferroviario.
E' interessante notare come persino in Germania, paese di grande tradizione ferroviaria, una volta concluso l'esercizio regolare a vapore (1977), ci sia stato un periodo di divieto di circolazione delle locomotive a vapore, quasi che la fine di questo tipo di trazione venisse percepita come un "punto di non ritorno" nella storia delle ferrovie. Quel divieto venne poi del tutto superato in occasione del Centocinquantenario delle ferrovie tedesche (1985) e naturalmente al giorno d'oggi vaporiere di decine di gruppi circolano abitualmente in tutta la Germania in testa a treni storici e turistici.
Un memorabile raduno di vaporiere ad Aosta nel luglio 1986, le giornate ferroviarie di Luino, il recupero della 685.196, "regina" delle locomotive italiane, il rinnovo di una tradizione vaporistica nei depositi di Verona, Cremona, Alessandria, sono state le tappe con cui, nella seconda metà degli anni Ottanta, il vapore è tornato ad essere, se non un'esperienza quotidiana, quanto meno una presenza ancora viva nel mondo della ferrovia italiana.
Oggi, sia pure con una ripartizione territoriale non del tutto omogenea e con un utilizzo a volte incostante, i treni storici con trazione a vapore sono una realtà ben radicata e sempre capace di un forte richiamo sul grande pubblico. Anzi: le macchine a vapore costituiscono sicuramente il migliore esempio di conservazione del parco storico, a fronte, ad esempio, della situazione ben più critica nel campo delle automotrici e degli elettrotreni, dove quasi nulla è al momento disponibile e funzionante (nonostante l'indiscutibile tradizione italiana per questo tipo di rotabili!).
In totale, sulla rete FS, le macchine a vapore attive sono circa 20, anche se concentrate in soli cinque gruppi, quelli che furono già i più diffusi e longevi ai tempi del vapore regolare: 625, 640, 685, 740 e 940, più l'esemplare unico della 728 di Trieste. Alle macchine attive se ne aggiungono una trentina in riparazione o di cui è comunque ipotizzabile una futura rimessa in servizio (incluse unità dei gruppi 743, 835 e 880), e circa 15 funzionanti sulle varie ferrovie in concessione.
Infine, ci sono pur sempre tutti gli esemplari conservati staticamente nei musei, tra i quali si annoverano molti pezzi di pregio, come quelli dei gruppi 470, 552 e 746 (a Milano), 290, 480 e 735 (a Pietrarsa) e altri ancora.
Ai giorni nostri, la progressiva chiusura al servizio regolare di alcune ferrovie secondarie ha aperto la strada a un nuovo tipo di utilizzo turistico del treno, in cui il viaggio stesso diventa una parte essenziale della gita e il patrimonio storico della ferrovia - rotabili, architetture, manufatti - può essere grandemente valorizzato. Il concetto di ferrovia turistica, assai diffuso all'estero, comincia ad essere applicato anche in Italia: con questo termine si intende una linea in cui si effettua un servizio regolare non destinato alla normale mobilità, ma solo agli spostamenti turistici. Il più delle volte i treni sono effettuati con materiale storico e spesso si tratta di linee chiuse al servizio ordinario, sebbene quest'ultima non sia una caratteristica indispensabile.
In Italia, il primo caso di ferrovia turistica è stato la Ferrovia del Basso Sebino (FBS), vale a dire la Palazzolo-Paratico, breve diramazione della linea Bergamo-Brescia, che giunge fino al lago di Iseo. Questa linea, in cui il servizio passeggeri era stato soppresso sin dal 1966, è stata riaperta ai turisti nel 1994 e ha oggi consolidato un regolare servizio festivo per la stagione estiva, noto come Trenoblu, svolto di norma con automotrici ALn 668 e con treni a vapore in specifici giorni. E' sicuramente un pregio di questa linea la vicinanza all'area milanese, garanzia di un buon traffico, e la possibilità di combinare il viaggio in treno con escursioni sul lago, anche se va detto che la linea in sé, lunga appena 10 km, non presenta interessi di rilievo né dal punto di vista paesaggistico né da quello storico (l'unica singolarità rilevante, l'attrezzatura per il carico di carri merci su chiatte da lago, utilizzata fino ai primi anni Novanta per portare i carri all'acciaieria di Lovere, è stata smantellata intorno al 2000).
Di respiro assai più vasto, sia per il paesaggio, sia per la rilevanza del materiale storico utilizzato, è la seconda ferrovia turistica, diretta filiazione della FBS: dal 1996 la Ferrovia della Val d'Orcia (FVO) offre un servizio festivo sul percorso circolare Siena - Asciano - Monte Antico - Buonconvento - Siena, conosciuto con il nome di Trenonatura. Lo scenario è quello affascinante della Toscana più classica, dalle crete senesi alla valle dell'Ombrone, tra l'altro su un tracciato in buona parte chiuso al servizio ordinario. Per vari anni i mezzi utilizzati sono stati due ALn 773 (OM, 1957-58) nella originaria colorazione rossa e bianca e l'ALn 990.3018 (OM, 1951), ultimo esemplare esistente di ALn 990 OM, poi distrutto da un incendio nel 2005(!). Anche le ALn 773 sono risultate spesso fuori servizio negli ultimi tempi, con il risultato che le corse turistiche sono state svolte con treni del tutto ordinari, Minuetti compresi (e temiamo che il turista medio finisse con l'apprezzare di più l'aria condizionata di questi ultimi, che non l'uso di un mezzo storico...).
Sono poi da citare per la loro sistematicità il servizio TrenoEstate tra Viareggio e la Garfagnana (negli anni scorsi svolto in parte con le ALn 873 storiche) e i Treni delle castagne, servizi a vapore lungo la ferrovia faentina, effettuati, come suggerisce il nome, nel periodo autunnale. Al di fuori delle FS, un caso senza dubbio significativo è rappresentato dalle Ferrovie della Sardegna che, da anni in declino nel servizio ordinario, hanno puntato molto su quello turistico, tanto che oggi parecchie linee sono aperte solo grazie al movimento turistico, in parte anche a vapore; e naturalmente i paesaggi attraversati non hanno bisogno di presentazione.
Vi è poi la rete a scartamento ridotto della Calabria, che ha presentato per vari anni un servizio a vapore lungo la spettacolare ferrovia della Sila, e, unico caso "internazionale", la ferrovia della Valmorea, tra il Canton Ticino ed il Varesotto, parte della soppressa linea delle Ferrovie Nord Milano, dove i servizi turistici proseguono dal 1993, effettuati con una locomotiva a vapore svizzera.
Nonostante tutti questi esempi, l'utilizzo turistico della ferrovia è ancora ben al di sotto delle proprie potenzialità, spesso avviene in modo sporadico o è condizionato da fattori esterni; un recente caso limite è il Treno della valle della ferrovia Sangritana: con la chiusura della linea storica, avvenuta a fine 2006 (ancor prima che fosse pronta la nuova linea diretta!) l'itinerario turistico Pescara-Lanciano-Villa S. Maria diventa di fatto impraticabile.
In realtà vi sono molte altre linee che presenterebbero condizioni favorevoli a un esercizio turistico: paesaggi spettacolari, possibilità di effettuare escursioni in coincidenza con i treni, interesse tecnico e storico del tracciato ferroviario in sé: ad esempio la trasversale appenninica Terni-Sulmona-Isernia, con il suo naturale proseguimento verso Campobasso e Termoli, va a costituire un unico percorso di ben 430 km, tutto a trazione diesel, che interessa quattro regioni, lambisce tre parchi e tocca cinque capoluoghi, di cui alcuni di indubbia rilevanza artistica, come L'Aquila; un dislivello totale di 2200 metri e la presenza di quattro aspri valichi ne fanno un itinerario di grande fascino e di indiscutibile potenzialità turistica, che ad oggi appare sfruttato solo in minima parte, quando non addirittura a rischio di chiusura.
Vi sono poi altre notevoli ferrovie appenniniche, come la Porrettana Pistoia-Bologna o la Avellino-Rocchetta, e soprattutto alpine: la linea della Valsugana, vicina alle principali mete turistiche del Veneto e quella del Cadore, porta d'accesso alle Dolomiti; la ferrovia del Tenda, di grande impegno tecnico, e la Ceva-Ormea, situata in una tipica zona di soggiorno estivo e ormai da anni sostituita con autobus durante tutta l'estate! Da ultimo si possono citare le ferrovie minori della Brianza o del Monferrato che all'interesse proprio dei luoghi uniscono la vicinanza a metropoli potenzialmente generatrici di una forte domanda.
Molti di questi esempi sono accomunati da un traffico ordinario relativamente modesto: l'utilizzo turistico può essere dunque determinante per motivare il mantenimento dell'esercizio: se non altro, il costo fisso di manutenzione dell'infrastruttura, che esiste sempre, verrebbe distribuito su un maggior quantitativo di servizi. In altri casi, vi sono zone lontane dai maggiori flussi turistici - per esempio l'Abruzzo appenninico - dove la ferrovia può diventare il mezzo innovativo per una doverosa riscoperta culturale.
Da un punto di vista più strettamente ferroviario si tratta quasi sempre di linee secondarie che, in mancanza di trazione elettrica si prestano egregiamente all'uso di automotrici diesel o locomotive a vapore. Del resto, gli stessi fabbricati di stazione sono pressoché tutti antichi: un treno d'epoca vi si trova pertanto a suo agio, in uno scenario coerente e omogeneo, che agevola il recupero della memoria storica e che difficilmente si può incontrare sulle direttrici più trafficate, dove invece si concentrano oggi molti "treni storici".
Negli ultimi trent'anni, la ferrovia ha risposto sostanzialmente bene al problema della mobilità pendolare classica, quella che converge sulle metropoli. Nel frattempo però, la mobilità globale non è certo rimasta ferma; anzi: sempre più le autostrade appaiono congestionate non solo nell'ora di punta, ma per ampi tratti della giornata, e lo stesso accade su molti altri itinerari, anche quelli che non puntano sulla metropoli; se però si analizza l'offerta ferroviaria fuori dall'ora di punta, oppure per destinazioni diverse da quella principale, ci si accorge che spesso la qualità del servizio decade rapidamente.
In altri termini la ferrovia, quanto meno a scala regionale, è diventata competitiva nel trasportare folle di persone verso un unico punto, ma riesce assai meno a gestire spostamenti più articolati, ad esempio trasversali, ciascuno numericamente più esiguo, ma la cui somma diventa tutt'altro che trascurabile.
In realtà, se si guarda il tipo di servizio tradizionale, esso può essere definito come un "servizio su domanda": per ogni relazione (e fascia oraria), viene analizzata la domanda di mobilità; se essa supera una certa soglia, si predispone un treno, in caso contrario l'utente dovrà servirsi di più treni in sequenza. E' infatti ben noto che la ferrovia è sempre stata fatta anche di coincidenze, cioè di relazioni possibili solo con trasbordo. I trasbordi rischiano però di essere l'anello più debole del trasporto ferroviario. Il problema è come far sì che queste coincidenze esistano, siano efficienti, e addirittura tendano ad essere "complete", cioè rendano potenzialmente possibile accedere da qualsiasi punto a qualsiasi altro.
Ecco allora che non è più sufficiente cercare di mettere a disposizione un treno per ogni destinazione, il treno "su misura", ma diventa necessario ostruire una maglia, una rete di servizi integrati, cioè che agiscono in sinergia, in primo luogo negli orari, ma anche nelle tariffe e nell'interazione con gli altri modi di trasporto: gli autobus, i parcheggi di interscambio per le auto, e così via.
In questo diventano ancora più utili i treni reversibili, che riducono i perditempi ai capolinea, sono indispensabili le nuove infrastrutture che si stanno sviluppando, come i quadruplicamenti e i passanti, ma soprattutto è utile un nuovo sistema di progettazione degli orari. Il metodo che è comunemente considerato il migliore è quello dell'Orario Cadenzato Integrato.
Il cadenzamento è un concetto ormai ben diffuso, soprattutto per i servizi a lunga percorrenza: già nel 1985 le FS introdussero il loro primo importante orario cadenzato, sulle direttrici Torino-Venezia e Milano-Ventimiglia, basato su una regolare successione di treni Intercity ed Espressi, che partivano sempre allo stesso minuto, in quel caso con una frequenza di un treno ogni due ore (vedi altre informazioni). Sostituendo il preesistente insieme di servizi assai meno organico, ottenevano tra l'altro sensibili risparmi sui tempi di percorrenza (ad esempio almeno 30 minuti sugli espressi tra Milano e Ventimiglia) e soprattutto garantivano gli stessi tempi di viaggio e la stessa struttura di fermate per tutto l'arco della giornata.
La semplice partenza dei treni a minuti fissi non è però sufficiente per creare un orario cadenzato integrato, cioè un orario in cui si garantisca una coincidenza ottimale fra tutti i treni (appunto l'integrazione dei servizi). E' fondamentale infatti che esistano dei nodi di interscambio, cioè delle stazioni in cui i treni arrivano pressoché contemporaneamente da ogni direzione e ne ripartono, sempre nel giro di pochi minuti. In questo modo si assicura una completa possibilità di coincidenza da ogni luogo per ogni altro. Come si può facilmente intuire, in un orario cadenzato con frequenza di un treno all'ora, i treni in direzioni opposte si incrociano necessariamente ogni 30 minuti. Se i loro orari sono disegnati in maniera simmetrica rispetto al minuto 00 (cioè se ad esempio un treno arriva in una stazione al minuto 55, quello che viaggia nella direzione opposta ne riparte al minuto 5), è facile mostrare che i treni si incrociano sempre ai minuti 00 e 30.
A questo punto è necessario e sufficiente far sì che, nell'orario cadenzato, al minuto 00 o al minuto 30 i treni si trovino presso una stazione in cui confluiscono più linee: ecco che questa stazione è il nodo che si voleva creare, perché lì tutti i treni delle varie linee si troveranno a convergere simultaneamente, garantendo ogni possibile coincidenza (vedi l'articolo con tutti i dettagli).
In quel primo orario cadenzato del 1985, Milano Centrale era uno di questi nodi, in cui erano assicurate le coincidenze da e per qualsiasi treno delle linee di Ventimiglia, Torino e Venezia. Nel 1987 lo stesso avvenne a Bologna, con il cadenzamento dell'Adriatica e della Milano-Roma, di cui abbiamo già detto a proposito dell'incremento di offerta su quest'ultima relazione.
Cadenzamento e simmetria negli orari ferroviari |
Se gli orari sono "simmetrici" rispetto al minuto 00, i treni si incrociano al minuto 30 e sempre nello stesso punto. Questo punto è il "nodo", in cui i treni arrivano contemporaneamente da entrambe le direzioni.
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Quello che si sta provando a fare negli ultimi anni è l'applicazione dello stesso concetto a scala regionale, in modo da portare i benefici del cadenzamento anche sugli spostamenti più brevi. I primi risultati sono cosa assai recente: dapprima Roma, intorno al 2000, introduce tutta una nuova maglia di linee suburbane, battezzate FR (Ferrovia Regionale), che sfruttano anche infrastrutture profondamente ristrutturate, come la Roma S. Pietro - Viterbo. Un analogo progetto di rete suburbana è ideato anche per la Provincia di Bologna (SFS, Servizio Ferroviario Suburbano), e prende le mosse nel 2003 con la riapertura della ferrovia in concessione per Bazzano e Vignola.
Sempre nel 2003, il Piemonte riorganizza un buon numero di linee, in cui il nuovo cadenzamento e la struttura delle coincidenze vengono pubblicizzati con il nome di Memorario. Lo stesso accade l'anno successivo in Toscana, principalmente sulla direttrice Firenze-Pisa, dove si aggiungono anche molti nuovi treni.
Infine, sfruttando il completamento del Passante Ferroviario di Milano, a fine 2004 in Lombardia vengono inaugurate le Linee S, dove la lettera sta per Suburbano, ma richiama anche le ben note Schnell-Bahn tedesche. Insieme a un incremento di servizio che a scala regionale arriva quasi al 10%, viene applicata in modo rigoroso la teoria degli orari cadenzati simmetrici, portando alla creazione di nodi di interscambio a Saronno e Gallarate (in un prossimo futuro anche Monza, Pavia, Cremona), in cui sono effettivamente disponibili con sistematicità coincidenze per tutte le destinazioni.
Accanto a questi risultati positivi non possono essere tuttavia nascoste alcune ombre. In primo luogo si assiste a una pericolosa disintegrazione tariffaria, che va a minare il concetto stesso di "sistema", con tariffe sempre più calcolate sul singolo treno, anziché sul reale percorso del viaggiatore.
In secondo luogo, persiste la mancanza di regolarità del servizio, che è l'ovvia e indispensabile precondizione per il funzionamento degli interscambi; per rincorrere una regolarità formale, si è abolito il concetto stesso di coincidenza e, soprattutto a partire dal 2006, si è attuata una politica di allungamento dei tempi di percorrenza, nel tentativo di migliorare artificiosamente gli indici di puntualità.
Terzo, sono state attuate alcune politiche di degrado del servizio interregionale e Intercity, con lo scopo di rendere di riflesso competitivi i treni più costosi, cioè rispettivamente gli Intercity stessi e gli Eurostar.
Da ultimo è evidente la mancanza di strategie per le linee di minor traffico, sempre più considerate come un'inutile zavorra piuttosto che come una componente indispensabile in un'autentica rete, non limitata a uno scarno insieme di pochi servizi di punta.
Ma siamo ormai arrivati alla ferrovia attuale e tutti questi aspetti, senza dubbio cruciali per garantire una ferrovia competitiva, esulano dalla storia delle FS e sono già ampiamente trattati sul sito che state leggendo.
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