Costi standard e definizione dei fondi per il TPL

Scritto a novembre 2016

Nel primo articolo dedicato al tema dei costi standard, scritto a novembre 2014, inquadravo il problema della definizione dei costi standard, all'interno dell'intero percorso logico sul finanziamento del TPL (che va a comprendere almeno anche il tema dei fabbisogni standard e dei ricavi).

A due anni di distanza, vale la pena di fare un ulteriore approfondimento, riassumendo la situazione ad oggi. Sebbene anche questa volta non si possa dire di essere arrivati alla fine, il gruppo di lavoro, coordinato dall'Università La Sapienza, dovendo districarsi nella complessità del tema, ha condotto una serie di scelte pratiche e operative che mi sono parse interessanti e meritevoli di attenzione.


La normativa attuale

Il mandato a elaborare i costi standard del TPL è contenuto nella Legge Finanziaria 2014 (art. 1, comma 84, L 147/2013)

Entro il 31 marzo 2014, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti, con criteri di uniformità a livello nazionale, i costi standard dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, nonché i criteri per l'aggiornamento e l'applicazione degli stessi. Nella determinazione del costo standard per unità di servizio prodotta, espressa in chilometri, per ciascuna modalità di trasporto, si tiene conto dei fattori di contesto, con particolare riferimento alle aree metropolitane e alle aree a domanda debole, della velocità commerciale, delle economie di scala, delle tecnologie di produzione, dell'ammodernamento del materiale rotabile e di un ragionevole margine di utile.

Lo scopo primario del nuovo metodo è precisato dal comma 85:

A partire dall'anno 2014, al fine di garantire una più equa ed efficiente distribuzione delle risorse, una quota gradualmente crescente delle risorse statali per il trasporto pubblico locale è ripartita tra le regioni sulla base del costo standard di produzione dei servizi.

Il decreto inizialmente previsto per marzo 2014 è stato redatto da un gruppo di lavoro tecnico che ha prodotto versioni via via più affinate nel corso della primavera-estate 2015. A settembre 2015 il decreto appariva ragionevolmente consolidato e di conseguenza si era ipotizzato che il nuovo metodo potesse essere utilizzato a partire dal riparto 2016. Tuttavia i limiti emersi, di cui si farà cenno alla fine, e probabilmente altre scelte strategiche operate dal Ministero hanno nuovamente accantonato il lavoro, tanto che nel corso del 2016 non si è registrato alcun passo in avanti.


Le ipotesi del nuovo modello dei costi standard

E' evidente che, vista l'articolazione e la complessità della materia, il gruppo di lavoro ha dovuto assumere numerose ipotesi, tutte sostanzialmente ragionevoli e spesso anche concettualmente interessanti, ma tali da condizionare/delimitare l'esito del lavoro. Esse sono così riepilogabili:

Scopo del lavoro

In linea con il dettato della legge, il metodo verrà applicato prima di tutto per il riparto del Fondo TPL (utilizzo definito "macro"); solo successivamente, esso potrà essere di aiuto per la definizione delle basi d'asta e dei corrispettivi dei singoli contratti (utilizzo definito "micro"); dal momento che l'utilizzo macro riguarda i "grandi numeri" (cioè gli importi complessivi delle Regioni) eventuali limiti e semplificazioni del modello a scala di dettaglio risultano meno impattanti. Viceversa per l'uso micro, la legge darà inevitabilmente facoltà agli enti regolatori di personalizzare i costi standard per adeguarli alle singole realtà locali.


Metodo utilizzato

Per i due modi di trasporto più rilevanti (bus e ferrovia) il metodo è di tipo top-down, o statistico, nel senso che calcola i costi standard mediante un'opportuna media matematica del campione utilizzato per la sua taratura.

La tecnica scelta è quella dell'analisi di regressione lineare multivariabile, che è in grado di funzionare con un ridotto numero di variabili di input: sostanzialmente la dimensione della produzione in trenikm o buskm, la velocità commerciale, il numero di posti offerti dal treno e poco altro.

Il metodo statistico è comunque affiancato a una parte industriale per quanto riguarda il materiale rotabile (cfr. sotto).

Per i modi tram e metropolitana, il campione statistico (o addirittura l'universo, nel caso italiano) era insufficiente a dare robustezza matematica alla regressione; pertanto si è utilizzato un metodo bottom-up, o industriale, che ricostituisce i costi totali partendo da voci elementari stimate individualmente a priori. I limiti dei metodi di questo tipo sono che rischiano di costruire una realtà "a tavolino", diversa da quella effettiva, e che richiedono molte più variabili di input, in genere almeno 7-8.


Dati utilizzati (campione statistico)

Il modello è stato tarato sulla base di un campione di dati del 2011 per le autolinee, pari a circa il 30% dell'universo e un campione ferroviario del 2012, pari a oltre il 90% dell'universo (sia Trenitalia, sia ferrovie regionali) oltre che sulla quasi totalità delle reti tranviarie e metropolitane.


Dati da utilizzare (universo)

Il metodo dovrà essere applicato ai dati raccolti dall'Osservatorio TPL. Dopo i primi tentativi di costruzione della base dati (raccolta 2014 su dati 2012), nella prima metà del 2015 l'Osservatorio ha completato la raccolta con criteri omogenei dell'intero triennio 2012-2014. Il modello richiede un ridotto numero di dati aggiuntivi non compresi nelle tabelle dell'Osservatorio (per esempio il load factor di picco sui servizi ferroviari). Questi dati aggiuntivi sono stati raccolti nella primavera 2016, riferiti all'anno 2014.

Per scelta di fondo del gruppo di lavoro, il metodo di calcolo si applica sempre ai singoli contratti di servizio, distinti per modalità di trasporto (ferro, gomma, ecc.)


Considerazione dei corrispettivi e dei ricavi

Per scelta del gruppo di lavoro e in linea con il mandato della legge, il metodo riguarda esclusivamente i costi di produzione del servizio; non sono state sviluppate ipotesi sui ricavi e di conseguenza il metodo non fornisce in via immediata una stima dei corrispettivi (che sono ovviamente la differenza tra costi e ricavi). A maggior ragione, il metodo non si occupa di fabbisogni, ma si assume che esso sia applicato alla produzione oggi in essere.

Questo ha un'importante implicazione concettuale, e cioè che il riparto del Fondo TPL verrà corretto, rispetto alle attuali percentuali storiche, sulla base dei rapporti reciproci tra i costi di produzione di quanto circola oggi e non sulla base delle necessità economiche degli enti affidanti (corrispettivi) né delle quantità ottimali di servizi (fabbisogni).

Tale approccio in linea di massima penalizza le Regioni che hanno un rapporto ricavi/costi meno buono (perché a pari costi necessitano di maggiori corrispettivi) e, nelle idee dei proponenti, ciò dovrebbe spingere ad elevare progressivamente l'efficienza del sistema. Dal momento che il nuovo metodo verrà utilizzato solo per una sottoparte del Fondo, prevedibilmente piccola, l'approssimazione pare condivisibile.


Investimenti sul materiale rotabile

I costi standard proposti includono anche la quota di ammortamento del materiale rotabile (bus, treni, metro ecc.). In altre parole, nei limiti delle approssimazioni di calcolo, il costo così determinato consentirebbe di mantenere anche il giusto tasso di ricambio della flotta (15 anni per i bus, 30 per i treni). Questo differenzia significativamente il modello, in positivo, rispetto alla situazione reale della maggior parte dei contratti di servizio, in cui l'ammortamento non è incluso e, in assenza di investimenti ad hoc, è inevitabile un progressivo invecchiamento della flotta.

L'ammortamento della flotta, sia per i treni, sia per i bus, è valutato a priori (metodo industriale, che coesiste con la restante parte statistica del modello), fissando opportuni costi medi dei mezzi. I costi del materiale ferroviario, abbastanza complessi da definire a causa della grande varietà di situazioni, sono stati significativamente semplificati, assumendo un numero molto ridotto di composizioni tipo, mutuate dall'attuale flotta Trenitalia.


Settori esclusi

Il metodo per ora non include alcuna stima di costo dei sistemi di trasporto marginali (fune, navigazione, ecc.) per i quali tanto il modello macro quanto quello micro sarebbero stati di difficile taratura. La rilevanza di tali sistemi è comunque marginale, almeno nell'ambito di applicazione attuale del modello (riparto di quota parte del Fondo).

Il metodo non considera i costi infrastrutturali, cioè, nello specifico ferroviario, il pedaggio per la rete RFI e i costi di gestione delle infrastrutture ferroviarie regionali. Per il pedaggio la scelta è motivata dal fatto che si tratta di un termine additivo calcolato in modo omogeneo per tutta la nazione. Per le reti regionali, l'estrema diversità tecnica e dimensionale ha reso sostanzialmente impossibile una stima comune, sia statistica, sia industriale. Dal momento che il Fondo TPL paga anche i corrispettivi delle ferrovie regionali, occorrerebbe sottrarre alla quota soggetta al nuovo riparto un importo riconducibile, almeno convenzionalmente, al costo di gestione delle infrastrutture ferroviarie regionali.


L'applicazione del metodo

In base ai parametri contenuti nella bozza di decreto dell'autunno 2015, è già possibile stimare l'applicazione dei costi standard a un contratto definito a piacere. Naturalmente, per valutare l'effetto su base nazionale, occorre applicarlo all'intera base dati dei contratti di servizio italiani.

Una volta consolidato il modello (cioè approvato il relativo decreto ministeriale, cosa non ancora avvenuta a novembre 2016), esso potrà essere utilizzato per definire un nuovo riparto percentuale tra le Regioni:

E' evidente che quanto maggiore è questa quota, tanto maggiori saranno gli scostamenti rispetto al riparto storico e dunque il grado di conflitto tra le Regioni. Nelle ipotesi dei promotori, applicare i costi standard al 10% del Fondo costituirebbe un obiettivo sostanzialmente molto ottimistico. Si noti comunque che utilizzare per il riparto la percentuale sui costi costituisce una forte semplificazione/approssimazione (ovviamente nota ai promotori del metodo) in quanto prescinde totalmente dai fabbisogni e dai ricavi.


Alcuni limiti già emersi

Schema logico del percorso

Il primo utilizzo pratico dei costi standard sarà quello di costituire un addendo per il riparto del Fondo Nazionale TPL, ad esempio il 10%.

Per utilizzare i costi standard come criterio di riparto, sono necessari tre passaggi logici:

  1. elaborazione del metodo;
  2. applicazione del metodo a tutti i contratti di servizio censiti dall'Osservatorio TPL;
  3. utilizzo dei risultati così ottenuti come criterio di riparto.

Il decreto in corso di elaborazione realizza solo il punto 1, cioè la definizione dei costi standard unitari.

La sua applicazione (punto 2) appare non banale, in primo luogo come complessità di calcolo, e potrebbe portare a risultati inaspettati, trattandosi della prima applicazione concreta e completa (fino ad oggi si sono visti soltanto esempi didattici e parziali).

Per tutti questi motivi, è sostanzialmente impossibile simulare in anticipo l'esito del riparto, cioè il processo completo, sia oggi (con il decreto in bozza) sia nell'immediato futuro (con l'ipotesi di decreto approvato).

Tra l'altro il risultato può dipendere fortemente dai dettagli operativi del metodo e dai dati reali utilizzati (per arrivare alla fine è teoricamente necessario utilizzare tutti i contratti di TPL italiani).

Di conseguenza la sola approvazione del decreto ipoteca il futuro del Fondo TPL senza che vi sia alcuna padronanza riguardo al risultato finale, né da parte delle Regioni, né del MIT.


Problemi applicativi

Come detto sopra, il decreto ipotizza un metodo statistico per le modalità bus e ferrovia, e un metodo industriale per metropolitane e tram. La trattazione della modalità bus appare l'unica ragionevolmente consolidata, anche grazie alla numerosità del campione. La modalità ferrovia solleva invece varie perplessità:


Problemi di conflitto

Anche immaginando la consistenza teorica dei costi standard e della loro applicazione, va osservato che inevitabilmente questi produrranno risultati di riparto significativamente distanti dalla spesa storica, anche per decine di milioni.

L'esperienza degli anni 2013-2014 ha mostrato che la variazione della seconda cifra decimale della percentuale di riparto ha generato mesi di conflitto tra le Regioni. In quel caso, corrispondente al passaggio per la Lombardia dal 17,30 al 17,36% della quota del Fondo, si spostavano non più di 2-3 milioni per le Regioni maggiori.

A livello politico-strategico, non risulta chiaro in che modo e da chi sarà gestito il conflitto per spostamenti sensibilmente maggiori (fino al 5%, in base al cap previsto dalla bozza di art. 23, cioè fino a circa 40 milioni per la Lombardia).


I costi standard e la bozza del "Decreto Madia"

Nel corso dell'anno 2016 sono apparse varie bozze di un cosiddetto articolo 23 ex Decreto Madia, cioè di un singolo articolo relativo al TPL, che era stato in origine inserito nel "Decreto Madia" relativo ai Servizi Pubblici di Interesse Economico Generale (SPIEG), i vecchi Servizi pubblici locali di rilevanza economica che avevamo avuto modo di incontrare marginalmente nell'ormai lontano 2008 (art. 23-bis del DL 112/2008).

Successivamente le Regione avevano negoziato con il Governo che l'articolo sul TPL venisse estratto dal Decreto sugli SPIEG e trattato a parte. In verità ad oggi (novembre 2016) non risultano approvati né l'uno né l'altro...

In ogni caso questo articolo 23 definiva tra l'altro come sostituire l'attuale riparto del Fondo TPL con un riparto nuovo, costituito da tre addendi, con percentuali che si modificano nel corso degli anni e con due "cap" per evitare di scostarsi troppo dal riparto attuale.

Indicatori di riparto ANNI
2016 2017 2018 2019 2020 2021
Ricavi da Traffico 0% 10% 15% 20% 20% 20%
Costi Standard 0% 10% 15% 20% 20% 20%
Riparto storico(*) / Livelli adeguati di servizio (dal 2018) 100% 80% 70% 60% 60% 60%
Altre regole e Cap  
Mancato affidamento con gara (eccetto ferrovia secondo alcune condizioni) trattenuto il 15% del corrispettivo dei contratti non affidati con gara
Taglio max per ciascuna Regione (primi 5 anni) 0% 10% 10% 10% 10% 10%
Taglio max per ciascuna Regione 5% su anno precedente

(*) Il riparto storico si intende espresso mediante la consueta percentuale del Fondo (ad esempio il 17,36% per la Lombardia), e non in termini di produzione (ovvero trenikm). Invece i livelli adeguati di servizio, destinati a sostituire il riparto storico a partire dal 2018, sarebbero verosimilmente calcolati in termini di produzione.


In sostanza resta prevalente il riparto storico (cioè l'attuale), ma con peso percentuale via via decrescente e in ogni caso destinato a essere sostituito dai "livelli adeguati di servizio" cioè quelli che in precedenza abbiamo chiamato "fabbisogni". Gli altri due addendi sarebbero i costi standard e i ricavi da traffico.

Anche questo riparto è al momento fortemente teorico in quanto:

Per quanto riguarda i ricavi da traffico, vi è poi un rilevante problema concettuale, e cioè quale sia il senso di stabilire che una quota del Fondo sia proporzionale ai ricavi: probabilmente questo è stato inteso in senso "premiante", immaginando che i ricavi siano una misura dell'efficienza del servizio. Ma in un servizio parzialmente sussidiato, quale è il TPL, sembrerebbe evidente che il sussidio maggiore debba essere dato là dove i ricavi sono minori! Qui invece risulterebbe l'opposto, con il rischio di fare una specie di Robin Hood al contrario...

Infine non risulta chiaro se questo nuovo riparto cancellerebbe anche i criteri di premialità vigenti (quelli che oggi stabiliscono l'erogazione del 10% finale dell'anno). Ma questo probabilmente è il minore dei problemi...


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